L'arte insegna all'uomo la responsabilita' della creazione.
Quando diventa una preghiera, la divinita' interiore e' risvegliata.

Satvat

giovedì 30 ottobre 2014

Escher: la virtù della visione





Ho conosciuto l’opera straordinaria di Escher all’inizio degli anni ’70. Era quello il periodo della gioventù che rompeva gli schemi della conformità e ricercava nuove dimensioni del mondo e soprattutto della psiche, per cui Escher non poteva mancare d’affascinare. L’occhio della visione, stimolato anche dalle esperienze psichedeliche, trovava nelle costruzioni multidimensionali di Escher delle suggestioni meravigliose: saliva e discendeva le scale delle sue architetture impossibili, esplorava la magia del paradosso, coglieva l’incastro sincronico di conscio e inconscio, gustava l’irrefrenabile metamorfosi e il modo sofisticato con cui i particolari ricomponevano l’unità. Tutto rigorosamente nel bianco e nero, nella polarizzazione di luce e ombra. Infatti Escher ha focalizzato nella sobrietà essenziale dell’inchiostro la proliferazione vertiginosa delle forme, come avevano fatto gli antichi pittori orientali, ma con altro intendimento. Per questo, la sua opera risultava inusuale nell’esplosione ipercromatica e lisergica di quegli anni, tuttavia noi, viaggiatori del Sogno, sapevamo che, se differenti erano i percorsi, identica era la meta: il bersaglio dell’attualità visionaria
.
Se nella psichedelia era trionfante il colore, dionisiaco ed eccitante nelle emozioni, per contro in Escher le emozioni non sono affatto il mezzo scelto per espandere la coscienza, piuttosto si utilizza il pensiero. Il suo lavoro è il frutto di una grande disciplina interiore, che si mostra nel segno ossessivamente meticoloso, nella geometria esatta anche se capovolta, nell’immagine iper-ragionata che prende vita dallo specchio di Alice dell’arte. Il pensiero - perciò il bianco e nero, caratteristico della funzione primaria e binaria della mente - è cristallizzato in un’elevazione di potenza che lo rende capace di disegnare le coordinate esoteriche dello spazio.

 E lo spazio, nell’opera di Escher, si moltiplica in dimensioni sovrapposte e coincidenti, superando il tempo della rappresentazione artistica sino ad annullarlo. Perciò le figure procedono nel campo del disegno trovandosi sempre a ripercorrere l’inizio, restando in apparenza prigioniere dello spazio, ma, nell’alto senso della magia, sono invece liberate dalla bidimensionalità disegnata e rese capaci di incredibili tragitti nell’altrove, dov’è evidente l’arcano del qui-e-ora. Tempo più spazio, così formiamo l’idea consueta del mondo; mancando il tempo, lo spazio diviene un seme di infiniti universi potenziali: questo è il miracolo che Escher ha inteso mostrarci, anticipando le comprensioni della fisica quantistica. I suoi personaggi sono attoniti, privi di personalità e sottoposti al gioco dell’invenzione; infatti non sono intesi come protagonisti, piuttosto come semplici pedine sulla scacchiera multidimensionale dell’immaginazione. E’ l’osservatore il vero protagonista che, sedotto ad addentrarsi nei labirinti concepiti nel disegno, può giungere ad aprire l’occhio che coglie l’invisibile.



ESCHER

Chiostro del Bramante – Roma

20 settembre 2014 – 22 febbraio 2015

venerdì 24 ottobre 2014

Poesia d'acqua




Da molti anni Liu Xiaobo è imprigionato e tenuto in completo isolamento dal governo cinese. Noto intellettuale, il suo unico crimine è quello di essersi schierato a favore dei diritti civili. Sua moglie, senza alcuna motivazione, è invece costretta alla totale emarginazione e indigenza. A Liu Xiaobo viene persino negato il diritto di scrivere, e l’unica possibilità che egli può darsi è quella di intingere il dito nella ciotola dell’acqua da bere e tracciare poesie sulla pietra del pavimento della cella, godendone fino a che i caratteri non evaporano all’aria. L’Occidente gli ha riconosciuto un premio Nobel, sdegnosamente rifiutato dal governo cinese, e poi l’ha semplicemente dimenticato. Ma si sa che le preoccupazioni delle democrazie occidentali, riguardo alle violazioni dei diritti più elementari della persona, sollevano reazioni indignate, e spesso violente, solo quando ledono i loro interessi, o quando danno loro la scusa per impadronirsi, in un modo o nell’altro, di ricchezze come il petrolio e il gas. Davvero nessuno è disposto a sollevare problemi che possano determinare tensioni con il governo cinese, e così inficiare la scalata di quell’ambito mercato. Lo vediamo anche con il problema del Tibet e in mille altre occasioni. Per questo Liu Xiaobo e moltissimi altri dissidenti , certamente non solo in Cina, vengono ingiustamente perseguitati nel disinteresse generale.

Questo non dovrebbe mancare d’indignare al massimo grado ogni persona dotata di un minimo di cuore e buon senso, anche perché è una questione di interesse generale che pone i temi cruciali dei diritti umani, della libertà di pensiero e della cultura. Quello che, per il profitto di pochi, i governi occidentali sono disposti a ignorare, a non tutelare e a prevaricare al di fuori dei loro confini nazionali, equivale alle cose che, in modo più subdolo, essi sono pronti a far pagare anche ai loro stessi cittadini, e già lo fanno. Basta vedere il disastro ecologico e climatico, lo sperpero criminale delle risorse, l’espropriazione tecnologica dell’anima. Insomma, siamo tutti carne da macello, e ci si salva, per così dire, solo nella misura in cui si è ancora docili e adatti e al consumo delle merci imposte dal mercato globale.

Di fatto, ad esempio, in Occidente non abbiamo più una libera cultura, che non è necessario reprimere come fanno in Cina perché da noi basta ignorarla e non darle spazio. Anche in Italia, i veri creativi, non complici del sistema, sono ricattati economicamente e impossibilitati a lavorare, senza investimenti, tutele e spazi dove si renda possibile la condivisione. La voce del libero pensiero è soffocata dalla ghettizzazione e dall’indifferenza generale, intellettuali fasulli e complici popolano i talk show, sedicenti artisti tengono avvilenti esibizioni sul palcoscenico dell’art system. Spetta ad ogni essere umano cogliere la poesia d’acqua, tracciata con dedizione, cuore e verità, prima che essa evapori nei miasmi del progresso. In una rinnovata sensibilità, nutrita dalla partecipazione, vi è il solo germe della ribellione e del rinnovamento.

giovedì 9 ottobre 2014

Attesa


Attesa

Sono appeso a uno scampolo di destino
intarsiato nell’ala irrespirabile dell’attesa
e ritraggo ami furbeschi di pensiero:
non è il caso di sperare ancora.

Consumo quanto mi è rimasto dell’illusione
sgranando un rosario di riflessione
di cui ogni seme è un fiore immanifesto
che riscatta l’orgoglio del giardino.

Questo cuore alita una scansione divina
qui vicino nell’Altrove
l’ Oltrespazio mi richiama
in attesa che null’altro attende
e vorrei ancora soddisfare l’inesprimibile
segnando il geroglifico segreto:
ultima maschera
che l’attesa ricopre come neve.


Satvat