L'arte insegna all'uomo la responsabilita' della creazione.
Quando diventa una preghiera, la divinita' interiore e' risvegliata.

Satvat

giovedì 6 maggio 2010

Arte e Moda

L'Arte e la Moda vanno in direzioni diametralmente opposte. L'Arte procede alla creazione del nuovo, mediante una rivelazione originale che si concerta nella cassa di risonanza dell'unicità dell'artista. Tale esperienza è radicalmente individuale, ma può approfondirsi sino al punto in cui sboccia nell'Universale; infatti la superficie è il regno della molteplicità, ma più si va in profondità più si disseppellisce la radice magica ed unitaria da cui si origina lo stesso mondo che coniuga la differenziazione. Ciò vuol dire che nella profondità essenziale ogni apparente diversità si reintegra nel principio ancestralmente unitario. L'artista, proprio perché persegue la sua visione unica, calandosi nel pozzo della propria percezione, può giungere all'Oceano interiore dell'universalità cosciente e creativa; per questo la vera Arte è ben più che personalistica, condivisibile, e fonte d'universale ispirazione.

La Moda è invece il frutto di un'elaborazione della mente collettiva, e quindi è incapace di creare il nuovo. Il progettista di Moda raccoglie informazioni e suggestioni ad ampio raggio, elaborando un messaggio largamente condivisibile che solo illusoriamente si presenta come nuovo; per questo non incappa nell'ostracismo gettato dalla mente di massa (che effettivamente aborrisce il nuovo), bensì si rende capace di suscitare il maggior consenso. Perciò la Moda resuscita continuamente gli stili, le epoche (ad esempio gli anni '70), i miti e le icone che appartengono alla memoria e al limitato immaginario della mente collettiva. La pubblicità, che è un fondamentale ingrediente della Moda, ci rimpinza incessantemente con le immagini e i tormentoni che sono atti ad attivare la distratta e reiterativa attenzione della massa. La Moda non ha infatti alcuna profondità, ma solo una superficie luccicante che intende attrarre con effetti speciali anche scioccanti; perciò può essere fonte di un basso incantamento, ma mai di un autoriconoscimento empatico, come può avvenire con l'Arte.

Tuttavia, iniziando con la Pop-art, la Moda è andata sovrapponendosi all'Arte, nuocendole gravemente. Inseguendo il successo, l'Arte ha via via adottato il linguaggio seducente e stereotipato della Moda. Da ciò le icone pubblicitarie e seriali di Wharol, sino alla pupazzistica “manga” di Murakami, che non a caso è uno dei più quotati “artisti” contemporanei. Eh sì, l'abbiamo fatta grossa confondendo l'Arte con la Moda: abbiamo così rinnegato la virtù ispirativa dell'Arte, il suo nesso spirituale, la sua alchimia, e la necessità del “viaggio dell'anima” dell'artista. Forse in tal modo qualcuno ha pure pensato che l'Arte si sarebbe avvicinata alla massa, dimenticando che solo l'individuo è il fruitore dell'Arte.

Quest'arte di moda è totalmente oggetto di mercato, battuto ridicolmente nelle aste con cifre vertiginose, oggetto superfluo, triviale, persino dannoso poiché tende a farci dimenticare ciò che l'Arte dovrebbe veramente saper esprimere. Sembra che non siamo più capaci di “sentire” e di “essere”, e vorremmo soprattutto esibirci con i trucchi della moda, così furbeschi e attraenti, tanto che anche i grandi santuari dell'Arte danno grande spazio ai sarti-stilisti, loro sì incoronati con l'alloro che spetterebbe di diritto ai veri artisti.

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