L'arte insegna all'uomo la responsabilita' della creazione.
Quando diventa una preghiera, la divinita' interiore e' risvegliata.

Satvat

giovedì 13 ottobre 2011

Il Re (dell'arte) è nudo!


Mentre assistiamo al triste spettacolo di un'arte sempre più degradata, ridotta ad oggetto dei tormentosi assilli della mente quanto di una logica ingannevolmente finanziaria, è ormai lampante - per chi conservi un pò di rispondente innocenza - che il Re dell'arte è nudo. Roboanti imbonitori continuano ad impastare, con il niente della mera trivialità, l'illusione di un abito fastoso, volendo farci credere che questa arte priva della sostanza dell'arte – ossia senz'anima - sia una creazione d'artista, che sia importante, significativa e preziosa. Ma tale forzosa apparenza, sottolineata da quotazioni milionarie, è irrimediabilmente triste e vuota.

Il cowboy di Takashi Murakami

Vogliono far sembrare lontano il tempo in cui l'artista scandagliava i sentori più appassionati, mescolandoli e riconoscendoli con la mediazione delle materie dell'arte; da tale alchimia si formava il lavoro, saturo di impressioni date dalla mano, dal cuore e dal miracolo dell'ispirazione. Segno riconoscibile di un processo d'anima, l'opera trasfondeva il senso di un rito di passaggio, che aveva formato l'artista quanto l'opera stessa. L'ispirazione era stata accolta nell'intimo e digerita, traendone una forza capace di forgiare la materia, che ne conservava la memoria traducendola in suggestione vivente, atta a comunicarsi all'osservatore. Che dire oggi di tutto questo vomito "artistico", in cui si espelle la tronfia apparenza (scaltramente celebrata oppure sintomo d'incapacità di approfondimento) e di cui nulla è stato digerito?!

Il Re dell'arte oggi è nudo, ricoperto solo dalle vane parole degli scaltri mercanti, dei critici venduti, degli investitori in arte che si preoccupano unicamente di puntare al rialzo. Senza verità e amore, senza comprensione e partecipazione alla ricchezza creativa. Sono molti gli artisti che si lasciano irretire dal gioco perverso, rinunciando al loro potere per cercare di farsi incontro a chi effettivamente li disprezza - poiché disprezza l'anima che essi evidenziano - oppure li sfrutta con l'illusione di un successo possibile, con concorsi fasulli ed inutili mostre a pagamento senza pubblico; in ogni caso le regole del gioco sono tali che l'artista è sempre perdente. Perché oggi non importa il valore autentico dell'opera di un artista, dato dallo splendore d'anima; conta molto di più l'investitura politicante, il nepotismo che impone arbitrariamente un alto prezzo di mercato.
(continua)

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