L'arte insegna all'uomo la responsabilita' della creazione.
Quando diventa una preghiera, la divinita' interiore e' risvegliata.

Satvat

lunedì 11 maggio 2009

ARTE E FOLLIA

O - Il Matto
scultura in argento di Satvat

Ho visitato a Siena la mostra "Arte, genio e follia". Il tema che questa mostra, progettata da Sgarbi, ha tentato di affrontare, è di fondamentale importanza, non solo riguardo all'Arte ma in generale rispetto alla comprensione animica dell'essere umano. Tuttavia, a mio parere, in questo evento si è incorsi in un equivoco, che per altro infesta molta Arte contemporanea. In definitiva, si è messa in mostra più la follia che l'Arte, senza un'efficace indagine sul tema annunciato. Tra i funesti apparati manicomiali e gli schizzi psicopatologici, di cui la mostra è ricca, l'Arte emerge a fatica, pur con lo splendore di due Van Gogh ed altre valide opere. L'artista, in quanto individuo sensibile ed appassionato, valica i limiti della normalità percettiva ed esperenziale (ma siamo sicuri di poter stabilire i termini della normalità?), entrando in contatto con la dimensione irrazionale dell'Esistenza. Se ciò non facesse, non sarebbe un vero artista, ed è questo il motivo per cui l'Arte può guidarci all'esplorazione dell'anima. "Usiamo gli specchi per guardarci il viso, e l'Arte per guardarci l'anima" (Bernard Shaw). Andando in profondità, oltre la superficie convenzionale, l'individuo/artista inizia un percorso colmo di pathos, incontrando per prima cosa un reame oscuro, saturo di fermentazioni fuori controllo e spesso dolorose. Questo livello si presenta come una sorta di tappo che separa dall'autenticità luminosa dell'Interiore; tale scoglio è
costituito da condizionamenti e violenze ricevute, da pulsioni immature, da frammenti di ricordi e da vagheggiamenti onirici. L'occhio, con cui si indaga nell'anima, è solo appena dischiuso, poichè non si è evoluto, quindi può rintracciare unicamente questo tipo di visioni, che sono sconcertanti ed a volte terribili. Molta Arte contemporanea è ferma a questo stadio. Come si può procedere oltre? E' necessario attraversare la notte buia dell'anima, non buttandosi allo sbaraglio bensì rimanendo centrati in una silenziosa osservazione priva di autocoinvolgimento. Questo corrisponde allo "svuotare il cuore" che era il precetto basilare degli antichi pittori taoisti e zen. Se si opera in tal senso, pian piano il solido muro, su cui pareva schiantarsi ogni aspirazione di verità e bellezza, rivela la propria inconsistenza esistenziale, e cominciano ad emergere ispirazioni da una profondità che non è più personalistica ma universale. Tali ispirazioni sono sempre fresche, gioiose ed inesauribili. Ogni grande artista ha sempre affermato di non poter dichiarare di essere l'autore della propria opera, poichè qualcosa di misterioso aveva preso le redini, portandolo ad operare oltre le proprie cognizioni. Questo segreto meditativo dell'Arte, che è fondamentale per ogni essere umano, è garanzia di ogni capolavoro artistico, pur se tendiamo a dimenticarlo. Nell'espressione creativa di coloro che sono affetti da disagio mentale (che può avere per loro stessi grande valore terapeutico), si possono osservare un vigore primordiale e qualità che sono al di là della banalità della coscienza ordinaria, essendovi mescolati anche elementi archetipici che sono degni di interesse. Tuttavia i loro lavori non possono essere considerati opere d'Arte, che invero richiedono maturità e responsabilità, ossia la capacità di rispondere consapevolmente al flusso creativo dell'Esistenza. L'essenza dell'Arte, come quella della Vita, può manifestarsi solo nella libertà, non se rimaniamo schiacciati dai nostri incubi. Un'Arte insana non può che spargere cattive vibrazioni contagiose, mentre l'Arte ispirata è balsamo per l'anima. La vera Arte non può essere nè razionale nè irrazionale, ma supera ogni categoria poichè è un dono che giunge nel non-fare, quando l'artista mette da parte il proprio io e lascia spazio all'Artista Interiore.

Il Matto dei Tarocchi di Osho

Possiamo trovare un ulteriore punto di riflessione nella carta dei Tarocchi n. O - Il Matto. Nel piano degli Arcani Maggiori, che delinea l'intero percorso di crescita dell'essere umano, il Matto rimane virtualmente fuori dal mazzo, presentandosi tanto prima dell'inizio che dopo la conclusione del gioco. Nel primo caso, rappresenta l'individuo totalmente inconsapevole, mentre nel secondo è simbolo del saggio, che è sublimato nella piena immedesimazione universale. In quest'ultimo caso, la sua follia (che è tale rispetto all'ottusa normalità della massa) è divina, poichè testimonia la liberazione dai vincoli oscuri della personalità. Essendo al di là delle scelte dualistiche della mente, il suo agire è un frutto estatico del momento.

A proposito di Van Gogh:
"Mi sembra di vederlo mentre è intento a dipingere: nervosamente accigliato; i muscoli sono molle serrate, pronte a scattare; la tavolozza che trattiene il respiro; tutto che, per un istante precipita nel pozzo oscuro del suo sentire; tutto il mondo sembra divenire urlo e clamore. E lui la vive questa tragedia, sin nelle proprie cellule. Allora guizzano i pennelli, con fendenti che sono singulti luminosi. Il dolore s'impasta con i colori, attraversa toni forti, materici; però inizia ad intravedere uno spiraglio lontano. E lo insegue, su e giù per la tela, appassionandosi al gioco. Nel gioco dimentica se stesso e, nell'oblio di sè, inizia a trasformarsi: diviene plastico, sinuoso, sino ad ascendere. (...) Nelle opere di Van Gogh vi sono sia il dolore che un'intima gioia, ed una distanza siderale così vasta che il cuore non può colmarla, perciò prega."

Tratto dal libro di Satvat "IL TAO DELLA PITTURA", in corso di pubblicazione.

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