L'arte insegna all'uomo la responsabilita' della creazione.
Quando diventa una preghiera, la divinita' interiore e' risvegliata.

Satvat

venerdì 16 luglio 2010

L'arte della visione


L'arte di vedere è prerogativa nobile ed irrinunciabile dell'essere umano. Consiste nel saper cogliere, con occhi limpidi, la verità di ciò che è, e la cosa è ben più complessa e significativa di quanto la nostra abituale attitudine all'ovvietà sappia mostrarci. Mediante gli occhi fisici, guardiamo con gli occhi dell'anima che sanno penetrare la ferma apparenza oggettuale sino a cogliere la vitalità interiore. Infatti la verità della visione non si ferma a ciò che è superficialmente omologato, ma scandaglia profondità misteriose. La dimensione di ciò che è visto, se è cosa vivente, non è affatto univoca e standardizzabile, ma si estende su molteplici livelli; perciò il nostro saper vedere ci porta a sperimentare come l'arcano esistenziale può essere percepito.

L'arte della visione ci conduce più vicini al mistero del vivente, ed è quindi una risorsa spirituale che può arricchire e maturare la nostra anima. Tutto questo è spontaneo ma affatto automatico. Può essere colto con occhi innocenti, aperti alla scoperta ed allo stupore, ma il problema è che i condizionamenti e l'abitudine offuscano gravemente la potenzialità visionaria dei nostri occhi, che iniziano ad agire non più come finestre dell'anima, bensì come organi asfittici, capaci di ricevere solo immagini plastificate. Perciò l'arte della visione, pur se è una nostra facoltà naturale, dev'essere insegnata, appresa e praticata.

Questo dovrebbe essere uno dei compiti fondamentali dell'Arte visiva: suggerire delle immagini che siano state coltivate, sviscerate e raffinate nell'esperienza visionaria dell'artista. L'immagine dell'Arte dovrebbe essere tanto fermentata nell'anima da divenire un vino capace di favorire l'ebbrezza della profondità della visione, un simbolo intraducibile in grado di scatenare la magia dell'assonanza con ciò che l'autore ha intuitivamente elaborato. Ovviamente sia l'artista che il pubblico dovrebbero essere educati a questo; dovrebbe essere chiaro che il fine dell'Arte visiva è quello di favorire esperienze spirituali della visione.

Se questa è stata la profonda esigenza dei padri fondatori dell'Arte Moderna, da lungo tempo (aimè!) si è scambiato il valore aureo della visione con la falsa moneta del concetto; ossia si attribuisce significato non a ciò che è reale, e che quindi può essere esistenzialmente sperimentato, ma ci si ingegna a creare realtà artificiali che sono proiezioni rese visibili dei fantasmi che agitano la mente. L'artista contemporaneo, in larga misura, non si impegna più nell'arte della visione, che potrebbe approfondirlo nell'interiorità universale del vivente, ma indulge nelle pastoie risibili del pensiero, con la somma arroganza di conferire loro un significato arbitrario. (segue)

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