L'arte insegna all'uomo la responsabilita' della creazione.
Quando diventa una preghiera, la divinita' interiore e' risvegliata.

Satvat

lunedì 14 ottobre 2013

TAROCCHI - L'IMPERATRICE

Satvat - L'Imperatrice - acquerello su carta





In questo disegno ho rappresentato la gloria del Femminino, inteso come Madre Cosmica che presiede al mistero del concepimento, della nascita, della cura e della rigenerazione, con un concerto di simboli che rappresentano le virtù femminili. L’Imperatrice, assimilata alla Grande Madre e alla Terra, presenta i suoi animali totemici che sono la mucca (nutrimento, stabilità), il serpente (energia vitale, trasformazione), la civetta (saggezza), il delfino (connettività animica con l’elemento acqua), il gatto nero (magia animica). Altri elementi sono il triangolo discendente femminile (yoni), la melagrana (fecondità), la patéra (offerta spirituale), il cuore (amore), il teschio fiorito (morte e rinascita) sormontato dalla clessidra (il tempo), la mietitura (prosperità), la conchiglia con la piuma di pavone (sublimazione), il pomo d’oro (ricchezza spirituale), la mano della pace, la spada che recide le illusioni, la pancia incinta del mondo, e altri simboli. Il tutto è composto in un insieme ricco di significato che può risvegliare l’intuizione.


La donna ha il vantaggio di essere naturalmente connessa con il cuore che, come abbiamo visto, è la sede dell'anima ed è rispondente all'emisfero destro del cervello. È noto che il femminile può saltare intuitivamente alla comprensione di un problema, riuscendo meglio del maschile che si arrovella a risolverlo razionalmente. Se la donna si centra nel cuore, non in modo sentimentale ma devoto e spirituale, non ha bisogno, come l'uomo, di muoversi in cerca della Verità, perché in pieno rilassamento si lascia da questa fecondare.

Tratto dal libro Riprendiamoci l’anima!


mercoledì 2 ottobre 2013

Tarocchi - il Matto

Satvat - Il trickster (il Matto) - acquerello su carta
In questo disegno ho rappresentato la sincronia tra le figure del Matto dei Tarocchi e del trickster, il violatore rituale di tabù che è presente in molte Culture. Il Matto-trickster è l'aspetto trasgressivo dell'anima, che trascende le regole perché è guidato dall'istinto ribelle e creativo. Essendo fondamentalmente un innocente, radicato nel potere primevo dell'anima, risulta essere agente della creazione del nuovo, pur se non mostra la capacità di meditarlo. Tuttavia è interiormente guidato, cosicché può approdare a esiti libertari e fondamentalmente creativi.
Nel disegno ho rappresentato gli animali totemici del trickster che sono il coyote e il corvo (che colpisce con il becco l'area del terzo occhio); inoltre sono presenti lo Stregatto (la magia nella favola di Alice), il serpente (che mordendo la coda dello Stregatto delinea una sorta di Uroboros), le farfalle (fioritura animica), il colibrì (forza della percezione), la colomba della pace (che insieme all'orecchio forma il cuore), il pesce (che rappresenta lo stadio primordiale). Altri elementi significativi sono l'orologio squagliato di Dalì (superamento del tempo), il fiasco con l'uva (l'ebbrezza), la chiave sul fallo (magia del sesso), il principe ranocchio (trasformazione spirituale), il cappello con i sette occhi, il diavoletto (la coscienza imprigionata dal desiderio del denaro). Più molte altre cose che possono essere meditativamente rintracciate.

"Infatti il briccone divino è spesso un semidio che interviene in molti miti della creazione. Rappresenta generalmente una forza maschile mercuriale che fomenta la creatività, la trasformazione, ogni possibile ribaltamento, azzardo e contraddizione; generalmente è sfuggevole e ingannevole, affatto eroico, ma in qualche modo lo è pure, con il suo fallo insaziabile e i suoi tiri mancini che disdegnano le possibili conseguenze. Va a zonzo seminando nuovi universi, cantando le sue canzoncine oscene e irriverenti, creando miracoli con massima noncuranza. Non si prende sul serio, perciò gioca con la Vita sia nel bene che nel male, finendo per diventare il suo araldo irriducibile; perciò rimane imprendibile, incodificabile, sorprendente."

Tratto dal mio libro RIPRENDIAMOCI L'ANIMA!

domenica 18 agosto 2013

La mia intervista al Giornale dell'Umbria



Il Giornale dell’Umbria 17 agosto 2013

Sergio Della Puppa, artista e maestro, racconta in un libro la sua esperienza di vita e artistica.

Satvat, una vita alla ricerca dell’anima perduta


Ad Orvieto in via Cavallotti numero 5, traversa davanti al Teatro Mancinelli, c'è la galleria d'arte di Sergio Della Puppa in arte Satvat. Un artista e un maestro, questo perché oltre ad esporre le sue opere insegna e tiene corsi di formazione. Satvat espone nella città della rupe da circa undici anni, ma la sua carriera artistica è iniziata nel 1987 e in tutte le sue opere è racchiuso il suo percorso personale, poiché, come lui stesso sostiene “per raggiungere la maturità artistica c'è bisogno di un'intera vita”. Satvat oltre ad essere un pittore è creatore di gioielli, scultore e non per ultimo scrittore. Ha pubblicato dieci libri di cui sei su scala nazionale, editi da importanti case editrici.

Quali sono i temi trattati nei suoi libri?


Tutti riguardano l'arte e la ricerca interiore. L'ultima pubblicazione si intitola “Riprendiamoci l'anima!”. Ho voluto mettere il punto esclamativo dato che secondo me è urgente riprendersi la dimensione della profondità interiore. Il sistema in cui viviamo è entrato in crisi poiché è del tutto proiettato sull’esteriore, cortocircuitato dalla logica fallimentare e iniqua del profitto. Invece per poter progredire ed avere un futuro l'uomo deve radicarsi nell’Anima, che è la sorgente stessa della vita; così può ritrovare il suo centro e tornare ad essere ispirato e creativo.

Come vede l'arte nella nostra società?

La società attuale è la prima, dalla nascita dell'uomo, a non produrre più nulla dal punto di vista artistico, incapace di creare vera cultura. Siamo orientati a produrre solo tecnologia, e ogni campo artistico è inquinato da espressioni reattive, massificate ed affatto meditate, che sono totalmente prive di connessioni con l’Anima. L’essere umano si sta robotizzando e avvilendo oltre misura, poiché nessun robot può aspirare alla felicità né aver consapevolezza di se stesso. Con il mio lavoro propongo una salutare inversione di marcia, vivificando quella cultura dell’esperienza interiore che è il vero valore dell'essere umano.

In questo stato di cose come si insegna la cultura dell'arte interiore?

Nella mia galleria, oltre ad esporre le mie opere, tengo corsi di creatività meditativa rivolti a tutti coloro che vogliono approfondire le loro facoltà artistiche. Le forme e i colori che emergono spontaneamente nell’opera vengono compresi come simboli capaci di ispirazione e di trasformazione energetica. L'ultimo corso svolto, ad esempio, riguardava l'arteterapia, come metodologia per assumere consapevolezza di sé ed elaborare alchemicamente le proprie emozioni.

Che formazione ha avuto per arrivare a questo livello?


Ho iniziato negli anni ’70 come grafico per una rivista di cultura psichedelica. Poi mi sono maturato come artista in diversi campi: la pittura, la scultura, la scrittura, la creazione di gioielli, per un periodo anche la ceramica. Un lavoro che è proceduto di pari passo con quello spirituale, che mi ha portato ad approfondire il simbolismo e varie pratiche terapeutiche, come l’arteterapia e la cristalloterapia. In più sono stato a contatto con maestri spirituali come Osho e Tyohar che mi hanno aiutato nel mio percorso interiore.

Qual'è l'obiettivo di Satvat?


Per me non basta il “fare” arte, dato che trovo essenziale l’approfondimento delle propulsioni interiori, spirituali, dell’agire creativo. L'artista interiore è un innocente che attualizza intuitivamente gli archetipi che affiorano dalla viva forza dell’ispirazione, avendo consapevolezza dell’energia che va a realizzarsi nell’opera.

Ti definisci un maestro?

Ciascuno è maestro di se stesso. La vita e l’ispirazione mi spingono a insegnare condividendo creativamente le mie comprensioni, che sono patrimonio interiore di ogni essere umano.

domenica 11 agosto 2013

Il bagatto

Satvat - Il bagatto - inchiostro e acquerello su carta, 2013
Storie d'Anima:
dipinti per meditare

L'arcano del bagatto presenta l'essenza dell'intento creativo; infatti annuncia quella rivendicazione cosciente del potere creativo (raffigurato totemicamente dal giaguaro) che avvia il processo della trasformazione energetica (nel disegno rappresentata dal camaleonte). Il bagatto è mago e incantatore che gioca con la vita disponendo delle cognizioni e degli strumenti che sono necessari a manipolare gli elementi. Per non soggiacere ai suoi stessi incantesimi, deve lasciarsi guidare dall'intuizione pescando la stella abissale. Così congiunge la Terra al Cielo portando a fioritura la rosa mistica.


"La vera arte – che in larga parte non ha niente a che fare con ciò che è ufficialmente riconosciuto come arte – pone l'artista in presa diretta con la Sorgente del Creativo, e da lì – sarebbe meglio dire da qui – si trae davvero tutto, il complesso universale della manifestazione in cui è insito il germe spirituale del ricordo. Se un'opera d'arte è realmente vibrante e ispirativa, è dalla Sorgente che proviene, certo non dagli sforzi limitati dell'artista, perché solo la Sorgente dona la vita. Affinché questo possa accadere, l'artista deve essere massimamente ricettivo al seme intangibile dell'ispirazione, amorevole nella gestazione, e arreso al travaglio del parto; inoltre deve acquisire la competenza di un'attenta levatrice. Non è difficile, anzi è naturale, perché nell'essere umano è istillata questa facoltà, questo dono impagabile; in verità non dobbiamo far niente, solo cooperare appassionatamente con l'accadere del Creativo."
(Tratto dal libro Riprendiamoci L'anima!) 

lunedì 5 agosto 2013

Arte psichedelica

Satvat - Il cigno elettrico - acquerello e inchiostro su carta, 2013
Il mio nuovo articolo, che sarà pubblicato sul prossimo numero dei quaderni di spiritualità arte e letteratura Oltre Confine, riguarderà l'arte psichedelica. Scrivendolo, è stata un'immersione nei territori sempre vivi della memoria, che mi ha riportato alle mie esperienze giovanili. Potrei dire che ho iniziato il mio percorso artistico disegnando su una rivista di psichedelia, dove ho iniziato a sperimentare i poteri del colore e della visione. Tutto ciò si è approfondito e maturato con il tempo e soprattutto con l'incontro della meditazione. La spontaneità ribelle di allora ha radicato in territori più profondi, più liberi dall'io, liberando la saggezza dell'arte. Comunque ho trovato significativo meditare sui brividi elettrici della psichedelia, testimoniando ciò che, pure in modo contraddittorio, si è espresso con forza tale da contagiare un'intera generazione. Vedendo ciò che non è stato intimamente compreso e digerito, ho sentito di aver in qualche modo riannodato il filo coloratissimo della visione.

mercoledì 31 luglio 2013

Uomo Cosmico


Satvat - Uomo Cosmico - acquerello su carta, 2013

STORIE D’ANIMA: dipinti per meditare 

L’Uomo Cosmico rappresenta la nostra natura universale, il volto originale di cui parla lo Zen; infatti la figura appare capovolta per mostrare che le sue radici sono in Cielo, come ben rappresenta  l’Albero Cosmico capovolto della mitologia nordica. Le radici spirituali della Vita sono nella dimensione trascendente, è da tale mistero, che origina il Tutto, che effettivamente proveniamo. Presi dalle funzioni speculative e relativiste della mente, lo dimentichiamo, ma tale rimane ineffabilmente la nostra vera natura. Uno dei compiti dell’arte è quello di risvegliare il ricordo. La veste dell’uomo cosmico è formata da un fluttuante intreccio di veli celestiali che abbracciano le forze universali del Sole yang e della Luna yin. Il volo dei quattro uccelli (numero simbolico degli elementi che formano il mondo) annuncia l’intima aspirazione dell’anima incarnata a librarsi verso l’Unione con il Tutto. L’uccello maestro rappresenta la forza intuitiva dell’ispirazione che comunica l’espansione osmotica dell’Unità.

"Molte persone spiritualiste ricercano esperienze e conoscenze esoteriche, concependo l'espansione come un processo di costruzione in divenire, un accumulabile gigantismo dell'anima che vada a sfondare i sigilli del Cielo. Un atto volontario, in qualche modo eroico, ascetico, sovrumano, che possa riscattarci dalla nostra piccolezza, dai limiti, dalle frustrazioni, dalle paure. Tuttavia in questo modo si continua ad alimentare un grande ego, non una grande anima, facendo a gara per essere più elevati, più morali, più santificati. Credo che invece la chiave aurea dell'espansione sia l'umiltà, la disposizione non a gonfiare ma piuttosto ad aprire l'anima, che in tal modo può ricevere le benedizioni dell'Esistenza. Non siamo realmente separati dal Tutto, e più ce ne accorgiamo, rendendoci permeabili agli influssi sottili, più possiamo assaporare l'espansione osmotica dell'Unità. Non siamo peccatori né dannati, solo dimentichi dell'eredità spirituale che continuamente tradiamo con l'esercizio dell'orgoglio, allontanandoci dall'amore."
 (Tratto dal libro Riprendiamoci l’anima!)

lunedì 1 luglio 2013

Amnesia


Mattina, ora di punta. Uno sciame di passi frettolosi popola i corridoi sotterranei della metro. La folla avanza come un serpentone munito di una miriade di occhi, stranamente estranei gli uni dagli altri; ogni persona volge lo sguardo unicamente ai propri pensieri, tuttavia le espressioni sui volti portano il marchio di una stessa rassegnata consuetudine. Federico è in ritardo, come al solito, e forza l’andatura con impazienza sino a raggiungere il marciapiede dove attende l’arrivo della metro. Cerca una collocazione nella calca che odora di vestiti bagnati – fuori piove – e di un umore acido. Finalmente riesce a entrare nel vagone stipato, dove tenta d’estraniarsi riepilogando gli impegni della giornata. Arrivato a destinazione, fende la muraglia umana che ingombra l’uscita e imbocca la risalita all’esterno. Guarda l’orologio: il suo ritardo è ancora tollerabile. Poi la vede. Vicino alla scala mobile, una giovane donna è ferma in un’espressione indefinibile, risaltando come se fosse del tutto fuori posto. Lui sarebbe pronto ad ignorarla, se non provasse un’intensa ed imprevista sensazione di familiarità. Soffoca il moto istintivo di salutarla come una vecchia amica, perché certamente non l’ha mai vista prima; però, suo malgrado, rallenta il passo. La donna è visibilmente spaesata, benché sorridente. Federico non riesce a trattenersi dal chiederle se ha bisogno di aiuto, magari di un’indicazione; glielo chiede in inglese, perché lei gli sembra straniera. La sconosciuta si rivolge a lui con uno sguardo aperto e vivo, che ha i bagliori sorprendenti di un bosco che filtra i raggi del sole, parlando italiano. Lo ringrazia per la premura, confessando che effettivamente si trova in una particolare situazione: non ha alcuna memoria di se stessa, nel senso che per un colmo di stranezza si trova a non sapere chi è. Dice questo senza mostrare paura, quasi come fosse un gioco divertente, tanto che l’uomo si chiede se lo sta prendendo in giro. La sua diffidenza però non regge alla traspirazione d’innocenza che promana dalla donna, e lui comprende di non potersi sottrarre dal cercare di aiutarla. Nonostante il suo orologio, da sotto il polsino, lo ammonisca che è sempre più tardi per il lavoro, egli la accompagna in superficie sino al tavolino di un caffè. 
Mentre sorseggiano dalle tazzine, Federico osserva la sua improvvisata compagna; si chiede come potrebbe aiutarla e, più segretamente, sa di esserne affascinato in modo inspiegabile. C’è qualcosa in lei che lo turba e lo rasserena insieme, che provoca la sensazione d’agitare qualcosa che è sepolto in profondità nella sua memoria. Egli si sforza di arginare la sua emozione, cercando d’essere propositivo. Niente borsetta né documenti. Però lei non intende andare dalla polizia, né rivolgersi a un medico; si sente bene, non è preoccupata dalla strana amnesia e ha fiducia che tutto andrà bene. Inutile cercare di farla ragionare. L’uomo soffoca la propria irritazione, sapendo d’aver porto il fianco a una stravagante complicazione dal momento che si è reso disponibile. Certo, potrebbe salutarla su due piedi, lasciandola al suo destino, ma non può farlo perché si è lasciato legare dal mistero di quel suo sguardo che, senza chiedere nulla, provoca la necessità di una soluzione e il suo coinvolgimento. Allora egli telefona al lavoro e, con una scusa, ottiene la giornata libera. Ha smesso di piovere e possono camminare insieme apprezzando la loro compagnia senza l’impiccio dell’ombrello aperto. A Federico lei sembra una bellissima donna-bambina; forse perché al momento è libera dal suo passato, può essere così spontanea e gioiosa, vibrando in empatia con ogni cosa. Alcuni passanti li osservano con una sorta di stupore, e qualcuno porge persino un inaspettato sorriso. E loro procedono senza meta, incuriositi dai loro passi che portano a sempre nuove scoperte: un arcobaleno nel cielo, l’architrave antico e scolpito di una porta, i vividi colori vegetali di un mercato rionale, una minuscola pianta sbucata dal cemento. Si trovano a inventare giochi evitando, per quanto possibile, le vie metropolitane intasate dal traffico. L’amnesia della donna è quasi dimenticata, anzi diventa la sfumatura che rende tutto inconsueto e irripetibile. 
Per pranzare scelgono un ristorantino appartato. Però nel locale trovano l’atmosfera sgradevole di una violenta discussione che giunge dalla cucina; tuttavia l’uomo accigliato che si fa loro incontro, nel vederli, si distende all’istante in un’incongrua soddisfazione e li accoglie amabilmente. Innegabilmente, il loro arrivo è in qualche modo pacificante. Durante l’attesa di ciò che hanno ordinato, il ristoratore porta loro dei calici di prosecco quasi con malcelata gratitudine. Il cibo risulta gustoso e servito con cura. Alla fine del pasto, il proprietario del locale si avvicina per scambiare due parole e, visibilmente imbarazzato, confessa che la giornata era iniziata male, ma per fortuna loro due avevano portato una bella energia, tanto da meritare uno sconto speciale. Escono ridendo per la strana avventura, ma ha nuovamente iniziato a piovere forte. Federico propone di ospitare la donna per quella notte, in attesa di riuscire a trovare una soluzione per il suo problema. Lei accetta con un sorriso. 
A casa dell’uomo la donna è visibilmente a suo agio, e lui non sente l’imbarazzo che si prova con un ospite inatteso. Lei accende delle candele, sceglie un CD di Vivaldi e si offre di preparare la cena. Si muove ai fornelli silenziosa e danzante, totalmente assorbita in un rito atto a nutrire non soltanto al livello fisico, miscelando sul fuoco impasti sorprendenti e accesi di spezie. Lui la osserva nell’opera che pienamente le appartiene, sentendosi a distanza eppure rispondente come chi riceve un dono. L’ora del sonno arriva troppo presto, soprattutto per Federico che è totalmente preso di lei, ma tanto commosso e stupito da non saperla abbracciare con la propria passione. Le cede il suo letto e si rassegna a una notte insonne sul divano, strapazzato da un gonfiore torrido nel cuore che sale e scende per tutto il corpo. I suoi pensieri sono tori irruenti e caotici che squassano ogni cosa, e un opprimente senso d’irrealtà stride come un gessetto spezzato sulla lavagna della sua mente, tracciando segni inesplicabili. Quando suona la sveglia lei dorme ancora, così cerca di essere silenzioso mentre si prepara per andare al lavoro. Prova a lasciarle un biglietto vicino alla tazza che le ha preparato per il caffè, dove ha messo una rosa colta dal terrazzo, ma le parole non trovano il verso di comunicare qualcosa di vero. Sconfortato, esce lasciando nella stanza la muta preghiera che lei attenda il suo ritorno. 
Giunto in ufficio, percepisce subito che c’è qualcosa di storto. Il capo sta parlando con aria grave con un individuo che istintivamente desta la sua antipatia. Alto e solido, indurito, lo sguardo freddo e una vaga impressione untuosa. Appena lo vedono gli fanno imperiosamente il cenno di avvicinarsi. Gli viene presentato il colonnello Bonifazi dell’antiterrorismo e, prima che lui possa raccapezzarsi, viene coinvolto in un vero e proprio interrogatorio. Il problema è che le telecamere di sorveglianza della metro lo hanno registrato, il giorno prima, in conversazione con una ricercata, sospettata d’essere una pericolosa terrorista. Da quanto e come conosce quella donna? Cosa sa di lei? Per Federico è una terribile doccia fredda e sente la paura stringere la bocca dello stomaco. Non si stupisce d’essere stato rintracciato, grazie alla tecnologia informatica del riconoscimento facciale. Però la somma delle sue contraddittorie emozioni è tanto dirompente da fargli trovare a stento il sangue freddo per rispondere, con piatta indifferenza, che quella donna gli è del tutto sconosciuta. Quella era stata la prima e unica volta che l’aveva vista, e lei gli aveva chiesto semplicemente una banale informazione sul tragitto della metro. Il suo interlocutore è però come un mastino alle prese con l’osso, e impietosamente mastica le sue domande; Federico viene messo ruvidamente alla prova, fino a che il poliziotto non si convince che è solo tempo perso. Ha già frugato, usufruendo di ogni possibile informativa, nella vita, a dire il vero irreprensibile, di quell’impiegato, e non ha alcun motivo per dubitare di ciò che gli ha detto. Prima di andarsene, tuttavia, non gli risparmia una molesta tiritera sul pericolo che gli elementi anarchici costituiscono per la società, fomentando il disordine e la ribellione, insieme al sovvertimento dei valori morali. Finalmente riconosciuto innocuo per lo status-quo - quello che impone la crisi senza speranza che stiamo vivendo - Federico viene lasciato al suo dovere di lavoratore, ma più realisticamente ai suoi dubbiosi tormenti. E’ davvero possibile che quella donna, quella donna meravigliosa che ieri ha riempito la sua vita e che lui ha ospitato nella sua casa, sia una terrorista? Ed ha veramente perduto la memoria, oppure ha finto e si è servita di lui, magari per sfuggire alla cattura? Non può crederlo possibile. Può essere un grande equivoco, uno sbaglio. Ma il tarlo continua ad aprire la sua strada tortuosa nella mente. Mentre questi pensieri lo dominano interiormente, l’uomo riesce comunque a svolgere il suo lavoro, fingendo impeccabilmente con i colleghi che, dopo la visita del colonnello dell’antiterrorismo, devono essere tranquillizzati. Le ore d’ufficio non sono mai state così spinose, mentre egli sospira per correre a casa a rotta di collo… Lei sarà ancora là? Ti prego, fa che ci sia ancora! Che cosa le dirò? Che può succedere, a questo punto? 
Infilando la chiave nella serratura della sua casa, Federico si è preparato, ha cercato di prepararsi, ad ogni possibile scenario; ma appena la porta si apre l’orgia delle emozioni si affloscia come un palloncino bucato. All’improvviso è come entrare in mondo del tutto diverso, lasciando fuori i miasmi del mondo. E’ per lui una sensazione mai provata… forse l’aveva un po’ vissuta una volta, in un campo di girasoli. In casa c’è un’atmosfera palpitante, simile alla carezza impalpabile di una ragnatela di seta… e c’è lei, il suo sorriso. Si tuffa nelle sue braccia e lo bacia con la lievità di un farfalla, poi gira su se stessa con le braccia allargate, come a presentare un luogo sacro. Allora lui si accorge che i mobili sono disposti diversamente, e nel complesso c’è più spazio, più armonia. Tutto risulta estetico, più bello; sono le sue vecchie cose, ma è come se avessero trovato la giusta collocazione. Alle pareti, prima vuote, sono appesi dei dipinti molto colorati e intensi, realizzati da quell’angelo, che aprono nei muri delle finestre sulle dimensioni del sentimento. Ci sono anche dei cristalli, disposti un po’ ovunque, che lei ha donato alla casa; ha anche acceso un incenso e messo delle nuove piante. L’uomo si accorge, vincendo l’incredulità, che una sua vecchia pianta, ormai morta nel vaso nonostante le cure infruttuose, è miracolosamente risorta a nuova vita. Il tutto è stupefacente. Ciò che lui si era preparato perde le parole, scompare… Lei è là e gli offre un nuovo mondo, il mondo che era già suo però fatto risplendere. Federico tenta inutilmente di dire qualcosa, ma può rispondere solo con una lacrima di commozione. Lei sussurra: - Va tutto bene, ora ho capito chi sono. Voglio ringraziarti profondamente perché mi hai permesso di osservarti da vicino, hai condiviso con me ciò che potevi e mi hai aperto il tuo cuore; ciò mi ha aiutato a ricordare. Questo è un mio modo per dire grazie… spero che ti piaccia il risultato del mio lavoro -. Ancora lui non può dire, ma cerca di slancio le sue braccia, la sua bocca. Mentre si baciano si spalanca un senso tiepido di vertigine saturo d’ebbrezza, quasi un mancamento per l’uomo che resiste come un’ape nel vento, tenacemente intenta a suggere il nettare del fiore più profumato. Per non scivolare nell’oblio si aggrappa ai suoi occhi, immensi e verdi come l’aurora boreale. Sorridono i suoi occhi, con un lampo strano e squillante come il tocco di una campanella d’argento, mentre aleggia l’aria birichina di bimba. Rotolano morbidamente sul tappeto, indifferenti alla legge di gravità. Tutto si confonde in una girandola multicolore soffiata dallo scirocco; pare d’udirne il suono vorticante, che in realtà è ciò che lei bisbiglia: - Io e te siamo una cosa sola -. E lui sa che è vero, che quella è la meraviglia dell’essersi incontrati. Pensa che è l’amore che ha sempre inutilmente cercato. Lei è sopra di lui e lo stringe sofficemente ridendo: - E’ divertente: non sapere chi sei non è nulla paragonato a dimenticare di aver dimenticato, ma comunque è un gioco a mosca cieca per fare tana nell’essere che già siamo -. L’uomo si sforza inutilmente di capire, intuendo che lo riguarda direttamente. Le risate della donna sono ora una marea spumosa e inarrestabile che sgorga dal profondo, e lui ne è riempito, travolto in una spirale di gocce dorate sino a perdere la dimensione ordinaria di sé… una cosa che non si può raccontare a parole. 

C’è silenzio e immobilità. Federico respira nella pancia cullando il sorriso che si è liberato nel suo essere. Resta a occhi chiusi; l’amata non è più presente nella stanza, e solo così lui continua ad assaporarne la presenza. Grazie a lei, ha ricordato di aver dimenticato di aver dimenticato, e ciò lo colma di gratitudine. Riconoscendo la propria amnesia, sa di non sapere chi è veramente; ma quel magico incontro lo sospinge amorevolmente, da ora in avanti, ad impegnarsi per ricordarlo. Dentro o fuori che sia, ha profondamente abbracciato la sua anima, la sconosciuta che è nel suo cuore da sempre. Quello straordinario gioco di specchi aveva riportato il suo sguardo all’interno, e lì, finalmente, l’aveva ritrovata.