L'arte insegna all'uomo la responsabilita' della creazione.
Quando diventa una preghiera, la divinita' interiore e' risvegliata.

Satvat

giovedì 17 settembre 2009

arteterapia meditativa

Alcuni amici mi chiedono di parlare sulla mia visione dell'arteterapia. Effettivamente ciò che insegno ai miei corsi, e che ho descritto nel mio libro L'Artista Interiore, è su un livello diverso da quello usualmente percorso dalla pratica arteterapica. L'ambito dell'intervento arteterapeutico è generalmente circoscritto alla risoluzione, o almeno al riconoscimento, di problemi affrontabili in un percorso psicoterapeutico. In presenza di un disagio, che è spesso inteso come alterazione dei parametri della "normalità" individuale e sociale, si utilizzano i mezzi creativi per tentare di dipanare la matassa, riconducendo il paziente ad una più equilibrata percezione di sé ed alla capacità di stabilire rapporti coerenti con l'esterno. Al di là della presenza accettata di un problema di alienazione, l'arteterapia sembra perdere efficacia e motivazione, tranne forse un aspetto puramente ludico. Tuttavia, nella mia esperienza della creatività meditativa, ho verificato la povertà della suddetta ipotesi. L'individuo è un mistero ben più vasto di quanto può essere definito entro i parametri della psicologia e della normativa sociale. Oltre il piano orizzontale, in cui l'individuo si confronta con la definizione di se stesso in quanto "persona" e con l'inserimento relazionale nel mondo, vi è anche il piano verticale e spirituale. Questo piano, a cui sono intrinsecamente connesse le più intime risorse spirituali dell'individuo, non è affatto affrontabile con la logica, perciò è generalmente trascurato dalla lettura prosaica della realtà. Eppure in esso affondano le nostre vere radici dimenticate, e da ciò potremmo trarre l'autentico nutrimento che può rintegrarci in una comprensione di noi stessi come parte armonica di un Tutto universale. Ci preoccupiamo, al massimo, di renderci atti alla nostra appartenenza sociale, dimenticando che è essenzialmente una funzione collettiva, cementata da uno status quo percettivo e normativo, e trascuriamo la nostra reale appartenenza al mistero universale. Oltre la "persona", oltre la maschera che indossiamo, c'è un inesplorato universo che ci è tutt'altro che estraneo, bensì è molto più corrispondente di quanto lo siano i limiti che ci autoimponiamo e che ci sono imposti dall'esterno. Ma non lo conosciamo e quindi non ci conosciamo. Nella mia esperienza, l'arteterapia è essenzialmente una cura dell'equivoco fondamentale, in cui ci rendiamo "malati" perché siamo separati dal nostro autentico sé e dal Tutto. Privati di ciò, siamo alienati della nostra vitalità quanto della nostra consapevolezza. La pratica della creatività meditativa può aiutarci a riscoprire le nostre intime risorse ed i nostri talenti dimenticati, attualizzando una sinergica corrispondenza tra la consapevolezza di noi stessi ed il movimento naturale del Creativo. Per questo, in questa pratica si rimparano i linguaggi simbolici ed energetici che vanno al di là delle mura convenzionali della mente. L'utilizzo consapevole di questi linguaggi esoterici - usualmente relegati, con scarso potere, nella dimensione onirica - può favorire l'autoindividuazione esistenziale, allargando gli orizzonti della "visione". Per questo, non sono affatto interessato ad un uso pragmatico dell'arteterapia, che si traduce in un'inefficace cura dei sintomi distonici, tendendo a ripristinare un normale "stato di malattia", socialmente accettabile. Al contrario, sono un entusiasta sostenitore di un'arteterapia meditativa, magica e poetica, che sappia risvegliare la consapevolezza di ciò che realmente siamo e possiamo. Se si va da un Maestro in cerca d'aiuto, per ogni problema egli ci indicherà la stessa cura: la meditazione. La mia visione dell'arteterapia è assonante a questo; può anche guarire dei sintomi, ma essenzialmente perchè interviene sul nucleo fondamentale, restituendo all'individuo la piena facoltà creativa, la dignità esistenziale di se stesso, e la comprensione della sua matrice spirituale. Non è un viaggio programmato, ma una cavalcata nei selvaggi e misteriosi territori dell'Essere, ove ci si può confrontare con la libertà dell'esperienza e con la saggezza intuitiva che è la nostra più luminosa eredità. Per questo ho evitato d'operare all'interno di ambiti istituzionali, schiacciati dalla logica assistenzialistica del ripristino della "normalità", bensì mi rivolgo a persone capaci di assumersi la responsabilità creativa ed esperienziale della loro crescita.

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