L'arte insegna all'uomo la responsabilita' della creazione.
Quando diventa una preghiera, la divinita' interiore e' risvegliata.

Satvat

martedì 2 febbraio 2010

RITRATTO TRISTE

Un soggetto molto frequente nella Pittura contemporanea, dopo un abbandono prolungato, è il ritratto. Agli inizi del Novecento, i nuovi e rivoluzionari pittori dell'Arte Moderna praticarono estensivamente l'arte del ritratto e dell'autoritratto, dato che ricercavano una originale identità di se stessi e dell'uomo in generale. Un'identità contraddittoria, stravolta da un flusso percettivo selvaggio, senza precedenti: onirica, sensitiva, destrutturata, in qualche modo autocosciente e satura di potenzialità. Assunta tale non banale presenza, l'artista prese quindi a scandagliare con libertà e potere il regno disincarnato dell'ispirazione, rinunciando al protagonismo umano.

Dopo decenni si è tornati al ritratto, ma non tanto per guardarsi profondamente negli occhi, per chiederci chi siamo. Sospetto che, persi a noi stessi e al contatto spirituale dell'Ispirazione, troviamo ben poco da dire, per cui ci rifugiamo nel simulacro di un uomo attonito, incapace d'introspezione e di celebrare la sua presenza nel mondo. Infatti spesso i ritratti soffrono di un gigantismo che la tela non può contenere, mostrando soprattutto enormi teste, sintomo d'ego, ghignanti o urlanti; gli occhi sono spenti, le labbra gonfiate e arricciate da desideri sensuali sempre insoddisfatti, i colori lividi ed implosi.

L'Arte invece è espansione, capacità di sognare un sogno lucido che congiunge la Terra al Cielo.

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