L'arte insegna all'uomo la responsabilita' della creazione.
Quando diventa una preghiera, la divinita' interiore e' risvegliata.

Satvat

martedì 30 settembre 2014

L'ultimo dipinto di Wu Tao


   Il sole sta scendendo dietro i picchi aguzzi, spargendo nel cielo un appassionato rossore che infiamma le nuvole vaganti senza meta. Come pregustando la notte ormai prossima, la valle inizia a coprirsi, là in fondo, con un mantello di nebbia leggera. L’uomo siede sul suo masso preferito, una pietra larga e piatta a cui la sua immaginazione ha conferito l’anima di una tartaruga antica come il mondo. Da lì sopra, Wu Tao, il pittore pazzo, ha la sensazione d’assaporare una prospettiva ancestrale, come se il fatto di stare su quel seggio magico, scolpito nei millenni dagli elementi, lo ponesse nel centro originario della creazione. A godersi lo spettacolo delle forme della natura, quasi che queste fossero internamente sospinte da un incerto fremito primordiale, ancora non pienamente formate, almeno non concluse, perciò sature di forza e mistero. Infatti la sua mente, sospesa, non le fissa né le compone insieme interpretandole nell’ovvio, cosicché ogni cosa sembra balzare all’istante dal Nulla, ignota e sorprendente.
   Da ogni parte un agguato alla sua anima che si scuote beatamente nello stupore. Contemplando il rovo intricato e flessuoso, egli segue le nervature di una calligrafia atavica che decanta l’Origine del mondo senza spiegazione plausibile; eppure la visione ha il prodigio dell’illuminazione, a cui partecipano le molte ragnatele che, sulla pianta, lampeggiano al ritrarsi del sole. Nel giardino costeggiato dall’alto bambù, molte pietre dalle forme bizzarre, impresse dalla Natura, giocano con le loro ombre disegnando draghi e altre possibili creature fantastiche. Sono l’unica collezione del pittore, che le ha incontrate, scelte e amate nel corso della sua vita; le ha disposte con la cura del giardiniere, in modo che fiorissero di sempre nuove immaginazioni, rispondendo ai giochi della luce, all’azione degli elementi e all’alternarsi delle stagioni. Non di rado egli ci conversa, come con gli amici più cari; ma ancor meglio sono sentinelle silenziose che lo distolgono dal torpore, pilastri immarcescibili di un mondo caro ed ineluttabilmente effimero.
   Il suo mondo semplice, minuto e intimo, sprofondato nella vastità mozzafiato del paesaggio, là dove fiorisce il susino e si ascolta il sussurro argentino del ruscello. Questo tutto partecipa pienamente alla sua vita con sublime indifferenza, fluendo nel mutamento che governa naturalmente questo luogo della quiete, celebrata nel vivere quotidiano con la presente-assenza della meditazione. Ma esso è anche teatro di pericolosi duelli di pennello che, come spada, traccia con il sangue dell’inchiostro la demarcazione tra la morte e la vita.
   Il pittore sa che la pittura dipende dalla danza impeccabile del suo polso per essere viva, e che il suo polso dipende dall’istinto sovrumano del suo cuore, e che questo dipende dalla capacità di morire nel relativo per rinascere nell’assoluto. Egli sa che lui stesso, prima ancora del suo dipinto, deve liberarsi interiormente dalla finitezza, affinché dal fondamento della forma dipinta possa scaturire l’eco immortale della libera immensità. Se ciò avviene, allora né il fiume yin né la montagna yang sono finiti dal pennello come cosa morta, bensì restano fluidi, viventi nel Sogno originario da cui provengono tutti i fiumi e tutte le montagne. Potenti nell’indefinibile verità del Tao.

  Questo è il miracolo che Wu Tao prega da lungo tempo, da quando ha appreso ad accarezzare intensamente col pennello carico d’inchiostro la carta sottile e bianca simile alla pelle di una donna, come questa sensibilissima cassa di risonanza. Infatti la carta risponde con spietatezza femminile, incapace di mentire, amplificando umoralmente sia le virtù che le pecche del sentimento virile del pittore; si lascia docilmente fecondare dal segno nutriente e ispirato, tanto quanto reagisce con macchie inconsulte e irreparabili al gesto rozzo o titubante.
   Riguardo a questo, Wu Tao ha imparato a danzare come un amante esperto, signore del pennello sicuro; agitandolo con impeto saggio, sa come attivare le mille semenze fluide celate nell’inchiostro per dare vita alle creature della sua immaginazione: i raffinati elementi del paesaggio, qui una tigre fiera sulla roccia, là un’aquila ebbra del volo, e anche un possente dragone che affiora dalle nubi. Egli ha studiato come cogliere il flusso del mutamento pure nelle cose inerti, come una pietra, una casa e ogni altro oggetto, poiché in nessun modo è possibile dipingere una cosa priva di vita.
   Tuttavia, il sentimento empatico e vitale che il pittore prova nella contemplazione interiore di ciò che intende ritrarre non riesce ad innescare pienamente l’esercizio formativo del pennello. Così ogni cosa dipinta, pur con somma perizia, resta piatta sulla carta, incapace di librarsi poiché ha appena l’apparenza della vita; nonostante il lungo apprendistato, lo studio continuo e le sue inesauste meditazioni, il pittore riesce solo a comporre un mondo fastoso e attraente, ma popolato da cadaveri. Egli pensa questo quando si lascia prendere dallo sconforto; altre volte riconosce alle sue creature una vita limitata e spettrale entro i confini del foglio. Inutilmente i suoi amici e i molti ammiratori della sua arte si dichiarano entusiasti; lui continua a cercare il segreto della vita, macinando sulla pietra da inchiostro le proprie speranze e amarezze.

   Dopo essersi dato generosamente nel giorno, il sole è quasi completamente tramontato, scomparendo per rigenerarsi. Come lui, Wu Tao è stancato dai molti anni vissuti sull’onda alta della sua energia e anela al riposo nel grembo oscuro del Tao, tornando all’Origine. Eppure, prima di lasciare le sue membra, il suo giardino e la sua pittura, vorrebbe saper rendere questa immortale, almeno una volta. In modo da comprendere il segreto sfuggevole del Tao che conduce al palazzo degli Immortali, la più alta realizzazione del destino umano.
   Rientrato nella sua capanna, egli accende il lume e prepara sul fornello del tè e un po’ di riso. Ha bisogno di poco, e già lo chiama la luna piena che galleggiando si alza nel cielo. E’ un appuntamento atteso da molti giorni. La incontra all’aperto, stagliata sul manto scuro della notte; il suo chiarore nasconde le stelle, disegna il profilo degli alti picchi e tesse nella valle una ragnatela d’argento che ricopre ogni cosa, rendendola visibile. E’ una luce fluida che il pittore beve con gli occhi, mentre contempla le rivelazioni del paesaggio. Nel nuovo abito fantasmatico, ogni piccola cosa si rende significante e misteriosa. Lei sì, la grande pittrice, traccia senza polso il più alto incantesimo, suscitando nella materia addormentata la danza fulgente degli spiriti.
   Il pittore pazzo la contempla con trepidazione sapendo che tutto lei potrebbe insegnargli; ma, in mille notti come questa, egli ha inutilmente cercato di auscultare il battito silenzioso del suo cuore astrale. Troppo alto e distante, irraggiungibile anche col più folle struggimento. Ma sempre, invisibili funi d’argento lo arpionano nell’anima cercando di trarlo in alto, per congiungerlo al mistico amplesso a cui lui è incapace d’approdare. Perciò prova un dolcissimo dolore, lo stesso che conosceva nelle braccia dell’amata da troppo tempo scomparsa.

   Infatti nelle notti della luna trionfante Wu Tao può finalmente ritrovarla, e chinare il capo sul suo seno intangibile, profumato dall’umidità silvestre, che respira lieve nell’oscurità. Allora egli resta immobile e sorridente, sussurrando il dolce nome che non osa pronunciare nel giorno per non essere disilluso. Stanotte lei è ancora più vicina, e giunge ad accarezzarlo su una guancia con il volo di una falena. Con un brivido lui alza lo sguardo e la luna, immensa, si precipita nei suoi occhi soffocandolo quasi con la sua vastità, riempiendo di miele lucente ogni ricettacolo dell’anima sua. Ormai è dentro, padrona, ed egli si arrende con gratitudine. E’ questa la morte? No, è la vita nel suo più smagliante sorriso. Perché lei, l’amata, è lì e gli sorride tendendogli le diafane braccia. L’uomo vi si tuffa con tutto l’impeto del cuore, temendo sia un sogno destinato a svanire all’istante, invece lei lo accoglie sofficemente mostrandosi magicamente reale pur nell’assenza del corpo. Chi potrebbe dire quanto restano abbracciati nella sospensione che non conosce il tempo? Ubriacato d’amore, il pittore non ha domande, ma lei comunque risponde sulle note di un flauto fatato:

    - Amore mio, sbagli nell’essere insoddisfatto della tua pittura. Il tuo spirito ha scandagliato a fondo l’oceano dell’inchiostro e i suoi segreti, e il tuo pennello è temprato come la spada dell’Imperatore Giallo. Quando fendi la vergine carta con la scia della tua immaginazione, l’intero Universo si apre distillando vigore nelle tue creature. Ma tu cerchi la loro vita nell’ambito ristretto del foglio, che è troppo esiguo per contenerla. Volgi piuttosto lo sguardo nelle profondità del cuore, e vedi -.

   Wu Tao, il pittore pazzo, non è abbastanza pazzo da comprendere, allora lei sorride e trae dalla manica fluente un pennello d’oro con cui lo tocca al centro del petto. Il cuore dell’uomo si dischiude all’istante come un’ostrica che assapora l’oceano, rivelando un interno misterioso e costellato di perle lucenti. Ogni perla è come un’iridescente bolla di sapone che traspare il proprio interno, e in ognuna di queste perle che si moltiplicano all’infinito si manifesta uno dei dipinti che l’artista ha creato nel corso della sua vita operosa. Ogni pittura è alimentata da ben altra linfa che l’inchiostro, da un sangue di drago che la rende propriamente viva, autonoma e selvaggia. 
   Il cuore si espande a dismisura oltre l’orizzonte, per contenere tutti i paesaggi che il pittore ha visto e formato con le linee scaturite dal suo pennello; mille monti, mille fiumi, mille valli si uniscono armoniosamente agli alberi, ai muschi, alle nuvole e alle nebbie, proiettando diecimila prospettive di una visione che magicamente tutto comprende. Si può prendere ogni sentiero, nuotare in ogni onda, addentare ogni frutto succoso, cogliere ogni fiore profumato. E in questo rutilante e grandioso spettacolo, che è possibile vivere ma non definire mentalmente, corrono e volano tutti gli animali che il pennello di Wu Tao ha partorito, insieme alle molte donne sconosciute che ha corteggiato sulla carta, e alle miriadi di persone che egli ha ritratto nelle svariate occupazioni. Un mondo infinito in continua trasformazione, che il pittore estasiato riconosce in ogni pur minuto particolare, poiché tutto gli appartiene intimamente.
   A tutto ciò si è dedicato con passione, tutto ha amato facendolo suo per sempre. Guarda incredulo l’amata finalmente ritrovata, e lei lo invita a guardare nuovamente, questa volta da una maggiore distanza, da cui è possibile riconoscere un quadro complessivo in cui tutto si unisce, muovendosi a spirale nel crogiolo della Vita. Là dentro gira il carosello interminabile delle forme, con la sua musica di risate, gemiti e canzoni, con ogni notte, alba e tramonto. Con un tuffo al cuore egli vede anche il viso dell’amata risucchiato nel magma vorticante, ma sorride quando contempla il suo proprio volto che l’accompagna fondendosi in quel Nulla che è Tutto, che Se stesso è. Con vertiginoso distacco sa che questo è il suo volto originale e che il palazzo degli Immortali è da sempre la sua dimora, oltre il tempo e lo spazio.

Satvat 2014

giovedì 25 settembre 2014

Consulenze on line con Satvat


Ho iniziato a dare consulenze via internet su richiesta di alcuni allievi che, dopo aver partecipato ai miei seminari, sentivano l’esigenza di approfondire il percorso in modo personalizzato. Nel tempo, questa agile formula di condivisione si è estesa a nuove persone che, spesso dopo aver letto i miei libri, hanno il piacere di avvalersi della mia esperienza e della mia visione, ma trovano difficoltoso viaggiare per frequentare i corsi o per ricevere sessioni e lezioni individuali.

Questo tipo di esperienza si è mostrata ricca di potenzialità, poiché così posso seguire molti amici, conosciuti e non di persona, in modo individualmente dedicato, ed essi risparmiano costi e spostamenti.

In assonanza con la saggezza dell’alchimia creativa che presento nelle mie pubblicazioni, il mio supporto all’evoluzione individuale si sviluppa in molti modi, mediante letture arteterapeutiche di vario tipo, suggestioni e consigli creativi, esercizi e meditazioni, percorsi di crescita personale e di formazione. La modalità di condivisione a distanza facilita questa trasmissione, sia nei singoli interventi che nei lavori continuativi.


SESSIONI DI ARTETERAPIA EVOLUTIVA

Con le sessioni individuali di arteterapia evolutiva è possibile esplorare un tema specifico, riguardante le attitudini e le esperienze di vita della persona, oppure esse possono essere intese a sviluppare la conoscenza di sé in un quadro generale. Mediante le comprensioni dell’arteterapia evolutiva, in entrambi i casi si ricevono delle indicazioni preziose sul percorso dell’evoluzione personale e sul processo creativo che può favorire la crescita.


LEZIONI DI ARTE MEDITATIVA (pittura, disegno, scrittura)

Le lezioni individuali di arte meditativa facilitano lo sviluppo del talento personale e dell’ispirazione nei campi della pittura, del disegno e della scrittura. Ricevendo e sperimentando le appropriate suggestioni, l’impegno creativo risulta naturale, appassionante e illuminante. Ogni individuo, anche se spesso si mantiene al minimo del potenziale, è dotato di speciali facoltà creative che si manifestano quando sono coltivate con amore, dedizione e sapienza.



PROGRAMMI DI RECUPERO CREATIVO

Molto di frequente, il talento creativo che naturalmente ci spetta è latente poiché è inibito dai condizionamenti subiti. In questo caso, la persona non dispone di un mezzo straordinario per rilassarsi in modo ludico, per sperimentarsi interiormente quanto nell’applicazione delle proprie facoltà artistiche, per assumere consapevolezza di sé e per formarsi vitalmente nella creazione del nuovo. Eppure non occorre molto per liberarsi dei pesi che arginano il flusso della creatività, basta una voglia sincera di sperimentare i passi che riconducono a se stessi e al fecondo esercizio del proprio talento. E’ una Via di continue scoperte, ricca di gioiosità e risveglio.

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PERCORSI DI FORMAZIONE NELL’ARTETERAPIA EVOLUTIVA

Questo percorso di formazione artistica e di riconnessione al Sé nel senso evolutivo, applica un complesso di metodologie e di conoscenze, sia creative che esoteriche, le quali si sono conformate in molti anni di sperimentazione delle potenzialità dell’arteterapia evolutiva. Di questo parlo estesamente nei miei libri, ma per crescere al meglio su questa Via è importante l’esperienza diretta. Infatti questo percorso di formazione va oltre l’esposizione generale che può essere ampiamente condivisa, dato che per ogni individuo esso si rende unico e individualmente conformato. Se gli esercizi e le informazioni esoteriche dell’arteterapia evolutiva hanno un valore universale, per ogni persona questi mezzi devono coniugarsi in un modo originale e specificamente orientato. Nel rispetto, nella cura e nello sviluppo dell’unicità individuale, si compie la riappropriazione del potere creativo e si realizza, con la piena attivazione dell’emisfero destro del cervello, l’accesso all’Anima.

mercoledì 17 settembre 2014

Arte del rinnovamento



Cari amici di Artista Interiore,

il mese di settembre è sempre stato per me un periodo di trasformazioni interiori e di nuovi progetti. Quest’anno lo è più di sempre. Su quest’onda alta, anche il blog avrà un nuovo inizio, arricchendosi di nuovi contenuti, più stimolanti e frequenti, come di brevi racconti e mini-lezioni di creatività meditativa.

Durante l’estate ho portato a compimento la stesura del mio nuovo libro ARTETERAPIA EVOLUTIVA – l’arte per espandere la coscienza. Si tratta di un’opera molto completa e significativa, che rende organicamente la ricchezza della ricerca creativa e spirituale che mi ha guidato in questi anni, e che ho condiviso con i miei seminari, con le mie sessioni e con le mie altre pubblicazioni. 
Ritengo che l’arteterapia evolutiva possa rispondere a molte domande fondamentali che riguardano il percorso evolutivo dell’uomo, e che sia quanto mai utile in questo momento epocale in cui siamo costretti a scegliere tra evoluzione e involuzione, ossia tra la potenzialità di creare una vita nuova e la distruttività senza via di uscita. Questo perché essa scopre e applica le naturali potenzialità creative che sono sincroniche al flusso rigenerativo della vita, ma di cui attualmente l’essere umano è drasticamente espropriato. Essendo una potente Via di autoconoscenza, di guarigione animica e di trasformazione interiore, l’arteterapia evolutiva ha il compito formativo di un nuovo modo di percepire, meditare e creare, da cui può sorgere l’uomo nuovo che non ignora i propri tesori e gioisce nel condividerli.

Per questo, la condivisione del mio lavoro didattico si è intensificata nell’ultimo periodo. Da circa un anno, su richiesta di alcuni allievi, ho anche avviato, utilizzando la potenzialità di internet, la condivisione per corrispondenza di sessioni, lezioni e percorsi formativi personalizzati. Questo tipo di lavoro, per me nuovo e interessante, sta dando esiti brillanti poiché consente una comunicazione immediata che si svolge nel modo più agevole, maturandosi nel tempo. Al contempo, gli allievi possono risparmiare sui costi e sugli spostamenti, potendo contare su suggestioni puntuali e individualmente dedicate. Per quella che è stata sinora la mia esperienza, credo che questo nuovo mezzo di trasmissione e di confronto creativo possa facilitare moltissimo la condivisione del lavoro con l’arte meditativa e con l’arteterapia evolutiva.

Un ulteriore progetto, presto operativo, è quello di una nuova collana editoriale, da me gestita, che presenterà alcuni speciali libri di narrativa, che sto scrivendo seguendo una straordinaria ispirazione, i quali sono dedicati a un pubblico accorto e geniale. La collana si chiama Peradam (come i cristalli che nel Monte Analogo di René Daumal hanno l’autentico valore) e i suoi libri sono preziosi "cristalli curvi che trascendono le coordinate ordinarie della lettura e illuminano le rifrazioni dell’Anima". I libri-peradam potranno essermi richiesti direttamente, ma anche essere ordinati nelle librerie e sul web.

Auguro a tutti voi una potente ispirazione e un amorevole rinnovamento.

lunedì 18 agosto 2014

La coltura artistica





La Storia mostra, con abbondanza di esempi, che quando gli artisti sono più creativamente vitali e si riuniscono, promuovono un significativo rinnovamento che investe ogni aspetto della società e del costume. Tale trasmissione avviene in modo spontaneo quanto misterioso, e può occorrere del tempo prima che se ne possano apprezzare gli effetti. Più è alta la fiamma dell’arte, tanto più rapidamente accende gli stoppini dell’anima degli uomini. 
Si può anche valutare che la migrazione degli artisti in aree depresse risolleva le stesse dal degrado, formando centri pulsanti e operativi da cui si diffonde, in modo ribelle, la nuova cultura. Questo è avvenuto, ad esempio, dagli anni Quaranta nel Village di New York, continuando ad estendersi in molte città americane. Lo stesso si era prima verificato a Parigi, nelle fucine di Mont-Martre e Montparnasse dove, lavorando al crogiolo dell’anima creativa, si forgiò l’istinto libertario dell’uomo moderno. 
Attualmente, l’esempio evidente di tale processo è Berlino dove, pur nella confusione che attanaglia l’arte contemporanea, gli artisti si sforzano nel dare nuovi impulsi. In fondo agli artisti importa poco che il sistema economico li utilizzi come agenti del risanamento per innalzare gli indici del mercato immobiliare, se trovano l’occasione per lavorare ed esporre in modo quasi gratuito. Da altre parti, quasi ovunque per la verità, si fa di tutto per rendere impraticabile la vena creativa. 
Tuttavia l’arte pretende la maggior condivisione, perciò aborre i ghetti ma non cresce a meraviglia neppure nelle oasi. L’ambito più appropriato della sua coltura è il cuore dell’uomo, in modo che da lì, dal sacello palpitante dell’individualità, possa propagarsi viralmente contaminando benignamente l’umanità intera. Infatti tutti i cuori sono universalmente connessi nel mistero dell’Anima, e al livello del cuore gli antibiotici (anti-bios ossia anti-vita) della mente non hanno effetto. Questa è l’inesausta speranza, e non è poi tanto peregrina, se basta accendere una candela per disperdere anche la coltre più greve dell’oscuramento.

martedì 17 giugno 2014

Crisi e guarigione



Satvat - Città/fenice - aquerello su carta
La crisi che stiamo fronteggiando è ben più di un terremoto che investe il piano materialistico dell’economia; infatti basta poco per accorgersi che ci troviamo molto più impoveriti nell’anima e nel saper fluire con la vita che non nelle nostre risorse finanziarie. Le difficoltà dell’economia e del lavoro sono effettivamente il dato visibile di una crisi epocale che investe globalmente l’attuale progetto sociale e culturale, mostrando i suoi errori e chiarendo la necessità di una svolta evolutiva che sia orientata da una salutare riconnessione con l’Anima. La società umana non è più capace di creare il nuovo e di progettare soluzioni intese al benessere comune, poiché individualmente non sappiamo più stare con noi stessi e con gli altri, non ci occupiamo di migliorare la qualità della nostra vita, manchiamo di presenza e di brillantezza e siamo ottusi riguardo ad ogni possibile fermento creativo. 
Per il soffocante grigiore che ci attanaglia diamo la colpa alla carenza di denaro, tuttavia una maggiore circolazione monetaria non metterebbe di certo fine alla tristezza né aprirebbe prospettive innovative. Se fossimo più ricchi avremmo ovviamente meno problemi sul piano materiale e potremmo comperare le cose che siamo indotti a desiderare, ma basterebbe questo per la favorire la svolta necessaria e per farci sentire felici, davvero felici? La pubblicità continua a prometterlo, però è una sfrontata bugia. Vorrei invitarvi ad ascoltare con un po’ di attenzione ciò che dicono gli spot pubblicitari delle automobili, i quali, spinti dalla crisi del mercato impiantato sull’uso dei combustibili fossili ormai agli sgoccioli, giocano il tutto per tutto puntando a sollecitare strumentalmente le reali esigenze dell’anima. Essi parlano di libertà, dell’assaporare intensamente la vita, dell’estasi nel riconnettersi al Tutto, suscitando le giuste domande solo per fornire una scaltra e falsa risposta. Sembra che guidare quella particolare macchina possa donare il senso profondo dell’essere, sebbene sia chiaro questo non può essere conferito da alcun oggetto. Infatti alla guida della vettura più prestigiosa ed accessoriata resta il piccolo uomo stritolato dai suoi schemi e dai suoi conflitti, incapace di darsi una direzione innovativa e di godersi il viaggio. Così il consumismo sulla via del tramonto continua a corrompere strumentalmente le nostre intime aspirazioni, che in realtà possono essere appagate e fluire creativamente solo nei moti spontanei ed empatici della nostra interiorità, quando questa si sia spiritualmente maturata. 
Però la dimensione interiore è una direzione che abbiamo sbarrato lasciandoci attrarre dalla carta moschicida del materialismo, dove restiamo invischiati perdendo le facoltà del volo libero guidato dai sentimenti autentici. Negandoci le opportunità della sperimentazione soggettiva e spontanea insieme alla guida ispirata del “sentire”, veniamo limitati sino a divenire “l’uomo a una dimensione” di cui ha parlato Marcuse, e in tale dimensione appiattita e preconfezionata siamo ridotti ad un’esistenza meccanica e reattiva. L’uomo-macchina che il sistema vuole costringerci ad essere non può riconoscere né vivere alcunché di autentico, e rinunciando a porsi domande diviene sempre più insensibile ed ignorante; non ha coraggio, né dignità, né genio, e dal cemento che ha gettato sul proprio terreno emotivo non può fiorire la gioia. Quando sacrifichiamo ogni cosa vitale per il denaro e per una falsa sicurezza, inevitabilmente ci causiamo povertà e insicurezza senza speranze. La crisi attuale evidenzia tale paradosso, ammonendoci dell’assoluta necessità di superare la impasse in senso evolutivo, cosa che è possibile se resuscitiamo il senso profondo di noi stessi e della vita. Solo con questa prodigiosa reintegrazione di forze e di facoltà sensitive e creative possiamo rinascere a vita nuova; solo così, guarendo i traumi e le miserie, possiamo creare un reale benessere per noi stessi, per gli altri e per l’intero pianeta, risanando il processo distruttivo che abbiamo messo in atto.

giovedì 17 aprile 2014

L'errore di Faust




Mentre accende la candela nera, l’uomo si accorge che la mano gli trema, forse perché il cuore gli batte forte nel petto. Del resto quello che si sta accingendo a fare comporta una sofferta decisione, e certo non è esente da pericoli. Ma la scelta, costi quel che costi, è fatta. Dice a se stesso, per l’ennesima volta, che tanto, peggio di così non può andare. Passa velocemente in rassegna la sua vita allo sfascio, triste e ben noto spettacolo, per rafforzare il suo intento e vincere le ultime resistenze. Vendendo l’anima al diavolo potrà avere, ne è quasi sicuro, una vita nuova e più appagante. Il pensiero della dannazione eterna non lo sconvolge più di tanto; quello che soprattutto desidera è un veloce riscatto dalla frustrazione. Vuole godere di un indomito fulgore, mai conosciuto prima, fosse anche nelle fiamme dell’Inferno.
Non gli sfugge che è anche la sua vendetta contro un Dio ingiusto, che mai ha ascoltato le sue preghiere. L’Avversario invece lo ha cercato, ha cercato proprio lui, facendogli delle promesse di trionfo, finalmente. Una fiamma rabbiosa si accende nel suo cuore e lo riscalda  dall’interno. Quale che sia il prezzo da pagare, ne vale la pena per alzare la testa e addentare il frutto succoso della vita; e che sia peccaminoso, travolgente e estatico, almeno una volta, prima del buio sovrano.

Quanto è passato da quando il vecchio-bambino si è affacciato a chiamarlo, a sedurlo nei suoi sogni? Forse non molto, anche se quella paradossale figura ha assunto in qualche modo l’aspetto familiare di chi si conosce da sempre. Mentre porta avanti il rituale negromantico, l’uomo ripercorre mentalmente lo strano incontro. Quella notte era scivolato nel sonno senza accorgersene, mentre si agitava sul materasso che i suoi malumori rendevano un letto di spine. E lì l’aveva veduto, in modo molto più definito di quanto accade nei sogni ordinari. La morbida freschezza del bambino era mescolata in modo inquietante con il disseccamento della vecchiaia; ne veniva un’ibrida figura che incuteva timore insieme a speranza. La sua voce era come il fischio del vento, mentre gli diceva:

-          Perché soffri inutilmente? Se lo vuoi, hai il tuo tesoro, la tua anima, con cui puoi acquisire una vita infinitamente più ricca. Perché la trattieni invece di donarla, riscattando i doni che ti attendono? -

L’uomo non aveva capito né chi era il personaggio della visione né cosa intendesse. Tuttavia, anche se una volta sveglio aveva quasi dimenticato lo strano sogno, questo aveva cominciato ad imporsi con una forza misteriosa nel quotidiano. Quel viso impossibile di vecchio-bambino emergeva dalla folla nella strada, dalla fila all’ufficio postale, dal riflesso in una vetrina, come a chiamarlo; erano apparizioni fugaci, subito contraddette dalla realtà, ma da allora non lo avevano più abbandonato. Egli aveva pensato ad abbagli della sua mente esausta, possibile anticamera di una spaventevole follia. Aveva tentato inutilmente di distogliersi da quelle visioni, e non cessava di pensarci. Infine, mentre vari prodigi continuavano a verificarsi, quel messaggio aveva assunto un significato inquietante.

All’uomo era venuta in mente la storia del dottor Faust, che aveva venduto l’anima a Mefistofele in cambio di ventiquattro anni di gloria terrena. Non era forse quello ciò a cui lo invitava il vecchio-bambino, chiedendogli di cedere la sua anima per acquistare una vita migliore? Cercò e lesse la leggenda di Faust, trovandola intrigante nonostante il drammatico epilogo della sua dannazione. Per un bel po’ Faust se l’era spassata, togliendosi ogni soddisfazione, appagando ogni vizio, vendicandosi sui nemici e sbeffeggiando i potenti. Il potere magico che Mefistofele gli aveva conferito, lo aveva reso bello, giovane, ricco e invincibile. Aveva spadroneggiato ovunque, disponendo a piacimento dell’harem del Gran Turco come impadronendosi del vasellame d’argento del Papa; con la magia aveva posseduto ogni donna desiderata, e combinato tutti i tiri mancini che la sua immaginazione poteva suggerirgli. Non sono  questi i desideri nascosti di ogni uomo?

Poiché agognava a tutto ciò, l’uomo si era convinto che quel vecchio-bambino era effettivamente un emissario del Maligno. E le sue riflessioni, in modo sempre più ossessivo, ragionavano sul patto demoniaco. Che sarebbe successo se lui avesse accettato? Davvero aveva l’occasione di riscattarsi da quella vita miserabile? E la sua anima, che in nessun modo lui riconosceva, era forse un prezzo troppo salato?
A quel punto, mosso dalla curiosità, aveva letto alcuni libri sul satanismo che avevano rinfocolato il suo orgoglio e il desiderio di vivere con trasgressiva intensità. Sino ad allora aveva in qualche modo cercato di adeguarsi alla volontà, sgradita, di Dio, rendendosi debole e timoroso; e che aveva fatto Dio per lui? L’aveva forse soccorso? Riconosciuto? Soddisfatto? Restava lassù nell’alto dei Cieli, indifferente, mentre l’uomo annegava nel patimento.
Invece il diavolo lo aveva cercato e gli aveva fatto una proposta di possibile riscatto, tanto da apparirgli come un vendicatore che agiva con il fuoco delle passioni, il Signore delle tenebre che, al suo prezzo, poteva conferire un potere sovrumano.


Giunto alla conclusione del rito, l’uomo fa sgorgare il proprio sangue tagliandosi con una lama e pronuncia la terribile frase del patto… Aveva fantasticato su quello che sarebbe successo, ma in apparenza non accade nulla, si sente solo terribilmente confuso e spossato. Però ormai è fatta, la sua anima non gli appartiene più ma  in cambio ha molto da riscuotere; tiene con caparbietà questa speranza per ignorare la propria istintiva disillusione. Dice a se stesso che, anche senza effetti speciali nell’immediato, la sua vita è ormai destinata a cambiare e, colto da una sonnolenza irrefrenabile, va a dormire.

E’ buio. Il vecchio-bambino lo osserva da una distanza siderale alta nel blu di un cielo pieno di stelle. L’uomo non riesce a vederlo, ma intuisce il suo sguardo severo che penetra infiniti anni-luce. Tutt’intorno brulica la sensazione di un vasto oceano che respira espandendo e contraendo onde invisibili e possenti. Questo origina una sinfonia caotica, sussultando come una risata sarcastica che attacca le rocce frastagliate e scure dove l’uomo poggia i piedi. All’improvviso è terremoto e l’uomo deve fuggire, inseguito dall’eco della risata  che frantuma la pietra. Ruzzola lungo un pendio ovattato e soffocante, dove corrono spettri filiformi e fluorescenti. Infine riesce a rialzarsi, ma si trova negli stretti corridoi di un labirinto che, minacciando di schiacciarlo, lo costringono a correre nella vana ricerca dell’uscita. Terrorizzato, egli invoca il diavolo, il suo nuovo protettore, pur temendo che il luogo in cui si trova sia l’Inferno, come risultato del suo agire sconsiderato.
A cavallo di uno sbuffante grifone di cristallo, la cui luminescenza disgrega le pareti pietrose del labirinto, appare il vecchio-bambino mostrando la pergamena del patto demoniaco siglata con il sangue. La sua risata è un’ala grandiosa che turbina il vento torrido del deserto, mentre le sue labbra schioccano parole con l’effetto drammatico di vetri infranti:

-          Qui, nel tetro labirinto che tu stesso hai creato, hai affisso questo proclama della tua enorme stupidità. Ti avevo chiamato al risveglio dell’anima, ma tu hai tradotto le mie parole con la tua logica corrotta, che ti ha portato a venderti al diavolo. Diavolo che, seppure esistesse, non potrebbe certo riscuotere il suo debito. Infatti si può cedere solo ciò che si possiede, e difficilmente potresti affermare che l’anima sia una tua dote.
In verità, posso dirti che non hai quasi più un’anima, poiché molto tempo fa, inconsapevolmente, hai già siglato un simile contratto. E’ accaduto quando hai indossato la maschera di ferro dell’ego per non riconoscerti, quando hai preferito l’avere all’essere, quando hai chiuso il tuo cuore all’amore e allo stupore, quando hai preso ad afferrare con l’artiglio del desiderio, quando hai preteso di sapere rinunciando all’innocenza, quando hai fatto della bellezza una merce, dell’immaginazione un sogno impotente e dell’azione un mezzo. Ti sei compromesso per vivere in superficie, mendicando una sciocca soddisfazione, e così facendo hai rinunciato alla dimensione della profondità che è il regno dell’Anima, dove hai dimenticato i tuoi genuini tesori. Hai trattenuto la tua anima nell’ignoranza, impedendole l’espansione che è il suo diritto universale.

Cos’è, pensi che l’anima sia una tua nebulosa appendice di cui puoi arbitrariamente disporre, che puoi mercanteggiare nel mondo dell’illusione? Solo se si dona l’anima alla  Vita si realizzano i doni dell’Anima, che alla Vita appartengono. Infatti  l’Anima è il fiore d’oro che si apre in tutto ciò che sboccia nell’Universo; ma in te ne hai permesso solo la radice dormiente, quel poco che ti mantiene in vita.
Quando ti ho richiamato alla speranza di rigenerare il tuo giardino disseccato, hai piuttosto cercato di svellere la radice stessa dell’essere, dato che saresti pronto a sacrificare alle tue illusioni anche quella piccola scintilla che senza cura mantieni. Tuttavia questo non è affatto in tuo potere! - 

La risata risuona ora con un’enfasi selvaggia che incendia il cielo con un’insopportabile aurora. Vengono schiere splendenti di angeli che lo sguardo non può sostenere…


L’uomo si sveglia travolto da singhiozzi irrefrenabili. Vergogna. Pentimento. Ad occhi chiusi cerca all’interno una caverna oscura dove rifugiarsi, dimenticandosi di sé e del proprio imperdonabile  errore. Le lacrime lo lavano come un fiume impetuoso che agita i detriti taglienti dei pensieri. In superficie, il tempo scorre così nel caos; ma, mentre continua a piangere senza sapersi arrestare, l’uomo è attratto all’interno come da un potente magnete.

Più dentro, al di sotto dei pensieri e delle emozioni che ormai stentano a trovare di che alimentarsi, sta sempre più scivolando nel nulla di un’assenza pacificante eppure terribile, perché terribile è questa spada fatta di nulla che recide ogni legame con il mondo. Un mondo prima odiato, ma per cui ora prova una nostalgia dilaniante, senza tuttavia poter sentire alcun senso d’appartenenza. Nella piena contraddizione, questa spoliazione assoluta  continua a svolgersi inesorabile, com’è inesorabile il vuoto mortifero che, lui lo intuisce, lo attende nel fondo.
Infine cessa d’opporre resistenza: non gli importa più di niente ed è pronto a morire, con sovrana indifferenza più che con rassegnazione… Ma proprio adesso, all’improvviso, risplende un bagliore del lume eterno della Vita.


Lo schermo buio si popola di immagini che scorrono liquide e distanti, mostrando lo spettacolo visto dall’anima pre-nata dell’uomo. Essa non ha sostanza e aleggia come un vento leggero nel panorama della Creazione. Non può soffermarsi, ma gioisce dei repentini spostamenti nell’aria; ancor di più quando incontra un oggetto, lasciandosi da quello assorbire durante il breve tempo del proprio passaggio. Allora, è solo un istante, partecipa dell’intima presenza dell’oggetto, amplificando lo splendore. Nel gioco che la governa, diviene un attimo fiore, un attimo animale strisciante, un altro uccello, un altro ancora albero fronduto, e molte altre cose.

Vorrebbe però prolungarsi nel sentire, e si sforza di aderire ancora un poco all’incontro immediato con le forme viventi. Resiste nel non mollare la presa, e si accorge di poterlo fare perché ora ha un corpo, con mani pronte ad afferrare e occhi capaci di fissare con lo sguardo.

L’anima neonata dell’uomo esulta dei suoi giocattoli viventi, di cui ormai non sa più auscultare il cuore, ma essi sono così attraenti e sorprendenti che a lei non importa. Gioisce nel poterli spostare e governare a piacimento. Si sente potente, ma all’improvviso qualcosa la ferisce, la sua mano è trafitta dalla spina di una rosa.
Sente salire un’emozione sconosciuta, che è un fuoco di rabbia, e prova l’impulso di distruggere quel fiore, perché le ha provocato dolore e lei reagisce. E’ pronta all’odio capace di frantumare, ma la magnifica rosa la richiama, stregandola con il profumo, al centro della corolla.

Come l’ape ebbra, l’anima bambina dell’uomo penetra l’odoroso sacrario di petali, dimenticando il dolore provato.

Il fondo interno del fiore è fatto di un limpido liquore dove l’anima cresciuta dell’uomo si rispecchia. Così osserva se stessa confondendosi, e ciò che vede la innamora. Come Narciso, si avvicina incautamente per gettare l’abbraccio a quell’immagine attraente che non sa riconoscere come la propria, fino a caderci dentro. Annega e si sperde languidamente nel fondo spumoso, e facendolo si trova magicamente ad attraversarlo, scoprendosi nuovamente libera e in volo.

Allora capisce il segreto: qualsiasi sia il dolore nella vita, è la spina della rosa. La rosa dobbiamo cercarla, seguendo il profumo, perché non è sempre facilmente conoscibile. Il fiore va penetrato fino al suo cuore interno, che attende per restituirci la libertà incondizionata dell’essere.

venerdì 21 febbraio 2014

Arte e buonsenso


In un mio racconto, che ho pubblicato un po’ di tempo fa in questo blog, ho raccontato di una addetta alle pulizie che faceva piazza pulita di una istallazione d’arte contemporanea scambiandola per un accumulo di sporcizia. L’altro giorno è accaduto che una signora incaricata di pulire la sala Murat di Bari, in occasione dell’allestimento di una mostra, ha effettivamente mandato in discarica cinque opere d’arte contemporanea costituite da cartoni e pezzi di sughero scribacchiati. 

Oltraggio all’arte? Oppure semplice innocenza del buonsenso? Credo che se a un pezzo di cartone raffazzonato viene attribuito un valore di 15000 euro (valore di ciascuna delle cinque opere), la cosa dovrebbe indurre ad una riflessione. Innanzitutto su cosa è realmente arte, dato che quello che può essere scambiato per spazzatura probabilmente lo è, o almeno è difficile pensare che abbia la dignità creativa dell’arte. Ma siamo ormai abituati a questo spaccio insensato di brutture da parte dei pusher del mercato dell’arte, che è il cancro che divora la cultura, e l’imperdonabile sofisticazione non suscita (purtroppo) le legittime rimostranze, anzi non mancano coloro che, complici o solo ignoranti, la giustificano o addirittura la osannano in nome di una arbitraria libertà d’espressione. Un vino adulterato è robaccia, ma guai a dirlo della cattiva arte! 

Perdonate la franchezza, ma credo che l’addetta alle pulizie in questione si sia comportata né più né meno come il bambino della favola del Re nudo, e che come tale sia innocente. Non direi lo stesso degli artisti e dei curatori che promuovono l’avvilimento brutale dell’arte, divenuto ormai dominante. Chi intende dominare un popolo per prima cosa procede a distruggere la sua cultura, ed è quello che si sta facendo con questa arte-spazzatura, con la politicizzazione e l’ossessione finanziaria della pseudo-arte contemporanea, con i tagli alla cultura vera e con l’eliminazione dell’insegnamento artistico nelle scuole (già mal fatto e sofferente). Personalmente mi diletto a sognare che una schiera di addetti alle pulizie, per semplice buonsenso, proceda all’eliminazione degli obbrobri che l’arte contemporanea ci propina e a caro prezzo. Pensiamo ad esempio a quel gigantesco corno rosso istallato davanti alla Reggia di Caserta con un impiego iperbolico del denaro pubblico. 

Per fortuna gli addetti alle pulizie si danno da fare. Uno ha stuccato un buco nel muro del Mart, il Museo dell’arte di Ravenna, chissà come mai senza accorgersi che si trattava di un’opera d’arte. Un po’ di tempo fa, al Palazzo Reale di Genova, una signora delle pulizie vuotò un posacenere pieno di cicche maleodoranti senza capire che faceva parte dell’istallazione di un famoso artista, il quale ottenne uno spropositato risarcimento. Ma certo non bastano gli addetti delle pulizie per sanare lo scempio. Tutti noi dovremmo ritrovare il buonsenso e la capacità critica, insieme alla genuina sensibilità artistica che riporti in auge un’arte che nutra l’anima e renda feconda la visione.

Il mio racconto: