L'arte insegna all'uomo la responsabilita' della creazione.
Quando diventa una preghiera, la divinita' interiore e' risvegliata.

Satvat

venerdì 22 aprile 2016

Arte della visione

Il contributo di Jung ha chiarito che l’espressione artistica può portare all’emersione dei contenuti simbolici e archetipici della psiche, i quali difficilmente trovano riscontro negli altri ambiti dell’esperienza umana, che per lo più viene subordinata alla logica coercitiva del compromesso sociale. L’essere umano vive nel mondo, assoggettato alle sue regole massificate, senza incontrare gli stimoli appropriati per approfondirsi nella conoscenza di sé. Seguendo le strade asfaltate e obbligate della superficie, egli transita in modo meccanico e ripetitivo, senza potersi maturare nel percorso dell’auto-individuazione. Così l’individuo resta all’oscuro di quello che si agita nella propria intimità animica, che è ciò che lo rende propriamente vivo, autentico e creativo.

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 Tale orfanità di se stessi è inaccettabile e alienante, fonte di malattia e del non saper vivere, perciò è indispensabile avviare un’indagine interiore che si addentri nelle pulsioni subcoscienti e sinceramente individuali. Potremmo dire che la logica sociale si limita a sbozzare l’individuo come un Pinocchio di legno, privato di senso e dignità, che ha la necessità esistenziale di contattare e risvegliare la propria anima per essere propriamente umano, attraversando quello che Jung ha chiamato il processo di individuazione. L’arte è un meraviglioso specchio dell’interiorità, tanto che Bernard Shaw scrisse che si usano gli specchi per guardarsi il viso e si usa l’arte per guardarsi l’anima. Tuttavia è necessario comprendere quale sia l’autentica arte, quella che può aiutarci a riconoscerci nell’intimo.

Giustamente Jung distingueva l’arte che si approfondisce con coraggio e intuizione nel subconscio, dall’arte intesa come esercitazione esteriore che tende a conformarsi ad un fallace gusto estetico, epidermicamente rispondente alle mode. La differenza è fondamentale, sebbene non si può dire che finora sia stata ben compresa. Ma è chiaro che solo un’esperienza artistica genuina, originale e pienamente soggettivizzata, che conduca l’artista a mettere in opera e ad alchemizzare le proprie pulsioni istintive e profonde, può manifestare delle valenze che siano pregne di contenuti animici. Tali contenuti, provenienti dall’interiorità individuale, non restano però privati, limitati nel personalismo; infatti, penetrando attraverso le stratificazioni della psiche, l’intuizione dell’artista si matura e giunge a pescare in territori abissali e misterici dove il sentimento personale sfocia nel più vasto sentimento universale, che Jung ha definito l’inconscio collettivo.

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 Per questo l’arte, la vera arte, può ispirare, comunicando sentimenti e valori archetipici che possono essere universalmente condivisi. Perciò, ad esempio, affinché sia vera arte non si tratta di fare un bel quadro, con un sapiente esercizio di mestiere, bensì di dipingere con verità e intuizione, spingendosi in profondità nella ricerca sino a raggiungere i territori selvaggi, saggi e sincronici dell’inconscio collettivo. Solo giungendo là, nel crogiolo pulsante dell’alchimia interiore da cui scaturisce la vita, si ottiene l’investitura della piena facoltà creativa, si diviene davvero artisti poiché veggenti.

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