L'arte insegna all'uomo la responsabilita' della creazione.
Quando diventa una preghiera, la divinita' interiore e' risvegliata.

Satvat

giovedì 30 luglio 2009

ARTE E IMPERMANENZA

Satvat - Sigillo sulle onde del mutamento
acrilico su tela, 2008

Eraclito, filosofo preplatonico, affermò giustamente che "non si entra due volte nello stesso fiume. Nella Vita tutto scorre, tutto muta incessantemente. Solo l'essere umano pensa orgogliosamente di poter mettere dei punti fermi,illudendosi nel costruire delle oasi artificiali in cui sentirsi protetto. In Occidente, l'Arte antica si proponeva di creare modelli destinati a perdurare, ingegnandosi a migliorare tecniche costruttivamente creative ad alta definizione. L'Arte Orientale, al contrario, sin dagli arbori ha incluso nel proprio esercizio del fare un respiro "astratto" che contemplava l'impermanenza. Possiamo pensare ai mandàla di sabbie policrome, che vengono distrutti subito dopo la loro realizzazione, o ai dipinti estremo-orientali in cui il paesaggio si disfa nelle nebbie, in un perfetto equilibrio di essere e non-essere che è vivificato dalle correnti inesauribili del mutamento. L'Arte Moderna occidentale ha però scoperto che l'Albero della Vita poggia sul Vuoto insondabile dell'impermanenza. L'artista moderno ha rivendicato la propria libertà e ha iniziato a scandagliare nella profondità, in se stesso e, in generale, tra le radici di quell'Albero. Ponendosi in intimo contatto con le forze creative della Vita, egli ha cercato una verità ultima che gli è sgusciata tra le dita, rivelando il fermento inesauribile della Trasformazione. Così l'artista ha capito che non poteva limitarsi a creare un idolo pietrificato ma, affinchè la propria opera fosse "vera", egli doveva essere capace di catturare nell'impeto creativo quell'elan vital inafferrabile. A ben vedere, molte delle sperimentazioni dell'Arte moderna hanno teso al movimento, all'incodificabile, fino al non-rappresentabile. La perfezione del "finito", ha cessato di essere un valore imposto, e l'imperfezione, sorella dell'impermanenza, ha reso il panorama dell'Arte più misterioso, spontaneo e vitale. La scultura ha iniziato a disfarsi o a raggrumarsi in un'informità dinamica, anche ad arricchirsi con le trasformazioni portate dal Tempo, come l'ossidazione. La pittura ha preso segni imprecisi, sbozzati, e colori "gettati", fluidi, ingovernabili. Si è iniziato a torturare i materiali, come per evidenziare le possibili fascinazioni della loro intrinseca deperibilità: ad esempio lacerandoli (Fontana) o bruciandoli (Burri). Con la body-art è persino il corpo umano che viene masochisticamente oltraggiato. La action-painting ha attribuito il massimo valore al momento dell'azione, di cui l'opera era un risultato quasi ritenuto ingombrante. Da ciò sono nate, più o meno legittimamente, le numerose formule dell'happening artistico, dalle performance sino alle istallazioni, eventi che sono strettamente sposati all'impermanenza. Ed anche l'astenia moderna del segno e del significante, che ha culminato nel quadro acromo, non si è forse dovuta all'impossibilità di trovare alcunché di stabile da figurare? Sbagliandosi nel voler caparbiamente rappresentare l'Infinito, molti artisti hanno annichilito il loro lavoro con una filosofia del Vuoto mal digerita. Vi è nascostamente qualcosa di titanico in molti di coloro che hanno affrontato artisticamente l'impermanenza, un titanismo al contrario, volto all'assoluta negazione. Ma la negazione, come l'affermazione, non ci porta veramente in contatto con il mistero. L'affermazione che non include la contraddizione rimane incollata in superfice; la negazione nasconde la rabbia reattiva dell'impotente. In realtà la Vita testimonia l'impermanenza scorrendo naturalmente dall'essere al non-essere. Lo stesso deve saper fare l'Arte, con opere ispirate che celebrino tutto ciò che può essere mostrato, vibrando con le assonanze segrete di ciò che è trascendente. Questo può accadere solo riscoprendo un sentire poetico, vitale, spontaneo e meditativo.

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