L'arte insegna all'uomo la responsabilita' della creazione.
Quando diventa una preghiera, la divinita' interiore e' risvegliata.

Satvat

mercoledì 30 giugno 2010

Siamo un popolo di artisti?

E' proverbiale che quello italiano sia un popolo di artisti. Basta guardarsi intorno, soprattutto le insegne dei negozi: l'arte della porchetta, l'arte del pane, l'arte del gelato, l'arte della pizza, l'arte della pasta all'uovo, e così via. Sembrerebbe che l'arte più riconosciuta sia quella che soddisfa il ventre. Ma no, poi c'è anche l'arte italiana che ci rende celebri nel mondo, quella della sartoria ideata dagli osannati stilisti che coltivano l'aristocrazia dell'apparire. Ma l'Arte vera, quella che è specchio dell'Anima e che ci consente di riflettere su noi stessi e sulle nostre ricchezze interiori? In quanto a questo ritengo che siamo il popolo che mostra minor sensibilità. Non conta che le grandi mostre siano ben frequentate: sono eventi mediatici che creano pubblicitariamente un loro pubblico, che resta impreparato e svogliato. Certo, è un momento difficile per l'Arte (insieme al resto) al livello internazionale, ma vorrei soprattutto riferirmi a quella rispondenza culturale, estetica ed intuitiva dell'individuo, che in Italia resta affatto coltivata mentre in altri Paesi continua ad avere una certa considerazione. Noi italiani siamo immersi nell'Arte del passato sino al collo, ma con gli occhi chiusi, e questo ci impedisce anche di apprezzare la ricchezza che l'Arte continua a produrre.

Si potrebbe guardare la politica artistica degli altri Paesi, per avere un'idea dell'attenzione che lì viene dedicata alla cultura, e delle risorse impiegate per questo. Ma si possono fare anche considerazioni più semplici ed immediate. Mi sono messo talvolta ad osservare le ambientazioni dei film e delle fiction televisive: mentre nelle produzioni estere, ad esempio americane, gli ambienti sono generalmente arricchiti con opere d'arte di buon livello, in quelle italiane imperano l'etnico (ugh!) e quadri orribili da supermercato. E se rifletto sulla mia personale esperienza, non credo sia un caso che la maggior parte delle mie opere vada all'estero, in particolare negli Stati Uniti, in Olanda e in Inghilterra. Non è nemmeno un caso che parlando con stranieri, anche molto giovani, facilmente riscontro una preparazione o almeno un interesse artistico che in Italia si stenta a trovare.

In altri Paesi l'Arte viene vista come una parte significativa della formazione individuale, anche al livello scolastico, e questo è molto importante perché mentre le altre materie riguardano l'esteriore, ogni forma d'Arte sollecita una maturazione interiore, un affinamento delle risorse creative, percettive e filosofiche dell'individuo. Nel marasma attuale, in nessun caso sono rose e fiori, ma un investimento dev'essere comunque fatto nell'Arte, per salvaguardare e nutrire l'anima dell'individuo e quindi del popolo, affinché non decada in una massa greve, insensibile e totalmente priva di gusto e cultura.

venerdì 25 giugno 2010

Artisti che amo: Hundertwasser

Quand'ero ragazzo presi ad Amsterdam molte cartoline dei dipinti di Hunterwasser, con le quali tappezzai la mia stanza; fui attratto dall'immaginazione lisergica e spiraliforme di questo artista, ma di lui non sapevo nulla. Non sapevo, ad esempio, della sua filosofia e del suo impegno artistico-ecologista, delle sue intuizioni ante-litteram sulla bio-architettura, della sua coerenza nel mantenersi libero dalla logica materialistica e dai vincoli del mercato dell'Arte. Approfondendo nel tempo la sua conoscenza, lo ho apprezzato sempre di più, riscontrando anche molteplici corrispondenze con il mio percorso filosofico, artistico ed esistenziale.

Entrambi abbiamo cercato il senso della Vita e dell'Arte nel grembo della Natura quanto nel cuore del labirinto psichico dell'uomo. Infatti, come Hundertwasser, anch'io ne ho spontaneamente tratto colori massimamente vivaci e forme femminilmente tondeggianti, insieme ad un sentimento libertario che non accetta compromessi. Contemplando i suoi quadri, visitando le sue architetture e leggendo i suoi scritti, ne ho potuto apprezzare il valore, affatto sminuito dalla nota stonata di un certo fanatismo, che lo ha sostenuto nel mantenersi risolutamente coerente. Per farsi la propria strada, remando controcorrente, ci vuole un carattere forte, e una personalità tanto cristallizzata risulta inevitabilmente coriacea, a meno che non si risolva tuffandosi nel vortice impersonale della meditazione, fiorendo nell'innocenza. Forse per tentare di diluire la durezza del carattere, il pittore ha istintivamente prediletto i colori all'acqua, con cui ha tracciato spirali e labirinti sfumati, sempre ponendosi orizzontalmente in connessione con il grembo di Madre Terra. Comunque ciò che Hundertwasser ha espresso risulta di straordinaria attualità, e meriterebbe una riflessione ben più accurata di quanto gli sia concesso. Perché egli, come tutti i veri artisti, ha mostrato doti profetiche, soprattutto riguardo allo scempio che si stava perpetrando contro la Natura e contro l'uomo stesso, e che oggi ha raggiunto il punto critico.

Ci siamo ingabbiati in città verticalizzate che generano malattia, degrado ed alienazione, ed abbiamo corso lungo una linea dritta e tecnologica che ci ha forsennatamente distanziato dalle nostre radici naturali ed animiche, conducendoci al limitare del disastroso precipizio, proprio come Hundertwasser aveva sin da allora denunciato. Abbiamo confezionato le nostre “tre pelli” (che secondo l'artista sono la psiche, il corpo, lo spazio abitativo) come camicie di forza artificiali che ci stanno asfissiando. A tutto ciò Hundertwasser oppose giustamente una fiorente creatività, fondamentalmente semplice ma saggiamente “curva” e battezzata dai colori della speranza. Egli ha combattuto l'oscurità cercando di alimentare la luce, e credo che questo sia il giusto modo di operare.

Al contrario, spesso l'Arte contemporanea assomma oscurità su oscurità, elaborando una concettualità foscamente disperata, ammantata da impotente denuncia. Ma il potere dell'Arte si esprime nel comunicare creatività, riconoscimento della bellezza e ispirazione, mentre pescare mentalmente nel torbido certo non giova; l'artista che imbastisce il proprio lavoro sul dolente risentimento, sull'evidenza dell'ingiustizia e sulla catarsi sociale, manca l'autentica responsabilità creativa e contribuisce a mantenerci entro il recinto di filo spinato dell'angoscia. Forse questo è il più importante insegnamento che Hundertwasser ci ha lasciato: aveva individuato i mali che sarebbero incancreniti portandoci al punto in cui siamo, ed anche per questo ha insistito nel creare un'arte positiva, romantica, “bella come un gioiello” ed ecologista.

lunedì 21 giugno 2010

L'Arte al tempo della crisi


Satvat - Trionfo di Primavera - acrilico su tela 2010

La crisi che ha globalmente investito la società, induce necessariamente ad una profonda revisione del nostro stile di vita quanto alla riconsiderazione della nostra identità esistenziale. Nel senso che di fronte all'evidente fallimento di quanto abbiamo sinora costruito, dobbiamo porci il problema di saper esercitare una vitale riconversione a ciò che è reale, irrinunciabile e creativo. Siamo naufragati sui falsi bisogni indotti, sull'alienazione dalla nostra presenza naturale, e sulla delega irresponsabile che abbiamo conferito a Sistemi corrotti; per cui è chiaro che per trovare la possibilità di un nuovo avvio e di una salutare trasformazione sociale dobbiamo innanzitutto diventare consapevoli di noi stessi.

Tale ricapitolazione deve riportarci alla nostra reale presenza, al riconoscimento delle nostre necessità essenziali, e all'espressione delle nostre autentiche risorse creative. In tale processo di risveglio dall'attuale addormentamento della coscienza (manovrato subdolamente da Poteri più o meno occulti) l'Arte può giocare un ruolo importante, ed è per questo che sto facendo il mio meglio, anche in questo blog, per ispirare ed intensificare una riflessione sul senso genuino dell'Arte. Sembra che lo abbiamo dimenticato, e che ci siamo rassegnati all'artificio, perciò non disponiamo più del grande serbatoio d'immaginazione creativa della vera Arte, o almeno non guardiamo più in quella direzione, condizionati come siamo a seguire le logiche di mercato, le stesse che hanno determinato la crisi e che non potranno sanarla. Perché il problema reale è che ci siamo assoggettati ad un sistema verticistico e tecnocratico che non richiede, anzi osteggia, la partecipazione cosciente dell'individuo. Si vorrebbe renderci come macchine prive di consapevolezza e di potere creativo, incapaci di fluire con il nuovo e di aspirare alla libertà e alla bellezza. Le ispirazioni dell'Arte dovrebbero invece insegnarci il contrario

Soprattutto oggi, l'Arte deve mostrare che non tutto è merce, che c'è ancora la possibilità di immaginare e di creare in sintonia con la Natura e con i profondi sentimenti dell'uomo, che ancora ne siamo capaci e che siamo capaci di apprezzarlo. Non è una piccola cosa, poiché ci radica in quell'anima essenziale da cui il consumismo ci ha distolto, rendendoci responsabili della nostra capacità di risonanza. Mentre le visioni ipocrite e terroristiche della politica e dei mass-media tendono ad ottunderci sempre di più, il richiamo dell'Arte è intimamente fondato sulla legge di risonanza, che amplifica quanto in noi vi è di genuino, essenziale e creativo, e solo in questo potremo fondare la prospettiva di una vitale rinascita.

venerdì 18 giugno 2010

Artisti che amo: Picasso



Picasso mi è cordialmente antipatico. Contemplando la sua opera non trovo alcuna vulnerabilità, alcun sussulto d'anima o di femminile trepidazione. Tuttavia Picasso è un genio, e non posso non amarlo; lo amo però come si può amare un padre ruvido che non sa aprirti il cuore, ma che a modo suo è profondo e abile, ricco di autorità e carattere.

A lui dobbiamo i precetti di una rivoluzione artistica, l'azzardo maschio di una nuova geometria, la sacra arroganza dell'ateismo formale, il “fare contro”, la propulsione sfrenata di un amplesso con l'informe. Con lui abbiamo rinunciato al sogno di essere artisti per imparare dolorosamente a disegnare come bambini, per vedere con occhi spalancati, a volte stralunati ma non del tutto privi d'innocenza. A lui dobbiamo le più folgoranti sentenze sull'Arte, tuttora affatto spente. Tutto ha provato e percorso; insaziabile argonauta, ha strappato il vello d'oro dal giardino sublime dell'Arte per farne robusti calzari con cui calcare l'impossibile. Ha prodotto l'opera di genio insieme a mediocrità e bruttura, il tutto cementato da una personalità eccessiva che ha saputo edificare un monumento imperituro.

E' stato lui il primo assassino della pittura, ma ci ha lasciato in eredità mille quadri, mille schizzi brulicanti, mille icone di false divinità estranianti. In definitiva, con la sua pittura ha tentato di sfuggire laicamente alla morte, e devo dire che purtroppo vi è riuscito. Nel senso che superarlo, per procedere oltre, è stato drammaticamente difficile e per alcuni versi tuttora incerto.

lunedì 14 giugno 2010

La scultura secondo me


Satvat - Cuore universale - gioiello scultura in argento oro e giada, 2010

Il sogno segreto di ogni materia è una tensione caotica che cerca armonia; così la materia dell'opera può assumere un significato che non è solo nell'idea del creatore, ma è anche un evento naturale, intimamente correlato alle qualità sostanziali quanto alle leggi della creazione. Per dirla con Gaudì, l'artista non crea arbitrariamente, ma collabora con l'impulso creativo della Natura. La Natura è fondamentalmente creativa; anche la sua azione dissipativa restituisce vita nuova. Partecipando a questo, lo scultore forgia nella materia un nuovo corpo espressivo, che per essere tale necessita tanto delle sue emozioni che di un'intima corrispondenza con il materiale stesso. E' noto che lo scultore intuisce nel blocco di pietra la scultura che attende d'emergere; egli si limita a togliere le parti inerti, liberandola.

Il modernismo si è illuso di poter realizzare l'assolutezza formale, ma nella vita tutto è relativo, e ciò rende possibile una vastissima gamma di possibilità relazionali, mediante le quali possiamo arricchire la nostra esperienza. Secondo me la scultura dev'essere una creatura satura d'umori, di variegate contraddizioni che hanno magicamente raggiunto una soluzione creativa; dev'essere un crogiolo in fusione che sappia saggiamente agitare le onde magmatiche del mutamento, in modo mai conclusivo per permetterci di “surfare” sull'onda alta dell'intuizione.

Per questo vado soprattutto a comporre frammenti, amando il caos sino a rintracciarvi una rivelazione di vita: perfettamente-imperfetta, pienamente formata ma suscettibile di contraddizione, in danzante equilibrio sulla cresta dell'onda. L'opera non dev'essere conchiusa in se stessa, come una cella chiusa in cui si è riposto un abbaglio concettuale. Dev'essere piuttosto un corpo che sia reso capace di dialogare con lo spazio, un'incastonatura aperta da cui riluca un intrinseco significato, che viene liberamente offerto senza pretesa di definizione. E, come ogni corpo vivente, è bene che la scultura si mantenga in qualche modo soggetta al cambiamento, ad esempio alla corrosione, all'ossidazione, ad un evento cinestetico. Tutto questo può ispirare, poiché resta saturo di vita, affatto plastificato bensì arcaico, dotato d'energia pulsante.

Ho alfine trovato che gli antichi maestri giapponesi avevano ragione quando meditarono l'estetica wabi sabi, che rende l'oggetto misterioso, brulicante di informazioni e sollecitazioni sensoriali, seducente in modo introverso e meditativo. In tal modo l'opera viene percepita come creazione intima, naturale e sorprendente, che è possibile sperimentare nel cuore sino a riconoscervi una verità dimenticata. Così intendo che siano le mie sculture e i miei gioielli.

sabato 12 giugno 2010

Le ragioni della scultura


Satvat - Mulino lunare - argento brunito

La scultura non si proietta su uno schermo come la pittura, che ha una “funzione di specchio”, ma crea un corpo tridimensionale che occupa il proprio spazio. Questa forma d'arte testimonia, sin dai megaliti pre-storici che potremmo considerare come il primo esempio di scultura, un progetto formativo della realtà. Sin dagli albori, con la scultura l'uomo ha plasmato il mondo, creando le effigi durevoli della propria volontà e del proprio intendimento formativo.
Ciò inizialmente ha suggellato e modificato religiosamente le latenze della Natura, ad esempio con monumenti e manufatti scolpiti che avevano carattere magico/simbolico, passando poi al progetto di un sistema più grandioso, che identificava in Terra il potere divino per governare un Impero, ad esempio con i colossi egizi che ritraevano il Faraone-Dio. Il più grande condottiero dell'antica Cina ha voluto accompagnarsi nel tumulo funerario con uno sterminato esercito di terracotta, per conquistare forse anche il mondo dell'aldilà. Nell'epoca classica, la scultura ha immortalato gesta d'eroi e di atleti, insieme alla personificazione ideale della bellezza, popolando il mondo con schiere esemplari ed idealizzate; ed esemplari sono stati gli Archi di Trionfo, le steli istoriate, e le statue dei templi.

In epoca moderna, con l'incrinarsi dell'idealismo collettivo che aveva cementato l'idea organica ma soverchiante dello Stato, la scultura ha incarnato volontà più private, e gli eroismi di un'individualità che forzava per trovare la propria collocazione nel mondo. Per questo la scultura moderna si è resa dinamica, acuminata, gettata su linee impreviste di fuga prospettica, esplosivamente gloriosa; voleva segnare il mondo con gli artigli, lasciandovi un segno innovativo e saturo del dramma, ma anche del virile entusiasmo, del vivere. Una scultura di frontiera, quella moderna, impregnata di sfide, ma anche di richiami neoclassici per reinventare radici che si stentava a conservare.
Ormai anche questi fuochi sono spenti e l'essere umano è sempre più lontano da se stesso, per cui si rivela maggiormente incapace di definire, anche tramite la scultura, un qualche progetto formativo. Con uno sguardo disincantato, possiamo vedere in molta scultura contemporanea un'avvilente parodia che celebra l'artificio, ad esempio con i manga-pupazzi di Takashi Murakami.
L'uomo sta tentando di sfuggire alla responsabilità di creare se stesso e di progredire nella costruzione di un mondo nuovo, per cui implode nelle proprie meschinerie e vigliaccamente lascia implodere il proprio sistema di vita. In tale alienazione globale si affida unicamente alla tecnologia, una deificazione meccanica senza possibilità di saggezza ed amore, contaminando con tale attitudine anche l'Arte.
Per essere vitale ed efficace, la scultura ha necessità dell'anima che solo la passione e la meditazione dell'uomo possono insufflarvi; altrimenti rimangono solo mucchi di stracci, animali impagliati, collezioni di spazzatura, blocchi inerti, e teatrini privi della vivente magia dell'immaginazione creativa.

venerdì 11 giugno 2010

Sui miei post

Anche per rispondere a qualche amico, vorrei dire due parole su come nascono i post di questo blog. Affatto letterari, fluiscono direttamente dall'immediatezza dell'intuizione, non essendo preordinati né sottoposti a revisione, e spesso non li rileggo neppure prima di pubblicarli. Mi piace che la cosa avvenga in questo modo, per mantenere la fresca spontaneità di un discorso tra amici, in cui non ci si preoccupa di dare un prodotto ben confezionato, bensì si lascia fluire il desiderio di comunicare, mettendosi totalmente in gioco con la risonanza del momento. Apro il cuore, ascolto gli echi misteriosi, e batto sui tasti. Questi miei scritti sono frammenti, fiori di un mattino, per cui spero perdonerete le inevitabili sviste ed imprecisioni. Di queste mi sono accorto scegliendo alcuni post che, revisionati e sviluppati in modo più approfondito, entreranno a far parte di un mio prossimo libro. Tuttavia quegli articoli sono stati il meglio di quel momento, e ciò mi ha reso felice e speranzoso di condividere qualcosa di vero.

martedì 8 giugno 2010

Mandàla danzante


Satvat - Mandàla della Via d'arcobaleno - acrilico su tela, 2010

Il mandàla è un dipinto circolare, utilizzato come strumento di meditazione nel buddhismo e nell'induismo, ma anche in molte altre tradizioni spirituali. Anche il rosone delle nostre cattedrali è effettivamente di tipo mandàlico. Con Jung, anche la psicoanalisi si è interessata al mandàla sotto il profilo terapeutico. Poiché l'energia interiore della Vita si muove in senso circolare, seguendo operativamente nella pratica artistica un simile flusso creativo ci si allinea intuitivamente all'intima virtù rigenerativa che, per sua natura, è ineffabilmente unitaria. Intendo dire che la propulsione vitale rimane sempre perfettamente integrata nel Tutto. Quindi sia il creatore di un mandàla sia chi lo contempla possono avere una intuizione profondamente vitale e meditativa.

Il campo rotondo della pittura ha un grande significato, poiché al pittore vengono a mancare idealmente gli appoggi angolari dell'usuale formato, che istintivamente sono riferiti alle quattro direzioni. Effettivamente la croce cardinale è ben presente, in modo più o meno visibile, nel mandàla, ma è inserita in una predominanza circolare che evidenzia lo spazio centrale e unitario dell'Essere.Nei mandàla tradizionali sono utilizzati molti simboli, ma la maggior rilevanza simbolica è costituita proprio dal cerchio; dipingendo nel cerchio si è naturalmente portati ad un'opera di profonda riflessione.

I mandàla tradizionali adottano quella che ho definito (nel mio libro L'Artista Interiore) una simbologia di Terzo Livello, focalizzata al livello del terzo chakra come forza di proiezione mentale; per questo motivo utilizzano una impostazione che è geometricamente schematizzata. Anche io ho lavorato per molti anni in questa direzione, ma poi la cosa si è evoluta in modo diverso, centrandosi più al livello del cuore. Partendo da lì, scompaiono i simboli mentalmente classificabili, ed anche ogni rigidità compositiva; tutto si rende fluido, danzante, inesplicabile eppure intimamente riconosciuto. La creazione quanto la contemplazione di questi miei ultimi mandàla non è afferrabile dalla mente, intende piuttosto dare un'occasione di stupore, un istante in cui si scopre di esserci e di fluire liberamente e gioiosamente come la pittura che si sta osservando.

lunedì 7 giugno 2010

Le materie: l'inchiostro


Calligrafia di Yanagida Taiun (particolare)

Come scrisse Shitao, vi sono misteri negli oscuri sciami dell'inchiostro. Misteri della profondità del flusso. L'ha creato l'uomo come sangue palpitante del proprio sentire, liquido vischioso e saturo con cui tracciare una volontà di vita; vita immaginata, voluta e resa manifesta. Con l'inchiostro si scrive e si dipinge: infinite volute di pensiero sul filo della penna, e tratti più selvaggi del pennello che rompono gli argini dell'anima traboccando sulla carta. La più preziosa materia dell'inchiostro giunge dall'antica Cina, che ha creato lingotti in cui è tesaurizzato l'infinito immaginabile, decorati come scrigni. Con la complicità dell'acqua e di una attenta frizione sulla pietra-calamaio, il bastoncino sanguina il segno di un sacrificio che rende possibile l'operazione creativa: l'inchiostro diviene fluido, tanto intensamente odoroso da risvegliare l'attenzione che deve dosarne la consistenza e, volendo, la tonalità. Assaporando questo profumo, si rimane sobriamente inebriati, ricondotti all'essenziale, quasi che il suo ancestrale inventore vi avesse composto un sortilegio per invitare a creazioni elevate.

Significativamente in Cina si scriveva con il pennello. In occidente abbiamo usato la penna d'oca, e in questo potremmo trovare una coincidenza simbolica, essendo la piuma connessa con il volo. Ricordo la stilografica delle mie prime scritture, oggetto affascinante e impegnativo che richiedeva meticolosità e cura, ribellandosi talvolta con macchie gravose. Oggi si scrive con maggior noncuranza, con penne veloci usa-e-getta, e non so se sia un bene. Un pò di magia viene perduta, e la lentezza può aiutare a spremere a fondo il cuore. Perché l'inchiostro è avvilito da un uso non riflessivo, che getta sul foglio le pastoie incaute del pensiero; meglio sarebbe decantarlo in una saggezza del flusso, tracciando spartiti di pensieri meditati e armoniosi.

Il pennello trova nell'inchiostro una sposa esigente, che non perdona le titubanze e le manchevolezze, ma in ciò vi è una scuola di saggezza. Strumento yang dell'intento, il pennello pesca nel mare profondamente oscuro dell'inchiostro, grembo yin dell'immanifesto, così può sgorgare l'inesauribile progenie delle forme. E' una danza, una vertigine, un percorso su un filo di spada. L'inchiostro si allarga sulla carta con onde voluttuose che scolpiscono i promontori affioranti del disegno, ed anche s'immergono in se stesse dando ombreggiature e profondità che giungono ad essere insondabili. Mi piace soprattutto coniugare tale asciutta nerezza alle aure arcobalenanti dei colori, che affiorano dai percorsi interiori dell'inchiostro come gemme rilucenti in una profonda miniera.

domenica 6 giugno 2010

L'Arcobaleno del 2012


Da qualche tempo si parla molto delle profezie riguardanti il 2012, che sono lo specchio di una stringente necessità d’evoluzione della consapevolezza umana.
Sappiamo d’aver oltrepassato un punto di non ritorno, creando sull’intero pianeta delle condizioni di vita insostenibili, le quali minano le basi della nostra sopravvivenza e la salute ecologica di questo mondo meraviglioso che ci è stato affidato, e che dovremmo tutelare anche a beneficio dei nostri figli. Invece non abbiamo rispettato la Madre Terra, essenzialmente perché non rispettiamo noi stessi. Richiusi nel guscio del nostro personale egoismo, quanto dell’inganno sociale che evitiamo di fronteggiare consapevolmente, abbiamo rifiutato di vedere le devastanti ripercussioni globali delle nostre azioni sconsiderate.
L’assurdità è che in tal modo non ci rendiamo neppure personalmente felici, bensì ci alieniamo, e ci lasciamo espropriare, da tutto ciò che ha un valore autentico: la dignità, la bellezza, la celebrazione, la condivisione, l’amore, e la consapevolezza. Abbiamo creato un mondo di oggetti che ci soffoca, e per mantenerlo saccheggiamo forsennatamente risorse non rinnovabili. Per tentare di risalire la china, abbiamo assoluto bisogno di un intenso processo di crescita spirituale, che possa elevarci individualmente, reintegrandoci in un rapporto armonico con la collettività e con la Natura.

Devo dire che, oltre all’aver seguito una superiore Ispirazione, ho costruito questo libro in modo quasi autobiografico, nel senso che, al di là del canovaccio riguardante il progetto dell’Arcobaleno del 2012, molti avvenimenti raccontano episodi che ho realmente vissuto.
Ho operato questa scelta per conferire alla narrazione una vitale veridicità, veicolando emozioni autentiche e condividendole con il lettore come in un intimo racconto tra amici, in modo da evocare una risonante rispondenza. Il tema del libro è tale che una semplice invenzione di fantasia sarebbe risultata impotente. Infatti l’argomento della crisi epocale ci coinvolge tutti direttamente, interagendo profondamente con le nostre esistenze quanto con i nostri climi interiori. Per questo non sarebbe accettabile niente meno che la verità.
Poiché questo libro si fonda su un’autentica ricerca, su riflessi di vita vissuta, e su insegnamenti realmente ricevuti, l’invenzione narrativa non risulta artificiosa, bensì esalta la trasmissione organica del racconto.

L’Arte ha nel libro una grande rilevanza, Effettivamente la creatività artistica è il motivo conduttore dell’azione narrativa, ed è rappresentativa di un fermento interiore che ricerca lo sviluppo armonico e la percezione consapevole; ma sottintende un senso più ampio, che è applicabile in ogni circostanza ed in ogni aspetto esistenziale.
L’Arte è metafora dell’arte della Vita. Come dice Osho, anche pulire un pavimento può essere fatto con creatività, e questo cambia non solo la qualità dell’azione, ma sottilmente noi stessi. Per uscire dalla spirale funesta della distruttività in cui siamo coinvolti, dobbiamo assolutamente riscoprire questo nostro tesoro naturale, che ci può anche mettere in contatto con le virtualità esoteriche della Creatività Universale, facendoci vivere la magia spirituale dell’Esistenza.
Credo che il libro dia una valida ispirazione a questo riguardo, fornendo anche nozioni ed intuizioni preziose.

sabato 5 giugno 2010

Spazzatura arte o arte spazzatura?

Buon risalto al TG di ieri ad un nuovo albergo romano interamente fatto di spazzatura. L'autore ha importato dalla Germania due camion zeppi di rifiuti, come se in Italia non ne avessimo abbastanza. Da ciò che si è visto, l'albergo è un trionfo del cattivo gusto, ma grazie all'imprimatur artistico ha destato interesse ed è già super prenotato. L'operazione è ben più ideologica che artistica e l'ideologia è quanto c'è di più lontano dall'Arte, anche se il generale impoverimento d'Anima e di cultura ci ha assuefatti a tali falsificazioni.

Con ipocrita “coscienza ecologista“ da anni si costruiscono fantocci artistici con i rifiuti, va di moda ed in qualche modo alleggerisce la nostra cattiva coscienza. E' chiaro che ogni materiale può andar bene per fare arte, anche la spazzatura, ma l'unica cosa che può avere rilevanza è il valore artistico dell'opera; se invece predomina l'impianto ideologico si è decisamente fuori strada. Ed è grave, perché si alimenta l'inganno, sia nel campo dell'Arte che in quello delle “buone intenzioni” che buone non sono bensì furbesche ed artificiose. Spesso assistiamo a questi galà in cui davvero conta il mettersi in mostra, da parte di pochi, e l'avere un'inveritiera sensazione che si stia facendo qualcosa, da parte dei molti.

Più si pesca nel torbido e nella mistificazione più è facile oggi avere successo, e questo dovrebbe farci riflettere. Ad esempio,Chris Ofili è divenuto famoso non per la qualità delle sue opere ma perché le correda con palle di sterco di elefante. Meditate gente...

giovedì 3 giugno 2010

Ode alla purezza


Satvat - La dama e l'unicorno - bronzo, 2010

Mi è sempre piaciuta la storia medioevale della dama e l'unicorno. Il mito dice che l'unicorno, creatura vibrante d'invincibile forza spirituale, può essere accostato solo da una vergine. Come dire che solo un cuore puro può incontrare lo Spirituale, fondendosi nell'unità d'Amore. Ma cos'è la purezza? A mio parere è la fragranza di un cuore limpido, senza attaccamenti, innocente e ricettivo, capace di stupirsi. In tal modo può cogliersi il meraviglioso della Vita, che risuona dentro e fuori distogliendoci dall'illusione per approfondirci in ciò che è.

Multidimensionalità del colore


Satvat - Odisseo torna a casa - acrilico su tela 2000

Il colore è vibrazione qualitativa della Vita che procede a tingere livelli innumerevoli: dal grossolano al tanto sottile da risultare impercettibile, come dall'elevata celebrazione alla caduta nelle infime e dolenti passioni. E' emozione irrefrenabile, musica silenziosa che assorbiamo con tutto il nostro essere; infatti il colore ci contagia, ci seduce, ci appartiene, così intensamente vitale da scatenare gli anatemi dei moralisti ed il fastidio dei pavidi. Di ciò ho esaurientemente parlato nel mio libro Il Tao della Pittura; agli amici che frequentano questo blog vorrei raccontare un'esperienza più personale, che nutre gran parte del mio lavoro e soprattutto la pittura.

Con molti altri avventurieri psichedelici, negli anni '70 ho surfato sull'onda anomala del colore, che mi ha inabissato nelle profondità più misteriche ed esaltanti. Certo, l'esperienza sovversivamente cromatica di quel periodo non è stata esente da distorsioni, ma ha potuto illuminarmi sui poteri segreti dei colori. Successivamente ho approfondito spiritualmente tali conoscenze ed anche con lo studio, ad esempio della cromoterapia, maturando nella pratica meditativa dell'Arte. Amo il colore e lo “sento”, tuttavia sono consapevole che non può essere fine a se stesso ma deve essere coniugato con la forma: è un po' come per l'anima, che ha necessità d'essere incarnata in un corpo per poter evolvere; così il colore abbisogna della forma per acquisire un effettivo significato. Tuttavia nell'astrattismo spesso si ignora questo fatto evidente, creando fuochi artificiali che sono effettivamente impotenti.

Comunque ho sempre dipinto con molti colori, imparando man mano a coniugarne le frequenze emozionali, ispirative e terapeutiche. Per alcuni, anche secondo il parere di certi critici ed altri artisti, con troppi colori. Insomma, ci sono delle regole per mantenere la composizione cromatica in una veste più misurata ed accattivante. Difficilmente in un quadro si concertano più di tre colori, e si possono coniugare piacevolmente le tinte complementari, oppure quelle adiacenti sulla rosa cromatica. Ma per me questa è una limitazione arbitraria, come voler imporre delle regole ai sentimenti per mostrarsi educati, al fine d'essere accettati. La Vita si irradia sul più ampio spettro ed è selvaggia, così sono i sentimenti e così, a mio parere, dev'essere l'Arte che è una riflessione meditata della Vita. Ma il bello è che tale multidimensionale e selvaggia ricchezza è intimamente armonica. Sono visivamente affascinato dallo spettacolo corale della Natura, che esibisce tutti i colori e con sfumature innumerevoli, eppure ognuno è parte di un insieme equilibrato. Così concepisco la mia pittura: un'espressione globale che sappia ispirare ogni livello dell'essere. Affinché ciò sia possibile, colgo la sfida di utilizzare tutti i colori: per il pittore è un po' più impegnativo ma può essere davvero un coinvolgimento totale ed estatico.

martedì 1 giugno 2010

La bellezza salverà il mondo



Satvat - L'Era dell'Acquario - bronzo,2010

Siamo attanagliati da una crisi d'enormi proporzioni, in cui i nostri errori minacciano di distruggerci. Però non dobbiamo perdere la fiducia in noi stessi e nell'Esistenza. Nell'ultimo numero dell'Osho Times ho letto una bellissima frase di Osho: “Puoi fare solo una cosa: abbellire questo universo sempre di più, renderlo talmente meraviglioso che l'Esistenza non potrebbe nemmeno lontanamente concepire di distruggerlo”.

Dostoevskij scrisse che la bellezza salverà il mondo. Proprio ieri degli amici americani venuti in galleria mi hanno vivamente ringraziato, riconoscendo nel mio lavoro quella positività creativa che può risollevare l'anima umana dalle tenebre dolenti in cui si è imprigionata. E' stato per me un incontro commuovente, che mi ha trovato in piena rispondenza empatica.

Schiacciati come siamo nell'appiattimento materialistico e nell'espropriazione dell'anima che ci aliena da noi stessi e dalle naturali risorse creative, dove possiamo trovare una salutare ispirazione e una veridica riflessione di ciò che essenzialmente siamo? Solo guardando all'interno, nella meditazione, e poggiando fuori lo sguardo possiamo trovare ispirazione nell'Arte. In realtà la vera Arte è un ponte che ci consente una conversione ispirata, una Via di bellezza e armonia spirituale per raggiungere percezioni dimenticate che ci appartengono e ci nobilitano. Deviati dal racconto menzognero del mondo, abbiamo dimenticato la delizia e la grazia, ma ecco che il lavoro di un artista, che ha dedicato se stesso al Creativo, ci fa da specchio aiutandoci a ritrovarci.

Se la meditazione è il culminare della solitudine, talmente spietata da vanificare ogni relazione per scoprire l'Assoluto, l'Arte è invece un'enfasi comunicativa, un trasporto spontaneo che magnifica e veicola le facoltà intuitivamente creative dell'uomo. Eppure tra le due non c'è separazione, almeno se parliamo di Arte ispirata; infatti in tal caso la creazione artistica si sprigiona dalla meditazione. L'artista è rapito, assente da se stesso e presente in una più vasta consapevolezza da cui riverbera un contenuto misterioso, che è interiore quanto esteriormente manifesto. Questa è l'irrinunciabile ricchezza dell'Arte, che non è mai a buon mercato giacché l'artista deve trascendere la propria limitatezza. Per questo, come puntualizzava l'antica Pittura cinese, “ci sono tanti pittori come le stelle nel cielo, ma pochi sono i veri artisti”. Ma ovviamente la società non può amare i veri artisti, dato che ha grandi investimenti nella banalità prosaica che addormenta le masse, mentre l'Arte è l'occasione di un risveglio.

Tuttavia abbiamo bisogno di un nuovo linguaggio per ricreare noi stessi e la nostra visione del mondo. Tranne quello dell'Arte ogni altro linguaggio è freddamente metodologico ed esterno all'uomo, perciò non può liberarci. Credo che la meditazione possa sanare l'essere umano dalla malattia dell'ego, e che effettivamente la bellezza (l'Arte) possa salvare il mondo, come aveva teorizzato anche Kandinsky. Questo è tanto più indispensabile nella crisi globale che stiamo attraversando; tuttavia non è affatto qualcosa di serio, piuttosto è una spontanea ed appassionata celebrazione di ciò che è; ma davvero, se intendiamo cambiare la rotta che ci sta portando al suicidio, non possiamo farne a meno.