L'arte insegna all'uomo la responsabilita' della creazione.
Quando diventa una preghiera, la divinita' interiore e' risvegliata.

Satvat

giovedì 5 agosto 2010

Ribellione creativa


Satvat - L'Uomo Nuovo (tributo al futurismo)- acrilico su tela, 2009

L'essere creativo concepisce il nuovo, e ciò comporta necessariamente muoversi controcorrente. La mente di massa perpetua l'abitudine, ciò che è ripetitivo e scontato, non brillando d'alcuna originalità. Perciò l'artista si trova a operare tra le prevenzioni e le incomprensioni, dovendo aprire faticosamente il proprio sentiero originale. Seppure, dopo la necessaria maturazione artistica e animica, la creatività sgorga in lui come moto spontaneo dell'anima che aspira ad una naturale condivisione, egli deve agire come un rompighiaccio sulla coltre gelata che generalmente ricopre il cuore delle persone. Se intende comunicare il proprio lavoro (e la verità intrinseca del creativo esige risonanza) deve incontrare coraggiosamente le intemperie dell'inganno sociale, non può rimanere al sicuro in una torre d'avorio. Ciò richiede ovviamente un gran dispendio di energia e la rinuncia ad alcuna certezza, e fa di lui un outsider sociale, una figura estrema e difficilmente accolta. In verità l'artista, come ogni ricercatore di verità, è tutt'altro che estremo e alieno: più di ogni altro è potenzialmente vicino a se stesso e alla Vita, dato che si impegna ad essere in sintonia con il flusso naturale e spirituale dell'Esistenza.

La società che abbiamo creato nella nostra inconsapevolezza è effettivamente aliena, artificiale e corrotta, ma per lo sguardo plastificato dei molti è lui ad essere distorto, sradicato e incomprensibile. Questo provoca ostracismo, anche perché, al livello inconscio, la massa specchia in lui tutto ciò che ha pavidamente rinnegato: la libertà, l'autodeterminazione, l'aspirazione alla bellezza ed alla grazia, il mantenersi vicino alla naturalità spirituale e non dogmatica dell'essere. Ciò scatena invidia, giudizio e reazione. Possiamo ad esempio guardare allo scandalo provocato dalle avanguardie artistiche del '900 nella mente dei benpensanti. La mentalità odierna è diversa, non ha neppure il coraggio di denunciare lo scandalo, ma lo soffoca nella somma indifferenza; al contrario, in qualche modo apprezza una sterile trasgressione “artistica”, tanto di moda, che ben si coniuga con la sua cattiva coscienza.

Comunque l'artista deve stare attento ad una trappola che spesso scatta automaticamente: seppure è mosso sulla Via dell'Arte da un moto naturalmente positivo, le molte difficoltà incontrate lo inaspriscono, tanto da corrompere l'azione in reazione. In tal caso egli agirà “contro”: contro le mancanze di verità, contro gli schemi, contro la propria disperazione. Ma l'agire reattivo è tutt'altro che liberatorio, ed affatto infuso nell'autentica creatività, anzi contribuisce ad alimentare le pastoie soffocanti della mente di massa. L'agire creativo è invece un moto spontaneo che non risente di alcun condizionamento, sia esterno che interno, e che per questo mantiene una brillantezza di gioiosa celebrazione. Per allinearsi con tale flusso primigenio, l'artista (come l'individuo in generale) deve crescere personalmente tanto da elevarsi oltre i propri conflitti, oppure potremmo dire che deve maturare l'innocenza. L'artista è un ribelle perché si volge alla spontaneità consapevole e celebrativa del proprio sentire, che è radicato nel Tutto, e tale inclinazione naturale appare ribelle solo perché la costruzione fallimentare e coercitiva del sociale si oppone alla verità creativa e fondamentalmente semplice, ma entusiasmante, della Vita.

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