I poeti e gli artisti che
hanno manifestato in Grecia per la salvaguardia della cultura, hanno
dato una lezione di civiltà. Soffocati dalla distruzione sistematica
dell'arte, dal suo svuotamento di senso e dalla rimozione
indifferente del pubblico, hanno giustamente ribadito che affamare
l'anima procura danni ancora più gravi di quanti non scateni
l'aggressione economica, perché l'individuo senza interiorità ed
immaginazione è destinato a soccombere. Con la logica truffaldina di
sempre, anzi peggiore, si continua a parlare di produttività e di
numeri, sembra che il problema sia solo economico, mentre le banche e
i soliti pochi, gli stessi che hanno strangolato l'economia,
continuano a fare manbassa e la moltitudine viene ricattata con
sacrifici inutili e feroci. Chi semina vento raccoglie tempesta, ed è
l'imperativo del profitto e del consumo che ci ha portato a questo
punto nell'infelicità, in una tempesta finanziaria che è
un'idrovora che inghiotte le nostre vite. In tutto questo l'essere
umano è vacante, mancanti le sue sane aspirazioni, il suo genio, il
suo racconto profetico che può far crescere il futuro.
Nello stesso momento,
nonostante la crisi, i negozi sono stati presi d'assalto per l'uscita
sul mercato del nuovo tablet della Apple. Non è da questo evidente
come il popolo condizionato continua a farsi manovrare dalla logica
del finto progresso? Se nei negozi fossero state disponibili, invece
dei tablet, delle testimonianze vibranti capaci di aprire il cuore e
mostrare la vera bellezza dell'uomo e della vita, non ci sarebbe
stato nessuno ad attenderle, nessuno avrebbe impegnato la sua
totalità o almeno la sua attenzione. E questo lo sanno bene gli
artisti, consacrati a qualcosa che non desta interesse nella massa
espropriata di ogni attitudine alla verità. Sono scesi in piazza, in
Grecia, per affermare con amore e fantasia che loro almeno non ci
stanno, che non solo loro ma tutta l'umanità sta pagando un prezzo
troppo salato. La distruzione della cultura è il male nascosto e
rimosso, che non fa notizia se non come stranezza folcloristica; ma
toglie nutrimento alla nostra anima già tanto fiaccata.
Sono stati drasticamente
tagliati i fondi alla cultura, in Italia già amministrati con una
logica mafiosa. Il gatto e la volpe parlano di ammortizzatori sociali
e di tutela del lavoro, ma chi produce cultura non viene nemmeno
pensato, non ha diritti né alcuna tutela, e magari mentre è alla
fame viene trattato pure come evasore fiscale, solo perché sfugge
all'imperativo di produrre merce non essendo un ingranaggio passivo
di questo fatiscente sistema del consumo. L'arte non è merce, è
vero, ed è questa la sua grandezza; crea qualcosa di delicato e
impalpabile che sussurra all'essere umano le ispirazioni profonde
della Vita. Non produce cose che diverranno spazzatura inquinante, ma
sogni che possono attecchire e germogliare nell'intimo dell'essere
umano.
Durante la depressione e
nel periodo dell'ultima guerra mondiale, in America gli artisti
venivano aiutati pur con un magro sussidio che permise a loro di
vivere e di creare. Non una grande cosa, ma permise all'arte
americana, sino ad allora poco significativa, di svilupparsi sino ad
imporsi sulla scena mondiale. Lo stesso accade tuttora in alcuni
paesi, ad esempio in Germania. L'Italia detiene la maggior parte del
patrimonio artistico mondiale, amministrato nel peggiore dei modi;
potrebbe essere la nostra vera ricchezza e invece è un peso che si
stenta a mantenere. Non c'è nessun programma statale né alcuna
politica riguardo allo sviluppo artistico, e anzi le iniziative
autonome degli artisti vengono boicottate; non si facilita per niente
l'esposizione del loro lavoro, preferendo lasciare il campo ai
pescecani imbonitori che speculano su coloro che creano arte. Ma
bisogna dire che anche gli artisti restano a testa bassa, senza
mostrarsi capaci di ribellione creativa e di autotutela, indifferenti
a determinare una forza d'azione collettiva.
Per tutto questo, con la
totalità del mio impegno per l'arte, sono risolutamente in piazza
con gli artisti che in Grecia hanno deciso di farsi sentire.
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