L'arte insegna all'uomo la responsabilita' della creazione.
Quando diventa una preghiera, la divinita' interiore e' risvegliata.

Satvat

venerdì 13 marzo 2015

Le emozioni nell'arte

 
Satvat - Basic istinct - acrilico su tela
Potremmo dire che le emozioni sono come umidità che l’Anima assorbe nell’ignoranza di Sé. La sua consapevolezza è solare, ma giunge frammentata nel mondo e indugia nella valle profonda della vita con raggi che non hanno memoria della loro sorgente, cosicché il singolo raggio tende ad identificarsi con quel poco che riesce ad illuminare. Inutilmente, da questo si tenta di ricomporre il senso di un insieme; quello che ne viene tratto è solo una vita fantasmatica e contraddittoria che viene creduta reale, mentre l’anima continua ad aspirare al riconoscimento olistico della sua divinità incorruttibile. In definitiva, l’identificazione nelle emozioni e nell’ego dipende da una perturbazione della visione. La prospettiva erronea si rettifica intensificando la forza originale della visione: quando si mette precisamente a fuoco l’apparenza, l’illusione evapora poiché è causata dalla distrazione e da schemi condizionati e ripetitivi del pensiero a cui si cessa di dare nutrimento.
Quando l’artista mette in opera le proprie emozioni, la sua dedizione e l’originalità creativa sublimano la sua stessa percezione, così man mano le emozioni personalistiche si decantano rivelando i sentimenti naturali dell’anima che tendono all’armonia e all’unità. Ovviamente può accadere solo se non c’è attaccamento alle emozioni, se si è disposti a lasciarle andare per scoprire ciò che da esse viene celato. Però spesso l’essere umano è un drogato emozionale, perché sulle emozioni, in particolare su quelle pesanti e negative, si fonda l’illusione di essere un ego.
In passato la maestria dell’arte richiedeva di creare nei momenti di alta ispirazione; si insegnava che la pesantezza d’animo nuoceva gravemente all’espressione artistica. Seppure l’artista era umanamente soggetto ad ogni tipo di emozione, nel momento della creazione doveva agganciarsi saldamente alla corrente ascensionale tralasciando la zavorra. Gli artisti moderni, seguendo un impulso inconscio sulla via dell’evoluzione, hanno invece legittimato la totalità del materiale che brucia nel crogiolo delle emozioni. Questo ha reso all’uomo la piena responsabilità creativa, dandogli l’opportunità di divenire un alchimista capace di evolvere se stesso insieme alla propria opera. Infatti la nuova disposizione ha inteso superare la passività religiosa che nel passato ha nutrito l’idealismo artistico, ribadendo quella prodigiosa facoltà di trasformazione alchemica che è insita nel processo creativo, anche se ciò non è stato ancora sufficientemente chiarito.
Prima si pregava per ricevere l’ispirazione, e questa poteva mostrarsi inaffidabile, dato che l’artista, non sostenendo con chiarezza il percorso di individuazione, non aveva il modo di verificarsi e di comprendere come sostentare e trasformare energeticamente il proprio lavoro. Certamente molti miracoli creativi si sono comunque manifestati, però gli artisti non potevano crescere di pari passo con le loro opere, dato che si ponevano come officianti e non come alchimisti. Il senso della rivoluzione espressiva dell’Arte Moderna è stato quello di voler culminare il processo dell’individuazione, e questo è tuttora valido, anzi urgente, pur se è stato tradito.
Effettivamente, partendo dal piombo delle pulsioni grezze si può creare arte vera stando radicati nell’inconscio ma estendendosi verso il Superconscio, nel momento in cui si è in grado di attraversare il caos per giungere a una sintesi superiore ed armonica. In questo caso il fenomeno artistico acquisisce la profondità maturata nell’abisso, la saggezza tratta dal percorso evolutivo che si è attraversato, e la benedizione dell’ispirazione che si è realizzata. Quindi in definitiva la proposta appassionata dell’Arte Moderna è stata un bene, perché ha gettato le basi affinché l’arte fosse più autenticamente esistenziale, però da ciò è venuto un male poiché con poca accortezza ci si è fermati al piombo delle emozioni non evolute, senza porsi il problema di verificarle e trasformarle operativamente. Ritengo che uno dei compiti dell’arteterapia evolutiva sia quello di chiarire l’equivoco, presentando le cognizioni sottili e i mezzi operativi necessari a favorire il processo di comprensione e di trasmutazione.
Nell’attuale fase di sviluppo dell’essere umano, l’artista egocentrico, che informa la sua opera sulle proprie emozioni senza evolverle consapevolmente, è totalmente anacronistico e superato. Quello emozionale è uno stadio che è già stato copiosamente sperimentato nella gioventù dell’Arte Moderna. Possiamo considerare che nella fase giovanile l’emozione è il necessario travaglio che prepara la maturazione dell’individuo; perciò a questo stadio l’Anima trasmette sul piano emotivo un forte quantum energetico, che consente talvolta esiti straordinari. Il fine di tale sommovimento interiore è evolutivo, ma se il passo non viene compiuto l’individuo si trova ad essere bloccato non appena il flusso si esaurisce richiedendo un passaggio di grado. In modo simile, gli artisti moderni hanno vissuto un processo di intensa gioventù creativa che tendeva ad evolvere loro stessi e il loro lavoro; però, non riconoscendo l’alchimia interiore, non hanno saputo culminare il processo.E tale compito è quello che oggi gli artisti più intuitivi e capaci si trovano ad affrontare.

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