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Satvat - Gioia della non-scelta - olio su tela |
Ogni artista attraversa la fase
del dubbio sulla qualità del proprio lavoro. Si è messo alla prova nell’arte,
unendo l’esprit volatile dell’ispirazione alla passione ed al proprio talento;
ma, alla fine, come stabilire se l’opera ha davvero valore? Sino a che essa
cresceva in lui con adesione amorevole, la gioia dell’avventura creativa era la
miglior riprova del valore. Però, dopo il distacco dall’opera formata, si
installa nella mente dell’artefice il giudice che la soppesa crudelmente con le
titubanze dell’io. L’io è sempre insicuro, poiché è per sua natura diviso e
lontano dall’autentico sentire, e in più è suscettibile al giudizio delle altre
persone.
Pollock reagì violentemente alla registrazione filmata del proprio operare,
perché a quella osservazione meccanica ed esterna si attaccava il complesso
delle sue personali insicurezze. Per rassicurarsi, spesso l’artista tenta di
rafforzarsi nella costruzione dell’io artistico, cementandolo con la prosopopea
della carriera. Ma in tal modo diviene imitativo del già fatto, incapace di creare
davvero, così com’è accaduto a molti artisti che, una volta affermati, si sono
limitati a replicare la cifra del loro successo. La gioia dell’arte fluisce
sempre dall’innocenza, dall’essere puramente rispondenti al flusso creativo
dimenticandosi dell’io che programma e desidera. Bréton disse che non poteva
sbagliarsi, dato che non aveva stabilito prima che cosa voleva.
In definitiva,
l’artista resta in amore con la sua opera quando non impone la limitatezza del
pensiero, ma resta intensamente vero e respons-abile (capace di risposta) nel
processo dell’accadere. Allora sì, egli comprende con gratitudine la qualità
spirituale del proprio lavoro.
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