L'arte insegna all'uomo la responsabilita' della creazione.
Quando diventa una preghiera, la divinita' interiore e' risvegliata.

Satvat

martedì 23 novembre 2010

La verità delle cose

C'è un sottile rapporto tra il dentro e il fuori, tra la soggettività e l'oggettivo. Certamente siamo noi a formare il nostro mondo, ma in un certo modo anche gli oggetti di quel mondo da noi organizzato ci influenzano. Nel senso che hanno in noi molteplici risonanze, che possono essere vitali quanto ottuse. Ha significato come poniamo le cose nel nostro spazio (come ad esempio mostra il feng shui), ma anche ogni oggetto ha o meno una propria verità. Per spiegare meglio il concetto, potrei parlare dell'artigianato etnico che si è ampiamente diffuso nelle abitazioni, con mobili, quadri e suppellettili varie. 

Gli oggetti etnici danno il vantaggio di un prezzo contenuto, e possono risultare accattivanti, perché al primo sguardo appaiono originali e un po' esotici. Ma, in larga misura, non sono affatto originali e mancano d'anima. Non sono partoriti nel seno vitale di una Cultura lontana e ancora arcaica, né realizzati artigianalmente con ispirazione; sono piuttosto oggetti di serie, progettati secondo un imbastardimento dell'estetica che patteggia con il gusto occidentale e segue le tendenze del mercato. Sono solo un falso artigianato per turisti, non sono “veri”. E non parlo solo della bruttura dei quadri etnici prodotti quasi industrialmente, certo non arte ma sciocchi pannelli decorativi; questo vale anche per i mobili e le altre cose. Ovviamente ci sono anche produzioni etniche autentiche e anche pregiate, spesso antiche perché la globalizzazione ha spento l'originalità creativa dei popoli; ma è tutto un altro discorso. Sto parlando della paccottiglia pretenziosa con cui molti arredano il loro spazio vitale, che così risulta avvilente ed affatto suggestivo. L'etnico siffatto manca d'anima, di quell'autenticità che può essere conferita a un manufatto solo dall'ispirazione, da un sentimento profondo dell'artefice, che affonda le radici nella sua memoria e nella sua cultura, trasfondendo nell'oggetto la virtù di un simbolo vivente. 

Non ci accorgiamo che scegliamo di spegnere le nostre case nella banalità: tutte replicanti nella stessa decorazione superficiale. Si sa che la casa è lo specchio di chi la abita, nel senso che c'è un rapporto osmotico tra la personalità dell'individuo ed il luogo che egli elegge a propria dimora; ma se questo ha un carattere non risonante e non “vero”, rimanda un'eco distorta che propaga una vibrazione ottundente. Comunque ho fatto solo un esempio, riguardante un discorso che è ben più allargato. 

Mi sono sempre chiesto perché anche ristoranti eleganti, che curano i particolari con gusto, abbiano appesi alle pareti dei quadri non degni d'essere chiamati tali, spennellature senza virtù o, peggio, oleografie da mercato rionale. E parlando di quadri bisogna pur dire che ogni dipinto privo d'ispirazione, cosa che è ben al di là dell'estetica, è oggetto superfluo. Se intendiamo essere “veri”, sceglieremo con naturalezza e gusto magari poche cose autentiche, sfuggendo alla logica del consumo di massa; l'onda di ritorno di questa posizione matura è superiore alle aspettative, ed avremo il piacere di rifletterci in cose uniche che hanno un valore, più che venale, di forza evocativa e di potenzialità d'intima riflessione.

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