L'arte insegna all'uomo la responsabilita' della creazione.
Quando diventa una preghiera, la divinita' interiore e' risvegliata.

Satvat

sabato 20 marzo 2010

Gratitudine dell'artista

L'artista è costantemente preso nell'impulso interiore della visione; l'Arte richiede dedizione totale. Non che egli rimanga chiuso in se stesso; in realtà il vero artista crea poiché si sorpassa, dilatandosi in un respiro universale: non resta me o te né nessun altro. Dato che è così poco personale, nella creazione della propria arte, in genere non stabilisce rapporti personali con chi ama e sceglie le sue opere; queste parlano per lui, esprimendo quello che egli non potrebbe esprimere in altro modo. Inoltre sa che fondamentalmente non gli sono mai appartenute, perciò quando cede un'opera non ha la sensazione di dare qualcosa di suo, e quindi raramente ringrazia.

Inoltre l'artista ha spesso l'impressione d'essere un profeta nel deserto: ha avuto una visione chiara e spirituale che vuol essere condivisa, ma questo mondo costruito sino allo spasimo è effettivamente deserto d'Anima. In generale, sono così tante le difficoltà che egli incontra nel portare avanti il proprio lavoro, sul piano orizzontale, che esternamente è portato ad indurirsi, per sopportare il peso dell'ignoranza, dell'indifferenza, dell'arroganza, della povertà. E' quasi necessario, perché egli, più di tutti, è sensibile ed esposto. La scorza dell'artista è proverbiale, e contiene un interno fluido e dolce come il miele. Chi a lui si avvicina può restarne sconcertato, se mantiene solo un contatto superficiale; pur se apprezza il suo lavoro, non trova una gratitudine manifesta.

Tuttavia credo che il lavoro dell'artista possa essere colmo di gratitudine: gratitudine per essere vivo e ricolmo di creatività, e per quel poco compenso che ha ottenuto e che in qualche modo gli permette di andare avanti. Gratitudine per se stesso, per il coraggio e l'inesausta promessa di condivisione. Gratitudine per tutti coloro che acquistano le sue opere, provando un'istintiva empatia. Quando un'opera d'arte – unica, irripetibile! - lascia il nido dell'artista, si assomma vita alla vita, si crea un'espansione di ricchezza nel tempo e nello spazio. Quell'opera acquisisce un destino proprio, imperscrutabile e governato dall'amore. A differenza degli oggetti prosaici, di consumo, cavalca il tempo passando di mano in mano.

A volte penso alla moltitudine dei miei quadri appesi a muri sconosciuti ai quattro angoli del mondo, e ai colli palpitanti ed estranei che indossano le migliaia di gioielli ispirati che ho creato in trent'anni, e alle mie sculture che fendono armonicamente spazi che non vedrò mai, e a tutti gli occhi che continuano a scorrere le pagine dei libri che ho scritto. Allora mi assale un'intensa commozione, un senso di comunione ineffabile, e gratitudine per tutte le persone che hanno amato e amano ciò che ho amato creare, che l'hanno riconosciuto come parte di se stessi e delle loro vite. Per tutto questo, vendendo un'opera non ne avrò nostalgia ma gratitudine e stupore.

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