L'arte insegna all'uomo la responsabilita' della creazione.
Quando diventa una preghiera, la divinita' interiore e' risvegliata.

Satvat

domenica 17 maggio 2015

La meditazione calligrafica 2


Satvat - Giungla sorridente - acrilico su tela


I materiali tradizionali adoperati dai pittori orientali sono una carta molto sottile, impropriamente chiamata “carta di riso”, l’inchiostro e il pennello. L’inchiostro viene preparato strofinando una bacchetta di inchiostro solido su una “pietra da inchiostro”, con l’aggiunta di un po’ d’acqua, sino ad ottenere la giusta fluidità; durante questo cerimoniale, il pittore si centra nella disposizione meditativa. La scelta dei materiali obbliga il pittore a stare con attenzione nel presente; infatti il gesto poco immediato e fluido causa lo spandersi irrimediabile dell’inchiostro sul velo di carta, e in ogni caso il risultato della pittura non è correggibile. Potremmo avvalerci degli stessi mezzi, per calarci nella sfida che essi pongono al pittore, oppure possiamo optare per medium più comuni, come della comune carta da acquerello. Consiglierei di mantenere l’uso dell’inchiostro di china, che ha una fluidità ottimale, ma si possono utilizzare anche acquerelli, tempere, colori acrilici. Si utilizza tradizionalmente il colore nero, e, almeno inizialmente, è preferibile attenersi a questo perché il nero ha la più forte incisività; successivamente, si potrà sperimentare anche con inchiostri colorati.

Vorrei comunque dare dei succinti suggerimenti tecnici per chi intenda cimentarsi a dipingere secondo il modo orientale:

Il foglio di “carta di riso” va poggiato su un feltro che assorba l’inchiostro in eccedenza e deve essere fermato con un peso sul bordo superiore, per evitare che venga spostato dalla pressione del pennello.

Il bastoncino d’inchiostro e il calamaio di pietra sono reperibili in molti negozi di belle arti, ma si può agevolmente utilizzare l’inchiostro di china già pronto chiamato indian ink.

Il pennello orientale è differente da quello che siamo abituati a usare e va tenuto in posizione verticale, impugnandolo con il pollice contrapposto all’indice e al medio. Non va immerso nell’inchiostro per più di due terzi della lunghezza del pelo, altrimenti si sciupa. Prima di intingerlo nell’inchiostro, deve essere bagnato e poi asciugato.


Come si procede nella meditazione calligrafica:

L’intento della meditazione calligrafica è quello di lasciar accadere il segno con somma spontaneità e piena immedesimazione meditativa. Come nel tiro con l’arco zen, il segno che parte da solo, non come atto parziale e volontario, ma certo nemmeno casuale, è la freccia che infallibilmente raggiunge il bersaglio dell’arte, in virtù di un movimento originato dal Tutto.

Ponendosi di fronte al foglio bianco, si svuota la mente da ogni intenzione personalistica, dall’idea di voler realizzare qualcosa; ci si rilassa, ma non cullandosi nell’indolenza, piuttosto calandosi sul fondo del crogiolo dove ribolle l’intento creativo. Si può immaginare di immergersi profondamente nell’hara, localizzato poco al di sotto dell’ombelico, dove palpita il fuoco sacro della vita, riposando in quella luce e dimenticando ogni cosa. Lasciamo che il mondo conosciuto si spenga, e che sia invitato a giungere dal nulla il seme di un mondo nuovo.

Immergiamo con consapevolezza il pennello nell’inchiostro, caricandolo spiritualmente, e semplicemente attendiamo.

Tutto è pronto, e siamo a disposizione della forza, senza fretta alcuna e con massima attenzione: attendiamo il balzo della tigre. E’ un animale poderoso che guata nella selva interiore, questa tigre di sogno che ha scosso l’ispirazione nello zen, e non sappiamo quando deciderà di sferrare l’attacco; ma non la temiamo perché in realtà siamo noi a tenderle l’agguato.

Ecco, arriva… il pennello è posseduto e a sua volta possiede la carta con fendenti di spada, aprendo vie dell’inchiostro dove procede il fremito inesauribile e gioioso della vita. Il tutto si compie in pochi istanti sfuggiti al tempo. Se nel partecipare a questo gioco troviamo una gioia inspiegabile, vuol dire che abbiamo colto nel segno; altrimenti dobbiamo sapere che ci stiamo avvicinando, con la fiducia incrollabile che ogni volta la mira si rende più precisa.

Le fasi salienti del processo sono la preparazione insieme all’attesa del moto dell’ispirazione, l’istante della creazione, la meditazione dei tratti impressi. Quest’ultima fase è di grande importanza, poiché stimola l’intuizione e favorisce la maturazione interiore. Evitando il giudizio, ci si impegna a riconoscere le qualità energetiche dei segni impressi, utilizzando gli errori come opportunità di crescita. Il segno potrebbe, ad esempio, risultare poco fluido, banale e ripetitivo, esprimendo scarsità di linfa vitale; ma ciò non dovrebbe avvilirci, anzi dovremmo rallegrarci di averlo riconosciuto. Si procede, esercizio dopo esercizio, con gratitudine per gli errori, dato che essi ci permettono di rettificare il percorso.

Vedremo che man mano il segno si decanta, assumendo brio e una fantasiosa espressività, un’eleganza spontanea e una perfetta-imperfezione che palpita di vita interiore. Cosa ancora più importante, ci accorgeremo che, nel momento del balzo della tigre, quando la mano con il pennello scatta seguendo le linee imponderabili dell’energia, la nostra anima può seguire il movimento con perfetta immedesimazione, partecipandolo dall’interno del gesto; ed è allora che si libera il getto rinfrescante della gioia.

La meditazione calligrafica, per approfondirsi, dovrebbe essere praticata quotidianamente e seguendo un ciclo di almeno quindici giorni. Può essere un ottimo esercizio di apertura di una sessione creativa, dato che risveglia e corrobora il potere segnico. Una volta affinata, l’espressione calligrafica può essere una forma artistica compiuta, o costituire l’ossatura di una più complessa elaborazione creativa; ad esempio, alcuni dei miei dipinti si sviluppano da una base calligrafica.

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