L'arte insegna all'uomo la responsabilita' della creazione.
Quando diventa una preghiera, la divinita' interiore e' risvegliata.

Satvat

martedì 30 settembre 2014

L'ultimo dipinto di Wu Tao


   Il sole sta scendendo dietro i picchi aguzzi, spargendo nel cielo un appassionato rossore che infiamma le nuvole vaganti senza meta. Come pregustando la notte ormai prossima, la valle inizia a coprirsi, là in fondo, con un mantello di nebbia leggera. L’uomo siede sul suo masso preferito, una pietra larga e piatta a cui la sua immaginazione ha conferito l’anima di una tartaruga antica come il mondo. Da lì sopra, Wu Tao, il pittore pazzo, ha la sensazione d’assaporare una prospettiva ancestrale, come se il fatto di stare su quel seggio magico, scolpito nei millenni dagli elementi, lo ponesse nel centro originario della creazione. A godersi lo spettacolo delle forme della natura, quasi che queste fossero internamente sospinte da un incerto fremito primordiale, ancora non pienamente formate, almeno non concluse, perciò sature di forza e mistero. Infatti la sua mente, sospesa, non le fissa né le compone insieme interpretandole nell’ovvio, cosicché ogni cosa sembra balzare all’istante dal Nulla, ignota e sorprendente.
   Da ogni parte un agguato alla sua anima che si scuote beatamente nello stupore. Contemplando il rovo intricato e flessuoso, egli segue le nervature di una calligrafia atavica che decanta l’Origine del mondo senza spiegazione plausibile; eppure la visione ha il prodigio dell’illuminazione, a cui partecipano le molte ragnatele che, sulla pianta, lampeggiano al ritrarsi del sole. Nel giardino costeggiato dall’alto bambù, molte pietre dalle forme bizzarre, impresse dalla Natura, giocano con le loro ombre disegnando draghi e altre possibili creature fantastiche. Sono l’unica collezione del pittore, che le ha incontrate, scelte e amate nel corso della sua vita; le ha disposte con la cura del giardiniere, in modo che fiorissero di sempre nuove immaginazioni, rispondendo ai giochi della luce, all’azione degli elementi e all’alternarsi delle stagioni. Non di rado egli ci conversa, come con gli amici più cari; ma ancor meglio sono sentinelle silenziose che lo distolgono dal torpore, pilastri immarcescibili di un mondo caro ed ineluttabilmente effimero.
   Il suo mondo semplice, minuto e intimo, sprofondato nella vastità mozzafiato del paesaggio, là dove fiorisce il susino e si ascolta il sussurro argentino del ruscello. Questo tutto partecipa pienamente alla sua vita con sublime indifferenza, fluendo nel mutamento che governa naturalmente questo luogo della quiete, celebrata nel vivere quotidiano con la presente-assenza della meditazione. Ma esso è anche teatro di pericolosi duelli di pennello che, come spada, traccia con il sangue dell’inchiostro la demarcazione tra la morte e la vita.
   Il pittore sa che la pittura dipende dalla danza impeccabile del suo polso per essere viva, e che il suo polso dipende dall’istinto sovrumano del suo cuore, e che questo dipende dalla capacità di morire nel relativo per rinascere nell’assoluto. Egli sa che lui stesso, prima ancora del suo dipinto, deve liberarsi interiormente dalla finitezza, affinché dal fondamento della forma dipinta possa scaturire l’eco immortale della libera immensità. Se ciò avviene, allora né il fiume yin né la montagna yang sono finiti dal pennello come cosa morta, bensì restano fluidi, viventi nel Sogno originario da cui provengono tutti i fiumi e tutte le montagne. Potenti nell’indefinibile verità del Tao.

  Questo è il miracolo che Wu Tao prega da lungo tempo, da quando ha appreso ad accarezzare intensamente col pennello carico d’inchiostro la carta sottile e bianca simile alla pelle di una donna, come questa sensibilissima cassa di risonanza. Infatti la carta risponde con spietatezza femminile, incapace di mentire, amplificando umoralmente sia le virtù che le pecche del sentimento virile del pittore; si lascia docilmente fecondare dal segno nutriente e ispirato, tanto quanto reagisce con macchie inconsulte e irreparabili al gesto rozzo o titubante.
   Riguardo a questo, Wu Tao ha imparato a danzare come un amante esperto, signore del pennello sicuro; agitandolo con impeto saggio, sa come attivare le mille semenze fluide celate nell’inchiostro per dare vita alle creature della sua immaginazione: i raffinati elementi del paesaggio, qui una tigre fiera sulla roccia, là un’aquila ebbra del volo, e anche un possente dragone che affiora dalle nubi. Egli ha studiato come cogliere il flusso del mutamento pure nelle cose inerti, come una pietra, una casa e ogni altro oggetto, poiché in nessun modo è possibile dipingere una cosa priva di vita.
   Tuttavia, il sentimento empatico e vitale che il pittore prova nella contemplazione interiore di ciò che intende ritrarre non riesce ad innescare pienamente l’esercizio formativo del pennello. Così ogni cosa dipinta, pur con somma perizia, resta piatta sulla carta, incapace di librarsi poiché ha appena l’apparenza della vita; nonostante il lungo apprendistato, lo studio continuo e le sue inesauste meditazioni, il pittore riesce solo a comporre un mondo fastoso e attraente, ma popolato da cadaveri. Egli pensa questo quando si lascia prendere dallo sconforto; altre volte riconosce alle sue creature una vita limitata e spettrale entro i confini del foglio. Inutilmente i suoi amici e i molti ammiratori della sua arte si dichiarano entusiasti; lui continua a cercare il segreto della vita, macinando sulla pietra da inchiostro le proprie speranze e amarezze.

   Dopo essersi dato generosamente nel giorno, il sole è quasi completamente tramontato, scomparendo per rigenerarsi. Come lui, Wu Tao è stancato dai molti anni vissuti sull’onda alta della sua energia e anela al riposo nel grembo oscuro del Tao, tornando all’Origine. Eppure, prima di lasciare le sue membra, il suo giardino e la sua pittura, vorrebbe saper rendere questa immortale, almeno una volta. In modo da comprendere il segreto sfuggevole del Tao che conduce al palazzo degli Immortali, la più alta realizzazione del destino umano.
   Rientrato nella sua capanna, egli accende il lume e prepara sul fornello del tè e un po’ di riso. Ha bisogno di poco, e già lo chiama la luna piena che galleggiando si alza nel cielo. E’ un appuntamento atteso da molti giorni. La incontra all’aperto, stagliata sul manto scuro della notte; il suo chiarore nasconde le stelle, disegna il profilo degli alti picchi e tesse nella valle una ragnatela d’argento che ricopre ogni cosa, rendendola visibile. E’ una luce fluida che il pittore beve con gli occhi, mentre contempla le rivelazioni del paesaggio. Nel nuovo abito fantasmatico, ogni piccola cosa si rende significante e misteriosa. Lei sì, la grande pittrice, traccia senza polso il più alto incantesimo, suscitando nella materia addormentata la danza fulgente degli spiriti.
   Il pittore pazzo la contempla con trepidazione sapendo che tutto lei potrebbe insegnargli; ma, in mille notti come questa, egli ha inutilmente cercato di auscultare il battito silenzioso del suo cuore astrale. Troppo alto e distante, irraggiungibile anche col più folle struggimento. Ma sempre, invisibili funi d’argento lo arpionano nell’anima cercando di trarlo in alto, per congiungerlo al mistico amplesso a cui lui è incapace d’approdare. Perciò prova un dolcissimo dolore, lo stesso che conosceva nelle braccia dell’amata da troppo tempo scomparsa.

   Infatti nelle notti della luna trionfante Wu Tao può finalmente ritrovarla, e chinare il capo sul suo seno intangibile, profumato dall’umidità silvestre, che respira lieve nell’oscurità. Allora egli resta immobile e sorridente, sussurrando il dolce nome che non osa pronunciare nel giorno per non essere disilluso. Stanotte lei è ancora più vicina, e giunge ad accarezzarlo su una guancia con il volo di una falena. Con un brivido lui alza lo sguardo e la luna, immensa, si precipita nei suoi occhi soffocandolo quasi con la sua vastità, riempiendo di miele lucente ogni ricettacolo dell’anima sua. Ormai è dentro, padrona, ed egli si arrende con gratitudine. E’ questa la morte? No, è la vita nel suo più smagliante sorriso. Perché lei, l’amata, è lì e gli sorride tendendogli le diafane braccia. L’uomo vi si tuffa con tutto l’impeto del cuore, temendo sia un sogno destinato a svanire all’istante, invece lei lo accoglie sofficemente mostrandosi magicamente reale pur nell’assenza del corpo. Chi potrebbe dire quanto restano abbracciati nella sospensione che non conosce il tempo? Ubriacato d’amore, il pittore non ha domande, ma lei comunque risponde sulle note di un flauto fatato:

    - Amore mio, sbagli nell’essere insoddisfatto della tua pittura. Il tuo spirito ha scandagliato a fondo l’oceano dell’inchiostro e i suoi segreti, e il tuo pennello è temprato come la spada dell’Imperatore Giallo. Quando fendi la vergine carta con la scia della tua immaginazione, l’intero Universo si apre distillando vigore nelle tue creature. Ma tu cerchi la loro vita nell’ambito ristretto del foglio, che è troppo esiguo per contenerla. Volgi piuttosto lo sguardo nelle profondità del cuore, e vedi -.

   Wu Tao, il pittore pazzo, non è abbastanza pazzo da comprendere, allora lei sorride e trae dalla manica fluente un pennello d’oro con cui lo tocca al centro del petto. Il cuore dell’uomo si dischiude all’istante come un’ostrica che assapora l’oceano, rivelando un interno misterioso e costellato di perle lucenti. Ogni perla è come un’iridescente bolla di sapone che traspare il proprio interno, e in ognuna di queste perle che si moltiplicano all’infinito si manifesta uno dei dipinti che l’artista ha creato nel corso della sua vita operosa. Ogni pittura è alimentata da ben altra linfa che l’inchiostro, da un sangue di drago che la rende propriamente viva, autonoma e selvaggia. 
   Il cuore si espande a dismisura oltre l’orizzonte, per contenere tutti i paesaggi che il pittore ha visto e formato con le linee scaturite dal suo pennello; mille monti, mille fiumi, mille valli si uniscono armoniosamente agli alberi, ai muschi, alle nuvole e alle nebbie, proiettando diecimila prospettive di una visione che magicamente tutto comprende. Si può prendere ogni sentiero, nuotare in ogni onda, addentare ogni frutto succoso, cogliere ogni fiore profumato. E in questo rutilante e grandioso spettacolo, che è possibile vivere ma non definire mentalmente, corrono e volano tutti gli animali che il pennello di Wu Tao ha partorito, insieme alle molte donne sconosciute che ha corteggiato sulla carta, e alle miriadi di persone che egli ha ritratto nelle svariate occupazioni. Un mondo infinito in continua trasformazione, che il pittore estasiato riconosce in ogni pur minuto particolare, poiché tutto gli appartiene intimamente.
   A tutto ciò si è dedicato con passione, tutto ha amato facendolo suo per sempre. Guarda incredulo l’amata finalmente ritrovata, e lei lo invita a guardare nuovamente, questa volta da una maggiore distanza, da cui è possibile riconoscere un quadro complessivo in cui tutto si unisce, muovendosi a spirale nel crogiolo della Vita. Là dentro gira il carosello interminabile delle forme, con la sua musica di risate, gemiti e canzoni, con ogni notte, alba e tramonto. Con un tuffo al cuore egli vede anche il viso dell’amata risucchiato nel magma vorticante, ma sorride quando contempla il suo proprio volto che l’accompagna fondendosi in quel Nulla che è Tutto, che Se stesso è. Con vertiginoso distacco sa che questo è il suo volto originale e che il palazzo degli Immortali è da sempre la sua dimora, oltre il tempo e lo spazio.

Satvat 2014

Nessun commento:

Posta un commento