L'arte insegna all'uomo la responsabilita' della creazione.
Quando diventa una preghiera, la divinita' interiore e' risvegliata.

Satvat

mercoledì 29 febbraio 2012

Riflessione sul Cinema

Fellini con cinepresa


La percezione odierna è soprattutto visiva, spesso appiattita e banalizzata nelle immagini, forzata su percorsi telematici ad alta velocità. Sembra non ci sia tempo di sostare, di vedere oltre ciò che è mostrato dall'apparenza. Per la sua caratterizzazione essenzialmente visiva, il linguaggio cinematografico è quello che attualmente può esercitare la maggior presa sul pubblico.  In generale, un film è molto attraente e coinvolgente; cattura la coscienza con immagini forti e con storie che mentre sono raccontate ci sembrano vere, indubitabili come sono quelle dei sogni. La ritmica effettualità dell'immagine filmica viene portata alla sua massima espressione con l'ausilio dei più spettacolari effetti computerizzati, ora anche con la suggestione in 3D. Ed è vero che il Cinema di qualità può determinare una discreta risonanza interiore, in virtù della sua facoltà di formare una poeticità d'immagine, che si associa alla trama del film, ai dialoghi, e alla colonna sonora.

   Tuttavia, a mio parere, sul profilo animico quello che è il maggior vanto del Cinema – il suo grande potere di coinvolgimento - è anche il suo difetto, poiché tutto viene a svolgersi là sullo schermo. La nostra facoltà immaginativa viene stregata, guidata in una direzione prestabilita, e difficilmente si riesce a sottrarsi. Anche film notevolmente validi come creazione d'immagine, narrazione simbolica e messaggio, lasciano una flebile impressione interiore; questa appare vigorosa su un livello superficiale, ma risulta poco risonante al livello dell'anima. Ciò accade perché il potere animico dell'immaginazione viene costretto dalla spettacolarità del linguaggio cinematografico.
   Leggere un libro può sembrare meno coinvolgente, eppure promuove un più profondo vissuto interiore. È effettivamente una questione connessa al mezzo: la lettura coinvolge un senso auditivo interiorizzato, mentre nella visione di un film si esercita massimamente la vista, che è un senso esteriorizzato. Potremmo dire che con la narrazione filmica assistiamo al racconto, mentre con la lettura di uno scritto lo introiettiamo tramite la nostra voce interiore; la narrazione orale, ormai ben poco praticata, ha una più alta potenzialità perché favorisce una trasmissione d'energia che può superare il racconto stesso.

   Credo che per il Cinema possa valere la regola che nel meno può rivelarsi il massimo, nel senso che si dovrebbe lasciare lo spazio per cui la percezione, attratta visivamente sullo schermo, possa tornare allo spettatore per essere interiormente digerita. Mi rendo conto che quanto sto dicendo è in piena controtendenza, ma film più scarni e più lenti, maggiormente soffusi e purificati nell'immagine,  potrebbero avere un maggior potenziale evocativo. Questo non deve far necessariamente pensare a dei film terribilmente noiosi, apprezzati solo da cinefili fanatici; si dovrebbe solo avere l'accortezza di esaltare la poeticità di alcune sospensioni, e mantenere un po' d'inesprimibile mistero, lasciando allo spettatore l'occasione per elaborare il proprio significato. Oggi si tende a esagerare, puntando all'intossicazione adrenalinica; per questo si mostra sempre più del mostrabile, spremendo la narrazione e l'immagine in un modo ossessivo che è respingente per l'anima.

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