L'arte insegna all'uomo la responsabilita' della creazione.
Quando diventa una preghiera, la divinita' interiore e' risvegliata.

Satvat

domenica 13 marzo 2011

Crhomo Sapiens - il tramonto del pop

Pablo Echaurren - Crhomo sapiens
Chromo sapiens, la mostra di Pablo Echaurren alla Fondazione Roma Museo, è un contenitore di diversi temi e linguaggi artistici, quasi una rassegna di ciò che l'artista ha elaborato nel corso della sua carriera. Però, a mio parere, l'impianto complessivo dell'esposizione ha un significato specifico e importante, forse superiore alle intenzioni dello stesso autore: una meditazione sulla sostanza del Tempo, che realizza, non senza sconvolgimento, la sua definitiva illusorietà. 

La prima sala, dedicata a Roma, è la chiave di volta di tutta la mostra: nelle tele l'artista si è sforzato di celebrare il fasto storico, politico e metropolitano della Capitale, ma le icone che egli ha elaborato risultano quasi caricaturali, irrisorie, così come le eccessive colature e schizzature del colore, che tendono a svilire le suggestioni pittoriche, non a dinamizzarle. Credo che di questo Pablo Echaurren non sia stato affatto ignaro, tanto che ha posto al centro della sala un umbilicum urbis che è un mosaico in bianco e nero raffigurante dei teschi; un'eco di vanitas, come a sbugiardare il grande e potente teatro della forma. La morte vanifica il tempo, insieme ad ogni progetto e ad ogni illusione, annichilendo persino la volontà imperitura del mito; questo mostra la scultura della lupa capitolina sotto la quale troviamo due teschi, invece degli ancestrali progenitori. 

Roma trionfalmente decadente è però anche metafora del declino dell'Impero orgoglioso della modernità. Ma c'è un risvolto esoterico: non vi è semplicemente il manifestarsi di una dissoluzione bensì il richiamo ad un solve apocalittico. Mi sono accorto che da tutta la mostra (e soprattutto dalle  opere recenti) promana la furia divorante del mitico Serpente Piumato dei Maya, i quali avevano profetizzato, proprio nell'epoca attuale, la fine del Ciclo cosmico. Vi è nei dipinti, e ancor più nelle "glottesche" ceramiche di Faenza, un brulichio di incastri divoratori, di ritorcimenti uroborici che rigettano l'energia alla matrice essenziale, di copulazioni frenetiche senza speranza di generazione. Pablo Echaurren pare sentire visceralmente il dramma attuale di una fine senza promessa di risurrezione, perché tutto ciò che siamo stati finora e tutto ciò che abbiamo orgogliosamente costruito non contengono ormai alcuna realtà possibile, alcuna premessa di sviluppo. 

Paradossalmente l'artista comunica questo con l'evidente contraddizione del linguaggio del pop; infatti, proprio perché il pop è strettamente legato all'episodicità del tempo e alla globalizzazione massmediatica, è per sua natura inadeguato a un'indagine nel mistero dell'Anima. Ed è sempre più chiaro che, al punto in cui siamo, solo tornando all'autenticità spirituale dell'Essere potremo partecipare alla creazione di un Nuovo originale e rigenerativo; in altre parole dobbiamo spogliarci dell'abito illusorio del tempo e riconoscere la nostra eternità essenziale, e da ciò essere liberi di intuire e di fluire. Non a caso il vero genio della mostra (come dice il titolo) è il colore, potenza primigenia dell'Anima che il pittore, al di là delle stanche sguaiatezze di genere, declina con saggezza intuitiva. 

Come abbiamo detto, possiamo vedere in questa mostra il tramonto definitivo del pop, trasceso virtualmente dallo stesso artista con il suo lavoro ceramico e scultoreo, che mostra senza ironia inattesi richiami classici. Tuttavia il maggior fascino dell'esposizione è proprio nel moltiplicarsi delle contraddizioni, dei riflessi incongruenti e delle teatralità impotenti, perché Echaurren ci scuote ma non ci seduce a credere nella verità univoca del suo incantesimo; perciò infine dobbiamo interrogarci con spietatezza, e stabilire noi stessi ciò che è vero. Una piccola scultura presente nella mostra ci ammonisce a questa introspezione: uno scheletro genuflesso porge uno specchio ed esibisce un rutilante cuore costituito da un opale di fuoco, come a dire che solo spogliandoci di noi stessi - dell'ego - possiamo rifletterci nella nostra più autentica natura e connetterci alla saggezza del cuore; vorrei aggiungere per inciso che l'opale di fuoco è proprio la pietra della saggezza e proviene dal Messico, la terra dei Maya.

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