L'arte insegna all'uomo la responsabilita' della creazione.
Quando diventa una preghiera, la divinita' interiore e' risvegliata.

Satvat

lunedì 31 maggio 2010

Nido d'aquila



NIDO D'AQUILA - acrilico su tela 2010

In questo nuovo dipinto ho esplorato la potenzialità di espansione che la pittura può evocare. Tale espansione non parte da nulla, ha necessità di un centro per originarsi. Nel quadro questo centro è una struttura fluida e cangiante, che ho visto come un nido d'aquila, ossia come un'evento artistico d'altitudine da cui facilmente si può spiccare il volo. Il risultato dell'opera è sorprendente ed esercita una piccola magia: visto vicino ad altri dipinti della stessa misura, Nido d'aquila appare inspiegabilmente molto più grande. Pur sapendo le misure della tela che avevo scelto, ho dovuto misurarla per vedere se per caso non mi ero sbagliato!

sabato 29 maggio 2010

L'oca è fuori!



Mi è capitata sott'occhio questa foto di un quadro a olio che ho dipinto molti anni fa, per una mostra che preparai sul tema dei koan zen; l'opera è stata acquistata da un collezionista che risiede in Sudafrica. Mi è piaciuto ritrovarla e vi ho trovato degli interessanti spunti di riflessione. Ve la propongo augurandomi di suscitare un'occasione di meditazione.

Il koan dice che un'oca (la consapevolezza) viene fatta crescere in una bottiglia (la mente). Una volta che l'oca è adulta, come è possibile trarla fuori senza ucciderla e senza rompere la bottiglia?

L'OCA E'FUORI!!!

venerdì 28 maggio 2010

L'Arte è terapeutica


Che l'Arte eserciti un potere terapeutico, è qualcosa che abbiamo dimenticato, e che liquidiamo con superficiale banalizzazione. La nostra epoca è strozzata nell'esacerbazione dell'individualismo immaturo, in un'ansia irrisolta che è negata con arroganza adolescenziale: non intendiamo crescere, ci interessa soprattutto mostrarci con un'immagine falsa che occulti la nostra insicurezza. In tale mancanza di verità, è chiaro che priviamo di verità anche la nostra elaborazione artistica, e così alieniamo anche la virtù terapeutica dell'Arte.

Ma la vera Arte, quella che scaturisce da una rivelazione interiore, è ineffabilmente ispirativa e terapeutica. Non che intenda esserlo, è un accadimento spontaneo; poiché è radicata nelle intime propulsioni della Vita, fluisce con il suo stesso potere di risanare e ricreare un equilibrio naturale. Si è determinato, ad esempio, che la musica di Mozart è terapeutica per una serie di malattie, sia al livello psicologico che fisiologico. Ma non si è mai investigato veramente sul potere terapeutico dell'Arte, cosa che ci condurrebbe a comprendere tanto l'irrinunciabile valore dell'Arte stessa che i segreti meditativi che possono amplificare le virtù risanatrici della Natura. Solo nell'ambito esoterico l'Arte è stata utilizzata consapevolmente come agente di guarigione; come esempi potremmo indicare i disegni di sabbia dei Nativi Americani, la pittura dei mandàla e degli yantra, le danze e i canti sciamanici, la più consapevole iconografia religiosa, e per certi versi anche la calligrafia orientale. Ma mi sento di affermarlo con forza, avendone avute conferme innumerevoli: la vera Arte è sempre spontaneamente terapeutica.

Passi di fronte ad un quadro ispirato, e all'improvviso vieni agganciato da qualcosa che non sapresti spiegare ma che senti profondamente benefico: in te avviene un rilassamento ed un'espansione, e i tuoi circuiti vitali che si erano intasati o interrotti trovano degli agganci per rifluire e riprendono un'attività naturale. Questa è la somma gloria dell'Arte: ci aiuta ad essere ispirati e sani, che è la stessa cosa. Ciò può accadere con la pittura, con la musica e con ogni altra forma d'Arte, anche con l'architettura, sempre che ci si trovi al cospetto di un'opera matura ed ispirata. Personalmente giungo a ritenere che sia questa una possibile discriminante per distinguere la vera Arte da quell'accozzaglia di espressioni immature ed arbitrarie che ci appesantiscono anziché elevarci. Il vero artista è colui che si rende capace di tale alchimia; gli altri non sono ancora sufficientemente maturi, o peggio indulgono nell'edonismo catartico e negativo, cosa che inquina abbondantemente l'attuale panorama artistico. L'Arte deve evocare bellezza, armonia, piacere e salute, altrimenti è un peso ulteriore che carichiamo sulle nostre spalle. Come disse Hundertwasser, “l'Arte dovrebbe essere positiva, libera, romantica, bella come un gioiello, qualcosa di cui non si possa fare a meno”. Non dovremmo circondarci di opere d'arte solo perché gli hanno artificiosamente attribuito un alto valore economico (cosa che denota la povertà indicibile della nostra cultura), bensì di opere d'Arte che ci aiutino a star bene, a meditare, e a riconoscere il flusso armonico e saggio che scorre in noi stessi e nell'Esistenza.

giovedì 27 maggio 2010

Le miniature






Per la prima volta ho dipinto una serie di miniature. Mi interessava sperimentare la possibilità di concepire in un minimo spazio un evento artistico compiuto, anche per evocare nel minuscolo, come diceva William Blake, la percezione del grandioso.



mercoledì 26 maggio 2010

Germinazione consapevole



Questo dipinto esprime il passaggio dall'ombra, dal nascosto, alla luce, all'apertamente manifesto. Sotto, in campo nero, vi è il motore interno, radicale, che è pregno di pathos eppure naturalmente disteso. La costruzione plastica si eleva oltre la banda orizzontale del limite terrestre, per dispiegarsi in un'elevazione fantasiosa che occupa lo spazio ricercando la luce. Il segno è tracciato con un'espressione gestuale che lo lascia aperto ed intonato alla massima naturalezza.

Un giardino d'Arte



Credo che sia un sogno condiviso da ogni artista quello di creare un giardino d'arte, costruendo un'opera globale che occupi estensivamente lo spazio. Ossia trasformare totalmente un luogo con il potere attivo dell'Ispirazione, in modo che il visitatore sia immerso nelle suggestioni sottili dell'Arte. Si tratta di stabilire un campo energetico, concependo e collocando la creazione artistica in intima connessione con la Natura. Così l'Arte non è un evento, ma viene fruttuosamente radicata in un complesso naturale, divenendo un organismo vivente ed accogliente. Questo è anche un mio sogno, che spero di poter realizzare prima o poi, pur se è difficile poiché richiede enormi risorse, anche economiche.

Oltre ad alcuni parchi rinascimentali (tipo Bomarzo), in Italia ne abbiamo anche splendidi esempi moderni, che per ignoranza sono poco frequentati; ad esempio la Scarzuola, ideata dal famoso architetto Buzzi vicino ad Orvieto, e Il Giardino dei Tarocchi costruito da Niki de Saint Phalle a Capalbio. Niki de Saint Phalle è stata una figura di rilievo dell'Arte Moderna, che in Italia è scarsamente conosciuta (ma Roma le ha dedicato recentemente una bella mostra) anche se ci ha lasciato la sua opera più eclatante, che è appunto Il Giardino dei Tarocchi. L'artista ha popolato molti luoghi europei ed americani con i suoi personaggi coloratissimi e spropositati, di pieno gusto anni '70, ma l'apice della sua creazione è certamente ciò che ha edificato a Capalbio, affrontando un'ìmpresa titanica a cui ha dedicato buona parte della sua vita.

Anche chi ha visitato a Barcellona il Parco Guell di Gaudì (che effettivamente ha ispirato l'artista) non rimarrà deluso dal Giardino dei Tarocchi. Al di là delle ovvie rassomiglianze tra i due Giardini, si tratta di qualcosa di diverso, che è saturato dalle qualità straordinarie della creatività femminile. Solo una donna può essere tanto anarchica, stupefacente e piena d'amore, così come ci mostra il Giardino dei Tarocchi. Niki de Saint Phalle ha soprattutto amato la sua opera, e lì ha vissuto la sua più piena storia d'amore. L'ha sognata e ne è stata madre, amante, sacerdotessa, coltivando con femminea minuzia l'infinità dei piccoli particolari; l'ha cucinata nel forno ardente della propria anima, l'ha danzata lasciandosi prendere nelle spire argentine dell'immaginazione. Ne ha fatto soprattutto un monumento lunare alla Donna, e al sentimento umorale, caparbio e assoluto di una donna. Ha cercato di dipanare, lungo i percorsi sorprendenti del giardino, il filo dei percorsi dell'Anima, e con questo ha tessuto un arazzo luccicante di specchi, ceramiche coloratissime, getti d'acqua, figure esoteriche ed atmosfere geomantiche. Ha vissuto il Mito, ma non come potrebbe fare un uomo; l'ha fatto con innocenza, seguendo appassionatamente l'impulso interiore, senza mai chiedersi come e perché. Per questo i suoi Tarocchi sono affatto canonici, e riflettono poco i messaggi tradizionali degli Arcani. Tuttavia sono straordinari, creature fortemente volute che invitano ad un percorso interiore, anche in senso fisico, per avere un'esperienza non intellettuale, ma radicale, pienamente sperimentata; infatti molte sculture sono enormi architetture da abitare, entrando per sincronia in luoghi segreti dell'anima. Lì dentro Niki de Saint Phalle ha vissuto, amato e sognato, e ne ha lasciato scolpita quella straordinaria memoria che è indefinitamente aperta all'eterno presente.

martedì 25 maggio 2010

Pulsazione danzante


Pulsazione danzante - acrilico su tela cm 40x40, 2010



In questo dipinto si esprime l'incedere poderoso della forza vitale. La scelta della piccola dimensione favorisce la percezione di una forte pressione che scaturisce dall'interno, originando una pulsazione danzante che si trasmette all'osservatore. Ciò determina una vitale impressione rinvigorente e corroborante.

domenica 23 maggio 2010

Cosa abbiamo perduto


Noi siamo il mondo - acrilico su tela, maggio 2010


Accade che dei bambini, al seguito dei loro genitori, entrino nel mio atelier mentre sto dipingendo. Spesso gli adulti ostentano indifferenza riguardo al mio lavoro; invece i bambini sono sempre curiosi e mostrano una vasta gamma di emozioni. Si affollano con grandi occhi intorno al tavolo su cui sto lavorando, ma anche con una sorta d’incredulità, come se un adulto che dipinge fosse uno spettacolo stravagante. Forse pensano che non sia un’occupazione seria, bensì un po’ fanciullesca; di solito gli adulti sono impegnati in occupazioni più pragmatiche. Generalmente i genitori gli insegnano cose più “serie” ed “importanti”, che sono lontane dalla loro naturale esperienza.

Al contrario, la pittura è qualcosa che i bambini sentono vicina, infatti a loro piace disegnare e giocare con i colori. Guardandomi, spesso mi sorridono con complicità. A qualcuno di loro piacerebbe dirmi: Passami i colori e fammi giocare!. I bambini più grandi sono spesso timidi, invece i più piccoli hanno la sfrontatezza dell’innocenza. Comunque, a tutti piace molto osservare ciò che sto facendo. Qualche volta sento che a loro il mio lavoro appare conosciuto ed insieme misterioso, poiché avvertono chiaramente un linguaggio espressivo che è differente dal loro. Mi appaiono quasi come apprendisti d’Alchimia che contemplano la trasformazione della materia alchemica, tanto divengono rispettosi ed affascinati. Osservano le evoluzioni del pennello trattenendo il fiato, come fossero al cospetto di un prodigio, sensazione che con loro condivido. Per un attimo ci sfioriamo negli occhi, e sappiamo di condividere un segreto. E’ come se stessimo compiendo insieme un rito della Creatività, ed il mio dipinto diviene l’icona di un intimo e profondo sentire.

Per alcuni istanti ci ritroviamo in una benedetta sospensione del tempo e dello spazio, nel qui-e-ora in cui i loro genitori spesso non sono capaci di stare, poiché scarseggiano di sensibilità ed innocenza. E a me piacerebbe dirgli:
Questo è quello che noi adulti abbiamo perduto: questa intensità del sentire. Questo è ciò che abbiamo dimenticato, ciò che ci manca. Se ignoriamo questa facoltà, non possiamo partecipare alla danza orgasmica dell’Esistenza, non possiamo ascoltare la poesia della nostra anima. A causa di tale mancanza siamo divenuti orfani della Vita, chiusi, spaventati, intimamente poveri ed incapaci d’amare. Ma se riscopriamo la capacità di sentire, torneremo ad essere freschi e creativi. Guardate! L’Arte è uno specchio per vedere il nostro volto originale, che è sempre nuovo ed eterno nello stesso tempo. L’Arte è un dito che indica la romantica Luna che risplende nel nostro cielo interiore. La sua argentea luce continuamente ci inonda, ma noi dobbiamo togliere dai nostri occhi i pesanti occhiali fatti di cinismo, sfiducia ed arroganza. Rendiamoci capaci di vedere e celebriamo! L’innocenza del bambino è meravigliosa, ma non è comparabile a ciò che sboccia dalla maturità..

venerdì 21 maggio 2010

Il mistero dipinto

Ogni dipinto è un mistero, è un'immagine senza tempo di qualcosa che può essere intuito ma mai afferrato. Un insieme di colori, danzati dal pittore nel ritmo silenzioso ed ancestrale dell'Ispirazione, è stato capace di una vera nascita, di un simbolo che è saturo al punto di traboccare di Vita pulsante.
E' in verità poca cosa un dipinto, ma dispiega un cuore che la Terra non può contenere, la cui immensità è nell'occhio di chi guarda; la sua gloria è d'essere l'amo che pesca nel profondo.

Trascorro la maggior parte del mio tempo in galleria, in compagnia dei miei dipinti, oppure nello studio ad evocarli magicamente sulla tela. Mi sento molto fortunato per questo. Nei loro confronti non vi è alcun senso di proprietà o di compiacente riconoscimento, piuttosto d'intima corresponsione, questo sì, come accade a coloro che vi passano accanto e restano magnetizzati. Questi quadri miei non miei hanno tante storie che scorrono sotto le loro pelli lucide di colore, più di quante saprei raccontarne, più di quante posso consciamente riconoscere. Mi colgono sempre di sorpresa, ineffabilmente sconosciuti eppure intimi, più confidenti della mia stessa immagine allo specchio. Tutti diversi, imprevedibili, seppure tra loro in comunione commossa. Continuano a chiamarmi con voci musicalmente silenziose, ed appena li guardo si aprono come fiori inondandomi di profumo. E lo so, lo stesso accade a coloro che li hanno scelti, scegliendo non qualcosa di me ma di loro stessi; anche a loro continuano a raccontare storie empaticamente riconosciute, sprigionando il bagliore improvviso di una fiamma capace di rincuorare.

Qui sui muri della galleria i quadri sono assiepati, un po' troppo vicini per necessità di spazio. Così formano un mosaico, un caleidoscopio di Vita rutilante; ognuno è parte dell'insieme, ma ha in sé una completezza assoluta, essendo pregno del proprio significato, tanto che quando un quadro vola nel mondo, assumendo con l'acquirente una nuova storia d'amore, l'esposizione complessiva cambia ma non è mai mancante. Li contemplo ogni volta con gratitudine, volando nelle braccia dell'uno e dell'altro in un carosello che mi congiunge al mistero dell'essere e del non-essere, con il sentore atavico di un racconto da viaggiatori mistici intorno ad un fuoco notturno. Ciascuno con la sua storia segreta che danza nella fiamma, attizzando il cuore per farlo balzare verso l'inconoscibile. A volte, con le persone interessate, mi adopero a dar loro voce, narrando tali storie: resoconti di avventure non esaurite, che si resuscitano ad ogni istante sulla tela. Ed è come cercare di raccontare una storia d'amore, di descrivere qualcosa di vivente, che indefinitamente fluisce; allora le parole, inevitabilmente, si scherniscono, volendo dire: Guarda! La Vita è qui, in ciò che è. Lascialo semplicemente entrare e gioisci!

martedì 18 maggio 2010

Alchimia delle emozioni


Universal Web, primal istinct - acrilico su tela

Se sei triste, arrabbiato, depresso, preoccupato, mettiti a creare per sfogarti. Non c'è bisogno di prendersela con qualcuno né di fare atti inconsulti; è meglio se prendi i pennelli o la penna o il tuo strumento, oppure fai il primo passo di danza. Però non devi aver paura dell'inferno e d'evocare i tuoi demoni. Il tuo pentolone ribolle? Bene, tuffatici dentro fino al collo! Quel malumore è quanto hai al momento, è la tua energia perciò non sprecarla; fatti rapire in una danza infernale, sii dannato fino in fondo, ma esprimilo tutto, sino all'ultima goccia di veleno. E se sei veramente totale, allora il miracolo! Sei sceso consciamente negli Inferi ma – sorpresa! – proprio lì ti attendeva la trasformazione. Quella stessa energia che ti strangolava, dato che le hai consentito d'esprimersi, diventa sinuosa, inizia ad ascendere e a maturarti. Se vuoi un consiglio, nella negatività non farti fregare dalla paura e dal giudizio: sperimenta e lo vedrai accadere!

Quella stessa porta che avevi sbarrato alla gioia diventa la chiave per ritrovarla, ancora più intensa e splendente. Si dice che l'artista debba soffrire per andare in profondità, ed in un certo senso è vero, altrimenti resta inchiodato alla consuetudine. La sofferenza ti strappa dalla superficie della mente di massa, facendoti cadere a piombo là dove non sceglieresti mai di andare, perché è un territorio selvaggio e quanto mai insicuro, ma è là che si formano i diamanti. Questi sono determinati dalle compressioni che sopporti con disperazione, ma che ti cristallizzano nella temperanza, e possono germinare solo nel fondo della tua miniera. Però se rimani passivo, nel senso che subisci, sarai penosamente travolto dai detriti. Puoi invece limitarti ad osservare, senza identificarti, sino a che tutto si deposita; e se vuoi utilizzare la creatività devi darti da fare, scavare a mani nude senza sapere cosa stai cercando. In ogni caso è premiata la tua totalità.

Tuttavia molto spesso l'artista contemporaneo si arresta prima che l'alchimia creativa abbia davvero inizio: si limita a sbucciarsi le mani, e a fare un trofeo delle sue ferite, ma ciò è accidentale e affatto significativo. Solo quando la vita e l'Arte hanno scavato a sufficienza il pozzo dell'individualità, le inquinate acque superficiali non giungono a corrompere l'elisir di Vita. Se nonostante ogni emozione negativa che possa attraversarti, ogni volta che lotti con pathos meditando nell'Arte giungi spontaneamente a tracciare una benedizione, allora finalmente sei un vero maestro dell'Arte.

sabato 15 maggio 2010

Al di là della mente di massa

Da venticinque anni il mio atelier è su strada e aperto al pubblico; anche per questo ho acquisito una notevole esperienza riguardo al funzionamento della mente di massa. Per “mente di massa” intendo un complesso di attitudini, schemi e reazioni che procede automaticamente, senza il beneficio di quell'attività originale e più o meno cosciente che risponde all'individualità. Ogni essere umano afferma orgogliosamente di essere individualmente unico, e tuttavia la maggior parte delle persone si comportano esattamente nello stesso modo, reagendo agli stimoli con risposte codificate dalla “mente di massa”; ossia dormono il sonno dell'ovvietà lasciandosi condurre negli stessi sogni, fondamentalmente sgradevoli. Da ciò viene ogni male, fino ad ogni dittatura e ad ogni crimine scellerato.

Tale attitudine risulta per me evidente quando queste persone si trovano di fronte all'Arte, che è invece, per definizione, il frutto di un sogno individualmente lucido, che al suo più alto grado diviene universale. Non possono restare indifferenti, perché tutto ciò che è vivo (e l'Arte deve respirare, altrimenti è tutt'altro) causa una risposta vivente; però, poiché mancano di quella maturazione individuale che li renderebbe spontaneamente atti a rispondere, si chiudono in modo sprezzante. Perché non trovano in se stessi nulla con cui rispondere, soprattutto perché si sentono ignoranti e feriti da questo.

In effetti ignoranti lo sono davvero. Tuttavia potrei dire: che c'è di male nell'ignoranza? Chi può essere più ignorante di me riguardo al frutto della creatività che mi attraversa? Di tutto ciò che creo, non ne so nulla; non so perché né come viene, e non so farlo ma solo lasciarmi portare. Lavoro sempre senza un progetto, in totale agnosia, approfondendomi nel caos sino a che da solo partorisce un'armonia, e alla fine il significato lo intuisco perfettamente per empatia. Ma questa è la più sana ignoranza, in cui l'individualità è maturata sino a farsi da parte, riconoscendo protagonista ineffabile il mistero. Ignoranza che rende morbidi, sensibili, ispirati, capaci di partecipare e giocare come bambini saggi.

venerdì 14 maggio 2010

Il piacere della condivisione

Oggi vorrei salutare tutti coloro che leggono con piacere questo blog sullo Spirito dell'Arte. Molti condividono con me, attraverso questo sito, i loro pensieri e le loro impressioni; questo riconoscimento è fonte di gioia. Riconoscimento nel senso che ci si riconosce nel cuore, e tale empatia mostra ciò che è reale, che a tutti appartiene. Pur se ciò che scrivo fluisce attraverso la mia esperienza, non parlo mai in un senso personalistico, bensì annuncio il Creativo che è il sale dell'esperienza umana. Trovo che questa condivisione, in cui possiamo riconoscerci, sia preziosa, soprattutto in un momento epocale che vuole ingannarci nella bruttezza, riducendo tutto, anche noi stessi, a merce e non-senso. Riconoscendo ciò che è vero dissipiamo le nebbie nocive della “mente di massa” che sta preparando l'olocausto, e usciamo dall'apparente isolamento. Guardando nello specchio dell'Arte possiamo scoprirci integri, sensibili, comunicativi, creativi e meditativi. Per questo, come ho scritto nel romanzo L'Arcobaleno del 2012, credo che l'Arte debba ritrovare oggi la sua virtù spirituale ed ispirativa.

Non sento d'avere una missione, ma sono certamente al servizio del Creativo: nel mio lavoro d'artista come in questo blog mi dono e vi dono le ispirazioni positive che mi giungono dal Tutto. In nome della gioia naturale. A questo posso invitarvi aprendo il mio cuore, che è anche vostro. Vorrei donarvi tutti i colori e tutte le forme della saggezza creativa, ma li avete già. Qualcuno deve ancora sperimentare e scoprirli, ma è un'entusiasmante avventura ed il viaggio in verità non va mai a esaurirsi. Navigando sul web troviamo l'occasione di condividere bellezza e verità, ed è benvenuto ogni vostro commento, così come ogni riflessione ed ogni consiglio. Grazie.

mercoledì 12 maggio 2010

L'incantesimo della scrittura

Cos'è che spinge a tracciare caratteri formicolanti, scie di pensiero che occupano lo spazio aprendo in ogni punto un mondo nuovo e fecondo di visione? Quel silenzioso richiamo giunge da dentro o da fuori? E' indicibile, misterioso, ma occupa il cuore con peso infinitamente leggiadro e odoroso, tanto pulsante da traboccare volendosi riversare, con una corrente inarrestabile che sgorga da una Sorgente su cui nessuno ha mai potuto scrivere il proprio nome. Infatti lo scrittore può firmare solo il paesaggio che quel fiume, durante il suo fluire, ha via via magicamente creato; dal nulla quell'acqua di vita suscita molteplici suggestioni dell'essere: un mondo fantasmatico eppure immaginativamente concreto, credibile, che è capace di ricrearsi ad ogni apertura di pagina nelle mille anime dei lettori.

Potere dell'essere e del non essere, la scrittura è incantesimo che supera se stesso e l'intenzione di colui che l'ha evocato, uno Spirito che ogni volta ha atteso per l'eternità l'occasione di potersi incarnare, mostrandosi finalmente al mondo per rapire i cuori. E' soprattutto un atto d'Amore, perché quei cuori rapiti, nell'essere distolti dalla piatta e dura apparenza del mondo, possano approfondirsi ritrovando i sogni e i significati che hanno dimenticato. La scrittura, se è autenticamente opera d'Arte, è infatti l'incantesimo di un Nume il cui occhio veggente si apre all'interno di ogni essere umano, permettendo a ciascuno di ascultarsi e d'osservare il mondo attraverso la verità dell'intuizione.

martedì 11 maggio 2010

La saggezza dell'innocenza

Il non-sapere che fiorisce dall'innocenza è tutt'altro che ignoranza. Se l'ignoranza è il frutto di scarsa consapevolezza e di un cuore chiuso, tale non-sapere è la sublimazione intuitiva che fluisce da un'attitudine meditativa che supera le limitazioni coscienti e normative dell'io. Scaturisce da una mente tanto aperta da non focalizzarsi su alcuna cosa, e da un cuore sensibile al punto d'essere pienamente empatico con ciò che vi viene specchiato. Non c'è alcuna pretesa di conoscere, ma una totale rispondenza priva di schemi prefissati, che è effettivamente in grado di echeggiare una libera e saggia assonanza. Allora, come comprese il Taoismo, nel non-sapere non c'è nulla che non sia conosciuto.

Per quanto riguarda l'Arte, in genere si crede che serva una mente acculturata per apprezzare a fondo un'opera, facendo di ciò un territorio praticabile soprattutto agli specialisti, ma non è affatto vero. Lo specialista può aver studiato accuratamente il lavoro e la vita di un artista, e aver esaminato una sua opera da ogni possibile angolazione, e tuttavia essere affatto capace di “sentirla”, di viverla nel profondo. Senza questa partecipazione sensitiva, ne avrà solo una mole di informazioni superficiali e non una reale conoscenza. Al contrario, un individuo sensibile e pienamente ricettivo, che non ingabbi la propria percezione con preconcetti o ponendola su un binario convenzionale, può essere capace d'accoglierne la veritiera rivelazione in un impeto di pura connessione empatica. In tal modo la conoscerà dall'interno e, pur non conoscendone prosaicamente nulla al riguardo, sarà immedesimato con quell'opera tanto da esserne pienamente consapevole. Non saprà forse nulla del suo autore, né saprà inquadrare quel lavoro sotto il profilo della storia dell'Arte, ma ciò non è effettivamente essenziale.

Però un tale grado d'innocente rispondenza è tutt'altro che automatico, ed è generalmente il risultato di una ricerca cosciente, che presuppone una maturazione sia personale che culturale. E' difficile, anche se non impossibile, che si possa apprezzare veramente un'opera, come qualsiasi altra cosa, senza conoscere le basi del suo linguaggio; potrei dire che non si può volare sulle ali della poesia senza aver acquisito, e superato, una formazione nella potenzialità espressiva della prosa. L'innocenza non è mai ignoranza, ma culmine di saggezza.

lunedì 10 maggio 2010

Arte e impegno

Ho parlato spesso dell'impegno totale, della responsabilità amorevole e meditativa che consente all'artista di creare una vera opera d'arte. Vorrei ora puntualizzare che l'Arte richiede impegno anche al suo pubblico, cosa effettivamente rimossa dalla mentalità comune. In passato ciò era assolutamente chiaro, e l'estimatore dell'Arte approfondiva se stesso e la propria capacità percettiva confrontandosi responsabilmente con le suggestioni sottili che riusciva a trarre da ogni espressione artistica. Senza presunzione, l'essere umano era disposto ad apprendere, a lasciarsi ispirare, con la coscienza che il processo non poteva avvenire in modo automatico; ci si disponeva quindi ad apprendere i misteri trasmessi nei diversi campi dell'Arte, formando la propria preparazione culturale per aprirsi al nuovo. Se ciò era maggiormente vero per le persone sensibili e raffinate, in generale non vi era alcun vanto dell'ignoranza, anzi a tutti i livelli si tentava di riscattare l'ottusità culturale. Un libro, ad esempio, era un bene prezioso ed una fonte di riflessione per tutti. Ho conosciuto dei pastori e dei contadini che amano i classici al punto di averli imparati a memoria, oppure appassionati dell'opera lirica sino a saperne cogliere ogni sfumatura. Ma sono tutte persone d'antica generazione, cresciute in un clima in cui si aveva vergogna dell'ignoranza.

Oggi c'è invece una penosa esaltazione dell'ignoranza. Corrotti dalla passività televisiva, si resta inerti, non partecipativi né responsabili. Ci si aspetta che sia l'evento artistico a prendere per il colletto lo spettatore, per scuoterlo in qualche modo dal suo torpore, ma ovviamente una sensibilità ottusa è suscettibile solo a messaggi banali e di brutale impatto. Se desidero godere di un quadro, dovrei preoccuparmi d'aver maturato una sensibilità e una certa preparazione riguardo alla Pittura; e solo un orecchio educato può ricevere la magia ispirata della vera Musica. Lo stesso può dirsi per la Letteratura, per il Teatro, e qualsiasi altra forma d'Arte. Invece no, si resta trincerati e gongolanti sul più basso livello della percezione, e il nostro mondo involgarito e non creativo è lo specchio spietato di questa attitudine dissennata.

La cosa incredibile è che la maggioranza degli artisti quanto dei curatori dell'Arte non si preoccupano affatto di sanare tale perniciosa tendenza, anzi molti l'avvallano calibrando su questa le loro proposte, dato che puntano ad un facile successo. Ecco allora un'Arte greve, plasmata sulle emozioni più infime, che non richiede allo spettatore alcuna risposta consapevole, ma solo la reazione automatica del vomito, di un'eco disperata, ed una identificazione triviale che glorifica la miseria comune. A volte tutto ciò viene mascherato, soprattutto dai critici, con belle parole, perché non può ammettersi l'essere caduti tanto in basso, ma nessuno sembra avere il coraggio di dire che il Re è nudo. Per cui, ad esempio, si legittima la presa funesta dei programmi televisivi “spazzatura”, e magari ci si imbastisce sopra una tavola rotonda falsamente sociologica. E nessuno si meraviglia del fatto che il 90% dell'odierna produzione “culturale” sia occupata da crimini efferati. Ma anche nei settori più alti dell'Arte le cose non cambiano di molto. Bernard Shaw scrisse che l'Arte è lo specchio per contemplare il volto della nostra anima; vogliamo davvero vederci tanto brutti e malati?

Voglio dirlo forte: L'IGNORANZA E' VERGOGNOSA! Perché avvilisce l'intima natura del cuore umano, che è atto ad assaporare nobili fragranze e a raggiungere le altitudini spirituali. Perché impantanati in essa non possiamo conoscere la bellezza, il nesso segreto, la rispondenza matura dell'anima, e rinunciamo ad evolvere. Un'opera ricca d'ispirazione ci mette necessariamente alla prova, sfidando i limiti che imponiamo a noi stessi, ma è un'ottima occasione per maturare, per disseppellire i tesori che custodiamo pur essendone ignari. Quando incontro un simile miracolo, mi rendo vulnerabile, accettando la mia ignoranza con lo stimolo a comprendere; studio i passi che ha compiuto l'artista, ne intuisco man mano l'ardore e la guida segreta. Allora qualcosa può trapelare dall'opera mettendo in estatica risonanza le corde sottili della mia anima, e sogno lucidamente lo stesso sogno che ha rapito consapevolmente l'autore, trovandomi grato ed espanso. Questo è il senso dell'autentica Arte, che incessantemente invita a partecipare.

giovedì 6 maggio 2010

Arte e Moda

L'Arte e la Moda vanno in direzioni diametralmente opposte. L'Arte procede alla creazione del nuovo, mediante una rivelazione originale che si concerta nella cassa di risonanza dell'unicità dell'artista. Tale esperienza è radicalmente individuale, ma può approfondirsi sino al punto in cui sboccia nell'Universale; infatti la superficie è il regno della molteplicità, ma più si va in profondità più si disseppellisce la radice magica ed unitaria da cui si origina lo stesso mondo che coniuga la differenziazione. Ciò vuol dire che nella profondità essenziale ogni apparente diversità si reintegra nel principio ancestralmente unitario. L'artista, proprio perché persegue la sua visione unica, calandosi nel pozzo della propria percezione, può giungere all'Oceano interiore dell'universalità cosciente e creativa; per questo la vera Arte è ben più che personalistica, condivisibile, e fonte d'universale ispirazione.

La Moda è invece il frutto di un'elaborazione della mente collettiva, e quindi è incapace di creare il nuovo. Il progettista di Moda raccoglie informazioni e suggestioni ad ampio raggio, elaborando un messaggio largamente condivisibile che solo illusoriamente si presenta come nuovo; per questo non incappa nell'ostracismo gettato dalla mente di massa (che effettivamente aborrisce il nuovo), bensì si rende capace di suscitare il maggior consenso. Perciò la Moda resuscita continuamente gli stili, le epoche (ad esempio gli anni '70), i miti e le icone che appartengono alla memoria e al limitato immaginario della mente collettiva. La pubblicità, che è un fondamentale ingrediente della Moda, ci rimpinza incessantemente con le immagini e i tormentoni che sono atti ad attivare la distratta e reiterativa attenzione della massa. La Moda non ha infatti alcuna profondità, ma solo una superficie luccicante che intende attrarre con effetti speciali anche scioccanti; perciò può essere fonte di un basso incantamento, ma mai di un autoriconoscimento empatico, come può avvenire con l'Arte.

Tuttavia, iniziando con la Pop-art, la Moda è andata sovrapponendosi all'Arte, nuocendole gravemente. Inseguendo il successo, l'Arte ha via via adottato il linguaggio seducente e stereotipato della Moda. Da ciò le icone pubblicitarie e seriali di Wharol, sino alla pupazzistica “manga” di Murakami, che non a caso è uno dei più quotati “artisti” contemporanei. Eh sì, l'abbiamo fatta grossa confondendo l'Arte con la Moda: abbiamo così rinnegato la virtù ispirativa dell'Arte, il suo nesso spirituale, la sua alchimia, e la necessità del “viaggio dell'anima” dell'artista. Forse in tal modo qualcuno ha pure pensato che l'Arte si sarebbe avvicinata alla massa, dimenticando che solo l'individuo è il fruitore dell'Arte.

Quest'arte di moda è totalmente oggetto di mercato, battuto ridicolmente nelle aste con cifre vertiginose, oggetto superfluo, triviale, persino dannoso poiché tende a farci dimenticare ciò che l'Arte dovrebbe veramente saper esprimere. Sembra che non siamo più capaci di “sentire” e di “essere”, e vorremmo soprattutto esibirci con i trucchi della moda, così furbeschi e attraenti, tanto che anche i grandi santuari dell'Arte danno grande spazio ai sarti-stilisti, loro sì incoronati con l'alloro che spetterebbe di diritto ai veri artisti.

domenica 2 maggio 2010

Polvere alla polvere

Shitao ha scritto: “Quando l'uomo si lascia ottundere dalle cose, si lascia catturare dalla polvere. Quando si lascia dominare dalle cose, permette che il suo spirito si affatichi e si inquini. Io lascio che le cose seguano l'ottundimento delle cose, che la polvere si faccia catturare dalla polvere; in questo modo lo spirito non si inquina, e se lo spirito non si inquina può esservi vera pittura".

Il "mondo delle cose" è oggi giunto ad una strettoia critica che causa ansia, impoverimento (anche monetario ma soprattutto di una rispondenza consapevole alla crescita) e alienazione; non pare esserci via d'uscita e tuttavia ci si affanna individualmente a cercare una soluzione. In tale tempo di crisi, l'artista soffre forse più di chiunque altro perché è gravato da un'emarginazione che è causata dal sistema globalizzato e materialistico, il quale rinnega ogni forma di cultura e creatività. Le proverbiali difficoltà del lavoro artistico sono pertanto ulteriormente inasprite, e gli artisti, ben più di prima, hanno difficoltà a condividere il loro lavoro. Le persone sono chiuse, impaurite, e l'Arte, pur se potrebbe offrire delle rinfrancanti e positive ispirazioni, viene trascurata come qualcosa di superfluo. Il materialismo ci sta strangolando, ma pare non si voglia lasciare spazio a niente altro.

Nell'ambito del mio lavoro, come molti altri artisti, mi trovo a utilizzare moltissime delle mie energie per fronteggiare e tentare di superare la china. Pur se ciò è comprensibile, mi accorgo che questa attitudine effettivamente mi esaurisce e mi distoglie dalla mia natura essenziale quanto dalla libera facoltà della creazione artistica. Cioè a volte mi affanno e mi preoccupo, lasciandomi catturare dalla "polvere". Allora le parole dell'antico pittore cinese sono per me una preziosa ispirazione, e credo siano davvero preziose per chiunque, artista o meno.

In realtà, nonostante l'Arte contemporanea sembri tesaurizzare equivocamente il malessere dell'artista, uno "spirito inquinato" non può produrre alcun autentico fenomeno artistico. Le cose devono essere consapevolmente relativizzate, e seguono comunque il loro corso. Le nostre identificazioni e paure non ci aiuteranno a risolverle né a migliorarle, ma certamente fiaccheranno tanto il nostro spirito che la nostra opera. Solo testimoniando l'attuale momento critico, arretrando d'un passo per osservarlo con distacco, potremo attraversarlo rimanendo integrati. Come Shitao, lasciamo che "la polvere si lasci catturare dalla polvere", perseguendo l'ottundimento naturale di ciò che è sottoposto alla legge di gravità. Restando disidentificati e in accettazione, lo specchio della mente rimane limpido e senza macchia, per cui ritroviamo la chiarezza ineffabile dell'essere e l'inesauribile potere creativo. Senza di ciò siamo realmente poveri; riconoscendo invece ciò che realmente siamo, al di là delle condizioni esteriori, ritroviamo la fiducia e la partecipazione osmotica con il Tutto. Tale accettazione consapevole non è affatto passiva, bensì liberatoria e vivamente creativa.