L'arte insegna all'uomo la responsabilita' della creazione.
Quando diventa una preghiera, la divinita' interiore e' risvegliata.

Satvat

mercoledì 26 giugno 2013

Siamo tutti artisti




Psiche esce di casa relativamente presto, considerando l’intensa notte di lavoro appena trascorsa. Ha dormito solo un paio d’ore, però il flusso d’energia che la pervade ha un effetto galvanizzante. Con il pacco voluminoso che porta sotto il braccio, scendere le scale è poco agevole, ma l’ascensore è fermo da tempo. Da quando il portiere è impegnato nella sua performance artistica, c’è sporcizia dappertutto, dato che nessuno si occupa di pulire. Le rimostranze del condominio nulla hanno potuto contro la sua libertà d’espressione, sostenuta dall’imprimatur di un noto critico d’arte. Per cui il portiere sta tutto il giorno incatenato alla porta dell’ascensore al piano terra, e consuma i suoi pasti in una ciotola per cani. Psiche lo saluta passando e lui, come al solito, risponde abbaiando tristemente.

Nessuno saprebbe dire com’è dilagata questa mania, prendendo rapidamente la forma di un esibizione collettiva che corrode quel che rimaneva del buon senso. Certo è che il tarlo dell’animo umano era stato nutrito e osannato per anni dai critici e curatori d’arte senza scrupoli che hanno fatto della nevrosi il soggetto primario di un forte investimento programmatico e finanziario. Incapace d’ispirazione perché mancante d’Anima, la cultura contemporanea ha costruito con istinti non raffinati e con le ossessioni della mente un paradossale mercato del lusso. La merda d’artista inscatolata da Manzoni è quasi un romantico ricordo a fronte delle perversioni spacciate dall’art-system; quel che è accaduto ne è stato la logica conseguenza, fuoriuscita dalle esposizioni ufficiali come da una cloaca a riversarsi nelle strade. Con la parola d’ordine “siamo tutti artisti”, le performance e le installazioni hanno preso sempre più campo nel vivere comune, perché tutti – non solo coloro che sono dotati di pedigree artistico – vogliono “esprimersi” e illudersi di poter raggiungere il successo. Pur se nessuno è interessato ad impegnarsi in un percorso di autentica auto-esplorazione creativa, sono moltissimi coloro che utilizzano le loro immaginazioni reattive e compresse per esibirsi, ipnotizzati dall’elementare soddisfazione di uno sfogo catartico senza possibile liberazione. 

I critici d’arte, in un primo tempo, erano drasticamente insorti contro tale populismo performativo, ma poi avevano concluso che era per loro un buon affare. Da allora schiere di critici sono occupati a vendere recensioni ed elogi alla crescente popolazione di artisti, occupando sempre più spazio sui mass-media per dibattere sul nuovo e controverso “Rinascimento” che porta l’uomo comune ad ascendere alle vette dell’arte. Ormai lo sguardo intenso rivolto da una sconosciuta è più facilmente quello di un’emule dell’Abramovic che non quello di una donna in cerca d’amore. Lo spazzino che si rotola piangendo su una montagna di rifiuti, il barista che piscia nelle tazzine del caffè, l’anziana che si reca nuda a riscuotere la pensione, il direttore di banca che offre merda ai clienti, la suora che distribuisce santini vestita da prostituta, e tanti altri come loro, si assicurano l’appoggio critico che motiva e propaganda le loro azioni. Poiché la provocazione e la trasgressione sono i nuovi imperativi artistici, ogni sadico o masochista è promosso come interessante cultore dell’arte. L’installazione è ormai onnipresente, spesso in modo subdolo, e bisogna fare attenzione. La donna delle pulizie non sapeva che spazzando quel pavimento, coperto di Barbie fatte a pezzi, preservativi usati e teste di pesce, stava distruggendo l’opera di un artista famoso. Con l’interessamento dei critici, il mercato delle pulci è diventato una grande installazione collettiva che richiede un costoso biglietto d’ingresso; anche Napoli è stata proclamata museo a cielo aperto, grazie agli artisti che operano con la spazzatura che intasa le sue strade.

Camminando verso la piazza principale, Psiche riflette su questo ma con leggerezza, perché sa di aver distillato l’antidoto; finalmente sa d’esserci riuscita. Con animo più fiducioso che rassegnato sopporta i molti artisti impegnati in performance spesso moleste; un uomo che si è imbrattato di sangue la strattona, altri la bersagliano con libri strappati e materali eterogenei. Lei osserva con compassione, guardando inutilmente negli occhi esaltati o atoni degli artisti e del pubblico occasionale. Il percorso è reso disagevole dalle numerose ed ingombranti installazioni che reclamano l’attenzione dei passanti. Lei procede con la sicurezza del tesoro che reca sotto il braccio. Ha dedicato la sua vita per questo, lavorando in solitudine come l’alchimista; calandosi nelle profondità misteriose della sua anima, affrontando mille prove è giunta al fondo della miniera interiore, dove risplende la pietra filosofale dell’arte. Appena questa notte ha dato le ultime pennellate all’opera perfetta, sublimata nella pura ispirazione. L’ha riconosciuta, mentre sbocciava tra le sue mani, e, quasi incredula, l’ha vista compiersi come una profezia, come un dono per lei stessa e per il mondo. Forse questo può essere l’antidoto all'intossicazione dell’arte, perché tale vertiginosa armonia che si è creata sulla tela è impensabile che non venga riconosciuta, come un piatto delizioso e fragrante che giunga su una tavola ingombra d’intrugli incommestibili. E’ una pietra di paragone che innocentemente evidenzia come quest’arte fittizia e dolente sia la veste pomposa e immaginaria del Re nudo, l’ego ammantato nei suoi artifici. Perciò va mostrata.

Giunta al centro della piazza, con mano trepida Psiche scarta il dipinto e lo espone. Non sa cosa aspettarsi, né se lo chiede; sa solo che va fatto. Tuttavia non accade nulla, nessuno da segno di vedere lei né tantomeno la sua opera. Eppure lei sa di non essersi sbagliata, anche quando le gettano con commiserazione 50 centesimi scambiandola per una mendicante. In superficie si agitano il dubbio e l’amarezza, ma lei resta salda nel proprio sentire profondo, lo scudo che la protegge dall’indifferenza. Poi un ragazzo le porge un sorriso con occhi luminosi, prende il suo violino e intona una musica toccante. Dopo un po’ arriva anche una donna con colori e pennelli, che si mette a dipingere lì accanto. E alti continuano ad arrivare su un’onda di silenzio vibrante e surreale: cuori che si riconoscono e intendono partecipare. Chi danza, chi improvvisa teatro, tanti universi si rispecchiano gocciolando dai pennelli. Presto la piazza ha un centro pulsante di creatività in opera, dato dall’improvvisata comunità di artisti che celebrano offrendo le loro anime. E la città man mano sembra rispondere, ritrovando un ricordo della luce perduta.