L'arte insegna all'uomo la responsabilita' della creazione.
Quando diventa una preghiera, la divinita' interiore e' risvegliata.

Satvat

sabato 27 febbraio 2010

il fascino dell'artista maledetto

Il grande successo della mostra Caravaggio-Bacon, alla Galleria Borghese di Roma, attira l'attenzione sul grande fascino tuttora esercitato dalla figura dell'artista maledetto. Infatti, cosa accomuna la passionalità carnale, drammaticamente sensuale, di Caravaggio con l'autocastrazione distorcente ed agoràfobica di Bacon? Solo la spinta all'estremo, oltre i vincoli del senso comune. L'uomo medio vive crocefisso ai parametri del minimo comun denominatore, incapace di scrollarsi dal giogo che limita il suo vissuto e le sue aspirazioni. Almeno nel suo sguardo all'arte vuole individuare un'enfasi ribelle di liberazione. L'artista è sempre un individuo fuori dagli schemi, e se non lo fosse non potrebbe creare; infatti è il suo ardore che lo rende capace, altrimenti sarebbe solo uno spacciatore di visioni impotenti. Tuttavia è un male quando inconsapevolmente, come accade oggi, si assume l'onere di incarnare la cattiva coscienza delle masse, nutrendosi di passioni furiose ed affatto meditate. La massa forse può accontentarsi di questo, rosolandosi così nel proprio edonismo negativo perché incapace di una ribellione evolutiva; in tal modo potrebbe perfino sentirsi giustificata. Ma l'artista fa torto a se stesso ed alla propria arte: gli sono state date ali per volare, non per sguazzare nel fango. Andando in profondità anche nei propri tormenti, egli può compiere la vera "opera al nero" alchemica, da cui risorge più pura la fiamma della vita e della consapevolezza. Credo davvero che non ci si possa accontentare di nulla di meno. Nell'arte, abbiamo sperimentato fino alla nausea il "fare contro" di cui parlava Picasso, la reattività, la trasgressione e l'estrema provocazione; oggi, è bene dirlo, dev'essere il momento della CREAZIONE, se non vogliamo soccombere all'olocausto della nostra disperazione. In ciò consiste l'unica vera liberazione.

martedì 23 febbraio 2010

Fuori E' Dentro


In questo quadro, intitolato Fuori E' Dentro, ho inteso rappresentare l'osmosi esistenziale tra l'interiore e l'esteriore. Il senso dell'io ci tiene separati dal Tutto, identificandoci con una definita identità corporea e mentale. Ma ognuno che ha davvero amato ha potuto percepire che il limite del corpo/mente è soggetto a misteriosa dilatazione, aiutandoci non solo a percepire ma persino a condividere l'altro. Un altro che il miracolo dell'Amore rende sempre più vicino; e mentre lasciamo che l'altro si avvicini, sempre più sperdiamo il sentore del limite. In realtà l'altro non si avvicina, siamo noi che ci espandiamo, accogliendo la scoperta entusiasmante dell'Unità. Ogni barriera che erigiamo è come una "vergine di ferro" che tortura la delizia sensitiva della nostra autentica presenza, separandoci dal flusso armonico del Tutto e della mistica corrispondenza.

mercoledì 17 febbraio 2010

Il titolo dell'opera

Vorrei fare qualche considerazione sul significato di intitolare l'opera. Alcuni autori ritengono che ciò sia poco importante, mostrando anche snobbismo o un netto rifiuto. Ritengo invece, per quella che è la mia esperienza, che il titolo abbia valore, sia per me sia per coloro che contemplano i miei lavori. Non è qualcosa di posticcio, ma piuttosto una rivelazione d'anima che trapela dalle profondità inaccessibili dell'opera. Procedo sempre nel non-sapere, cercando la magia intuitiva che sboccia momento per momento, pennellata dopo pennellata. Mi muovo nel buio, o in una luce talmente forte da accecare; sprofondo nell'opera dimenticandomi di me e dell'opera stessa. Ad un tratto, quasi sempre in prossimità del termine del lavoro, il titolo si rende visibile, come un messaggio scritto con fumo evanescente nella vastità del Cielo interiore. Guardo in alto leggendolo e poi, abbassando lo sguardo sul mio lavoro, è improvvisamente tutto chiaro, ne posso comprendere il segreto disegno. In un certo senso un'opera d'arte è talmente vasta, partecipata, un paesaggio sfumato e multidimensionale, che per poterla osservare compiutamente c'è bisogno di uno sguardo dall'alto, e a questo effettivamente serve il titolo. Non ho mai inventato un titolo per le mie opere, il titolo mi ha sempre sorpreso, facendomi birichinamente lo sgambetto per farmi cadere a braccia aperte in ciò che E', nell'Arte e in me stesso.

domenica 14 febbraio 2010

giovedì 11 febbraio 2010

Sul prezzo delle opere d'Arte

E' un brutto segno per l'Arte e gli artisti, quando aumenta il prezzo delle opere d'Arte. La foresta selvaggia ora è scomparsa, rimane la via con le sue pietre miliari. Inestimabile diverrebbe ciò che è solo destinato a servire e può soltanto descrivere l'inesprimibile. Rimangono i progetti di città distrutte, le chiavi d'accesso a tesori sepolti. Restano cornici ed incastonature. La parola e l'appello hanno perduto la forza di convincimento e di pressione; diventano una vuota formula di scongiuro che si smorza contro la parete di roccia. Spiriti assurdi s'impadroniscono del dominio. Il mondo diventa brutto e pieno di musei.

Ernst Junger

martedì 2 febbraio 2010

RITRATTO TRISTE

Un soggetto molto frequente nella Pittura contemporanea, dopo un abbandono prolungato, è il ritratto. Agli inizi del Novecento, i nuovi e rivoluzionari pittori dell'Arte Moderna praticarono estensivamente l'arte del ritratto e dell'autoritratto, dato che ricercavano una originale identità di se stessi e dell'uomo in generale. Un'identità contraddittoria, stravolta da un flusso percettivo selvaggio, senza precedenti: onirica, sensitiva, destrutturata, in qualche modo autocosciente e satura di potenzialità. Assunta tale non banale presenza, l'artista prese quindi a scandagliare con libertà e potere il regno disincarnato dell'ispirazione, rinunciando al protagonismo umano.

Dopo decenni si è tornati al ritratto, ma non tanto per guardarsi profondamente negli occhi, per chiederci chi siamo. Sospetto che, persi a noi stessi e al contatto spirituale dell'Ispirazione, troviamo ben poco da dire, per cui ci rifugiamo nel simulacro di un uomo attonito, incapace d'introspezione e di celebrare la sua presenza nel mondo. Infatti spesso i ritratti soffrono di un gigantismo che la tela non può contenere, mostrando soprattutto enormi teste, sintomo d'ego, ghignanti o urlanti; gli occhi sono spenti, le labbra gonfiate e arricciate da desideri sensuali sempre insoddisfatti, i colori lividi ed implosi.

L'Arte invece è espansione, capacità di sognare un sogno lucido che congiunge la Terra al Cielo.