L'arte insegna all'uomo la responsabilita' della creazione.
Quando diventa una preghiera, la divinita' interiore e' risvegliata.

Satvat

martedì 30 novembre 2010

Diecimila Buddha

Satvat - Spirito/imperturbabilità - 2009
Sto seguendo l'ispirazione a lavorare ad un nuovo filone pittorico, che riguarda la figura del Buddha. In senso affatto religioso o canonico, ma con quella religiosità intuitiva che è connaturata all'Arte. Perché proprio il Buddha? Non sono buddhista, solo un'anima libera.

Innanzitutto bisogna considerare che il Buddha non è una divinità, assisa in un alto Cielo e lontana dall'essere umano; la natura di Buddha è ciò che essenzialmente siamo, il nostro diritto di nascita. Possiamo averlo scordato, ma in noi vi è quella stessa consapevolezza, quella libertà ineffabile e imperturbabile; è in noi, sempre presente, anche se la ricopriamo con un'infinità di pensieri, identificazioni e proiezioni, tanto da non vederla. È come la vastità del Cielo, che viene occultata dalle nuvole, spesso temporalesche, prodotte dalla mente; il Cielo, pur non visibile, è sempre lì, e ricordarlo ci aiuta a relativizzare i drammi densi di tuoni e folgori, che a volte scuotono la nostra vita, comprendendo che sono transitori. Ecco, intendo dipingere delle figurazioni della buddhità per ricordare, e per aiutare a farlo.

In Oriente la produzione iconografica del Buddha è stata per millenni un'arte esoterica, con intendimenti differenti dalle immagini sacre delle altre Religioni: non tende a sospingere l'uomo verso un modello religioso, verso una santità collocabile al di fuori che viene pregata per intercedere sulle sorti umane. Le statue e i dipinti del Buddha sono stati concepiti come degli yantra, degli strumenti per risvegliare nell'individuo il sentimento della pace e della verità che essenzialmente gli appartengono; in questo senso l'impostazione canonica è stata sempre secondaria, e lo scopo è stato piuttosto quello di fornire l'occasione per un'assonanza profondamente artistica e spirituale. Per chiarire questo, i miei Buddha dipinti saranno ancor meno canonici, piuttosto trasfigurati dall'impeto anarchico e saggio dell'intuizione, utilizzando un linguaggio artistico contemporaneo; ho sempre detestato i santini. 

Saranno immagini del Buddha per le ispirazioni che esprimeranno emozionalmente, non per il disegno iconografico. Considero il dipinto qui sopra, con il classico Buddha stagliato su uno sfondo tempestoso in stile Depero, solo un punto di partenza per avventure stupefacenti. È dal 2000 che ho abbandonato la figurazione, tranne qualche incursione figurativa per mostre particolari, e l'astrazione della Mu-painting resta un approdo stabilmente fluttuante del mio sentire artistico; ma per alcuni versi il progetto di questi quadri è nella mia intenzione al di là della dicotomia tra figurativo e astratto, così come la buddhità è al di là di ogni logica dualistica. Lo Zen dice che all'inizio del percorso le montagne sono montagne e il fiume è un fiume; nel mezzo del cammino tutto si rende indefinibile, in qualche modo astratto; infine le montagne tornano ad essere montagne, e il fiume un fiume. Ma credo che la visione, a quel punto, sia pregna di una totalità che trascende le usuali possibilità di definizione dell'immagine. 

Questo è quanto mi motiva, per creare dei quadri che possano ispirare, in momento tanto difficile, un brivido di nutriente compassione e celebrazione spirituale.

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